ABBECEDARIO A MODO MIO

ABBECEDARIO A MODO MIO


"IL CONTRARIO DELL'AMORE NON E' L'ODIO, MA L'INDIFFERENZA. IL CONTRARIO DELLA VITA NON E' LA MORTE,MA L'INDIFFERENZA QUALSIASI COSA SCEGLIATE, MIEI GIOVANI AMICI, NON SIATE INDIFFERENTI" E.Wiesel

Sono particolarmente sensibile ai problemi sociali e a quelli delle persone più deboli: faccio del mio meglio perché si affermino i diritti di cittadinanza, di libertà, di eguaglianza, di giustizia, del lavoro, allo studio, a essere curati.
Credo in una società aperta, solidale, protesa al futuro, ma un futuro di equità e fratellanza.
Credo che ciò debba essere raggiunto assieme a tutti gli uomini di buona volontà che non hanno una visione egoistica della vita.
Alla domanda posta dai versi di una canzone "...Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità, farmi umile e accettare che sia questa la realtà?", vorrei che di me si dicesse, parafrasando ancora i versi del medesimo cantautore: "Ha avuto la forza che serve a camminare, ...e comunque la sua parte l'ha potuta garantire".
(Introduzione de "Abbedecedario a modo mio", del sottoscritto, Euzelia edizioni)

lunedì 16 gennaio 2012

OTTOBRE 2008

venerdì, ottobre 31, 2008
 
E – Esclusi/2
(quinta tappa)
“In altri termini, sotto il nome di globalizzazione
si è assistito a una nuova potente offensiva di ciò
che è più semplice e più classico chiamare capitalismo”
(A.Touraine)
Suonerà strano, detto da me, ma in un certo senso credo che la sinistra vada superata.
Ma non certo perché non sia più attuale, o per tornare indietro o per andare altrove.
Per andare “oltre”.
Mi spiego.
Sono convinto che debba restare l’opzione per i poveri e l’anelito (davvero distintivo) all’eguaglianza, ma in un certo senso che essa sia più radicalizzata.
Opzione quindi non solo per i “poveri”, ma per gli esclusi (soggetti di una alternativa di vita) e per la natura.
Opzione per i poveri, quindi, non più solo con le “classiche” categorie socioeconomiche, quanto con quelle di genere (uomo-donna), generazione (giovane-adulto), razza e cultura (bianco-nero-indigeno), includendo tra gli esclusi anche quanti sono “diversi” per identità sessuale o che il sistema considera handicappati o semplicemente “non produttivi” (pensiamo agi anziani).
Non è certo un discorso nuovo (pensiamo agli “ultimi” del Vangelo: pubblicani, prostitute…) ma credo abbia assunto una valenza particolare oggi quando efficienza, competitività, profitto, appaiono valori assoluti, senza tener conto della vita umana come fine di ogni altra attività.
Qui credo, sta la radice della crisi etica che viviamo.
Il sistema si indirizza soprattutto verso il capitale finanziario, e i Lazzaro costretti a vivere delle briciole del banchetto dei ricchi Epuloni, si vanno moltiplicando.
Vediamo cos'è successo di recente con la crisi finananziaria planetaria
La logica che si è ormai imposta è “se non ce n’è per tutti, che almeno ce ne sia per me”.
L’altro – il diverso da noi o dal nostro clan, soprattutto se vive nel terzo mondo – è considerato un nemico.
Si è ormai affermata l’opinione che il sistema di mercato totale sia una società perfetta, totalizzante: che tutti i problemi economici del mercato si risolvano con più mercato (e abbiamo visto che non è così).
Perciò non se ne deve ostacolare lo sviluppo, come invece fa la lotta per la vita, se considerata (come io credo debba essere) imperativo assoluto.
La solidarietà è un di più, una mancanza di fede nel potere salvifico del mercato, al più un lusso che non ci possiamo permettere perchè ci toglierebbe qualcosa.
Tutt’al più una sorta di croce rossa che passa sul campo di battaglia a raccogliere i feriti rimasti sul campo.
E infatti le due “carenze strutturali” dell’attuale sistema di mercato sono l’esclusione umana e la distruzione della natura (pensiamo all’Amazzonia).
I risultati sono lì da vedere: e questo mi spinge a riformulare e radicalizzare la mia opzione per i poveri, nei termini di escluso e soggetto capace di costruire una società in cui ci sia posto per tutti in armonia con la natura.
Il sistema di mercato non è per tutti: può garantire la vita solo di chi è insostituibile per lo sviluppo.
In qualche modo nel vecchio capitalismo si perseguiva lo sviluppo nazionale e il sistema era giudicato dalla sua capacità di soddisfare (pur se con grosse ed evidenti ingiustizie) i bisogni di tutti i cittadini.
Oggi lo sviluppo si misura sull’efficienza del mercato e la massimizzazione del profitto
Conseguenza (come notavo giorni fa) è la massima esclusione di persone.
Gli esclusi sono considerati popolazione in esubero e perciò da scartare.
Perciò non ha senso investire in sanità ed educazione con loro: sono un peso, non cittadini.
Lo Stato (quel poco che sopravvive di esso) ha obblighi solo verso i cittadini: l’escluso sta molto peggio dello sfruttato, che almeno è “dentro” al sistema,
La stessa logica il mercato globale la usa per le risorse naturali: l’ecologia non deve ostacolare l’efficienza del mercato e la conservazione della natura fa salire i prezzi e perdere competitività.
Questa è secondo me l’”emergenza morale” del mondo attuale; un’ideologia, una cultura, un’etica criminale: la salvezza viene dal compimento della legge del mercato.
Insomma in questo contesto l‘opzione per i poveri diventa un’opzione contro la logica stessa del sistema di mercato neoliberale, perché a favore di quelle persone che esso esclude: optare per i poveri significa optare per la vita di tutte/i, per l’essere umano come soggetto capace di edificare una società in cui ci sia posto per tutti/e in armonia con la natura.
Dove le differenze siano valorizzate e non sfruttare esclusivamente a fini commerciali, laddove esistano.
Certo mille cause portano a un disinteresse per la politica (non ultima la globalizzazione).
Per questo è tanto importante – secondo me – che la “liberazione” riparta dall’ambito sociale (e dapprima personale), in tutti quei movimenti che si configurano come nuovi soggetti – anche se rozzamente -: di economia solidale, di genere…
Nuovi soggetti collettivi che impongano nuovi stili di vita, in quanto diffusi per contagio.
Non per buttare la politica, anzi, ma perché ciascuno si senta protagonista.

postato da carnesalli | 11:50 | commenti (5)
politica, societa, idee, democrazia, controcanto

mercoledì, ottobre 29, 2008
 
Blog chiuso per protesta



Lodo Alfano
Finanziaria per decreto
Alitalia
Tagli a cultura e ricerca
Tagli alla sanità
Legge elettorale
Provvedimenti razzisti

....
....
e poi arroganza, sfottò, dileggio del Presidente della Repubblica e dell’opposizione...

Oggi il massacro della scuola pubblica (per decreto)
(e continuerà, purtroppo)

Biagi la chiamava “dittatura morbida”
Forse ha sbagliato aggettivo...

Chiudo per protesta!
(solo oggi, però, né…)

postato da carnesalli | 09:21 | commenti (17)
politica, democrazia

martedì, ottobre 28, 2008
 
Già non l'avrei toccato neppure con i guanti prima, figuriamoci adesso....

postato da carnesalli | 12:14 | commenti (2)

domenica, ottobre 26, 2008
 
            
             Roma, 25 ottobre 2008
“Pensare agli altri oltre che a se stessi, al futuro oltre che al presente”
(V.Foa)

Meglio oggi, vero?

Sì, molto meglio...



postato da carnesalli | 11:40 | commenti (3)
politica, democrazia

giovedì, ottobre 23, 2008
 
ANSA delle 16.06
"Berlusconi: c'è un divorzio tra informazione e realtà.
Mai pensato alla polizia"
 Provate a guardare il video...


postato da carnesalli | 16:16 | commenti (7)
pruriti, democrazia, controcanto
 
Do you remember Genova?

Berlusconi durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi ha mandato un avvertimento ai giovani: "Non permetterò l'occupazione delle università. L'occupazione di luoghi pubblici non è la dimostrazione dell'applicazione della libertà, non è un fatto di democrazia, è una violenza nei confronti degli altri studenti che vogliono studiare".
Berlusconi ha chiarito che la sua non è solo un'affermazione di principio, ma l'inizio di un piano d'azione che verrà concordato oggi con il Viminale. "Convocherò oggi - ha chiarito - il ministro degli Interni, e darò a lui istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell'ordine per evitare che questo possa succedere". "La realtà di questi giorni - ha detto ancora il premier - è la realtà di aule piene di ragazzi che intendono studiare e i manifestanti sono organizzati dall'estrema sinistra, molto spesso, come a Milano, dai centri sociali e da una sinistra che ha trovato il modo di far passare nella scuola delle menzogne e portare un'opposizione nelle strade e nelle piazze alla vita del nostro governo".
Il presidente del Consiglio ha toccato quindi il tema della manifestazione lanciata dal Pd per sabato prossimo. "Manifestare - ha proseguito - è una possibilità della democrazia ed anche noi ne usufruimmo. Noi, però, manifestammo contro la pressione fiscale del governo Prodi. La manifestazione del 25 ottobre è solo contro il governo e non ha proposte. La piazza non è il posto migliore per fare proposte. Le proposte si fanno in Parlamento".
"La sinistra - sostiene - dice bugie sulla scuola, fa un allarmismo inutile".
Berlusconi accusa infine la Rai di aver presentato in maniera distorta i provvedimenti del governo. "La televisione pubblica - lamenta - diffonde ansia e le situazioni solo di chi protesta. Sono preoccupato da questo divorzio tra i mezzi di informazione e la realtà".

Libertà di manifestare, di informare: tutto gli dà prurito
Putin ha molto da imparare...

Io per quel che conta, sono con gli studenti.
E a Roma il 25.

postato da carnesalli | 09:18 | commenti (23)
democrazia, controcanto

lunedì, ottobre 20, 2008
 
Grazie...


postato da carnesalli | 15:12 | commenti (11)
persone

domenica, ottobre 19, 2008
 
R – Rifiuti umani / Esclusi -1
(quarta tappa)

“E se facessimo la pipì
sul muro dell’indifferenza?”
(S.J.Lec)
Due parole chiave: solidarietà e giustizia.
Meglio: solidarietà come percorso e metodo per raggiungere la giustizia, che è il vero obiettivo.
Solidarietà che ormai (anche se ci deve tenere all’erta su chi ci vive accanto) non può non avere gli stessi orizzonti del mondo: perchè fin tanto che ci sarà una gran parte della popolazione del mondo condannata  alla fame, alla miseria, allo sfruttamento, a condizioni di vita subumane, fin tanto che non si riuscirà a realizzare una maggiore giustizia tra i popoli non ci sarà nemmeno una sicura prospettiva di pace (già Paolo VI sosteneva che “lo sviluppo e la giustizia sono il nuovo nome della pace”).
I grandi movimenti (ma non solo) hanno capito che ormai prima di ogni altra viene la grande sfida della pace nella giustizia.
Sembra banale, ma non se ne parla tanto: credo occorra invece che si faccia strada la consapevolezza delle connessioni esistenti tra sfruttamento, violazione dei diritti umani, negazione dei diritti del lavoro, dei diritti democratici  e minacce alla pace; e che quest’ultima sarà costantemente a rischio (a prescindere dalle farneticanti teorie “neocon”) se non verrà realizzato un nuovo ordine internazionale fondato su una maggiore equità e giustizia, se non si correggerà, rivoltandola come un calzino, una globalizzazione senza regole, se non si metterà in moto una pregnante “revisione” culturale e politica sul destino dell’umanità.
La crisi economica che ci travolge dovrebbe insegnare qualcosa...
E innanzitutto, credo, si deve partire da una presa di coscienza di ciò che stiamo diventando: produttori di rifiuti.
Non solo rifiuti materiali (e già qui si aprirebbe un discorso infinito sul nostro modello di sviluppo), ma, peggio, rifiuti “umani”.
Cioè di persone spinte ai margini, “rifiutate”; la modernità (e il corollario di concetti che la segue e la sostanzia: competizione, flessibilità…) sembra trasformarsi nella più prolifica linea di produzione di rifiuti, cioè di esseri umani di scarto, della storia: rifugiati, immigrati, richiedenti asilo, lavoratori in esubero (già i termini!), pensionati…
Insomma i nuovi perdenti, coloro che non “servono” a produrre e consumare.
Mi vengono i brividi quando qualcuno teorizza la società dei due terzi: questi ce la fanno, gli altri, darwinianamente, si arrangino..

La mia visione, culturale e etica prima che politica, è far si che nessuno resti indietro, e anzi, se a qualcuno accade, che ci si attardi ad attenderlo. E’ garantire a tutti sicurezza e una speranza per il futuro.
Non, come sostiene A.Sen, una vita vissuta come una lotteria: appesa a dove sei nato o a circostanze fortuite.

Invece si sta creando una “società senza società”, una società dove la fiducia lascia il posto al sospetto reciproco.
E’ qui che entra in gioco ciascuno di noi.
L’individualizzazione e precarizzazione dei rapporti umani e sociali fanno venire in mente le parole della Thatcher che sosteneva che “la società non esiste”.
Soli di fronte alla vita.
No, io non ci sto.
Credo che ci debba battere per legami sociali rinsaldati, per una visione solidale della vita, anche per non passare (ma sta già accadendo) da  uno stato ‘sociale’  a uno stato ‘penale’, laddove gli altri non sono fratelli o compagni, ma competitori  e nemici, laddove la priorità è sempre meno quella del lavoro e dei diritti e sempre più quella della sorveglianza, della polizia, della “sicurezza”.
Chilometri di filo spinato e nessuna politica sociale: l’egoismo è il nuovo “protagonista” sociale.
E allora l’immigrato viene percepito come possibile terrorista o almeno come un pericolo, il pensionato o il povero come un problema, un peso.
Ho orrore dei media e dei politici che sostengono (o rappresentano essi stessi con la loro vita o le loro TV) che nessuno, tranne un limitato numero di “vincitori” è davvero indispensabile.
Anche se vinci per lotteria.
E gli altri sono un peso.
Che le persone utili sono solo quelle che servono, e quindi i vecchi, i malati, i poveri…
Che la pattumiera, destinazione ultima degli esclusi, è la prospettiva ultima per chi non si sottomette o non si adegua.
O per chi è andata male nella “roulette” della vita”.

E’ a nome di questa umanità di scarto della società dei consumi che vorrei chiedere al nostro premier (e a tutti gli altri) se davvero è convinto che la politica delle grandi opere pubbliche, della sanità aziendale, della scuola privata, del licenziamento facile, della giustizia dell’immunità parlamentare, della controriforma del commercio delle armi, della guerra…promuova la dignità di coloro che a stento sopravvivono.

Loro sono per la pattumiera di tutti gli scarti della vita…
Io sono per la raccolta differenziata dei “rifiuti” e il loro “riciclaggio”.
 
postato da carnesalli | 15:32 | commenti (3)
idee

mercoledì, ottobre 15, 2008
 
Sconforto
(quattro notizie dal giornale di oggi)

Povertà
In Italia "l'emergenza sociale riguarda 15 milioni di persone", quindi non solo i 7,5 milioni di persone ufficialmente sotto la soglia della povertà, ma altrettanti che "si collocano poco sopra, e quindi sono da considerare ad alto rischio". Lo afferma il Rapporto sulla povertà in Italia elaborato dalla Caritas Italiana in collaborazione con la Fondazione Zancan. Ma c'è dell'altro: in Italia le misure contro la povertà sono le meno efficaci dell'Europa dei 15, se in alcuni paesi come Svezia, Danimarca, Olanda, Germania, Irlanda, l'impatto della spesa per la protezione sociale riesce a ridurre del 50% il rischio povertà, da noi si raggiunge un magro 4%. Un non edificante primato che il nostro paese condivide con la Grecia.

Scuola, classi separate per alunni stranieri
L'idea arriva dalla Lega: istituire «classi ponte con corsi di italiano per i piccoli immigrati che non superino prove e test di valutazione». E la Camera, dopo un acceso dibattito, ha approvato la mozione passata più con il nome di «classi ponte», ma come «classi di inserimento». Una variazione terminologica del politicamente corretto, spiegata dal vice capogruppo vicario del Pdl alla Camera, Italo Bocchino, per «rendere più evidente l'obiettivo della proposta, ossia l'integrazione degli studenti». Ma dal Pd Piero Fassino replica duramente: «Una discriminazione abietta contro i bambini».
Il testo impegna il governo a «rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, favorendo il loro ingresso, previo superamento di test e specifiche prove di valutazione». A chi non supera i test vengono messe a disposizione le «classi ponte che consentano agli studenti stranieri di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti».

Diritto di sciopero, Berlusconi vuole nuove restrizioni
Il governo di destra Berlusconi vuole abolire anche il diritto di sciopero. Nel tentativo di scardinare il rapporto tra sindacato e lavoratori, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, sta lavorando ad «un disegno di legge delega per riformare l’attuale regolazione del diritto di sciopero nei servizi di pubblica utilità». «Anche in relazione a questa stagione di scioperi - ha aggiunto il ministro -, credo che già nei prossimi giorni vareremo questo ddl da sottoporre al Parlamento».
Nel dettaglio, Sacconi ha spiegato che dovrà essere reso obbligatorio il referendum consultivo assieme alla dichiarazione di adesione del lavoratore allo sciopero «in modo che gli utenti siano informati sul livello di adesione allo sciopero, disciplinando - ha detto il ministro - il meccanismo della revoca perché troppo spesso si annuncia uno sciopero e poi lo si revoca all'ultimo minuto-secondo, in modo che il danno è stato fatto senza pagare il pegno della perdita del salario». In questo caso, ha poi proseguito, la revoca dev'essere anticipata «per poter evitare la trattenuta, tranne nel caso in cui si faccia, anche all'ultimo momento, un accordo che risolva la questione in via definitiva e non una semplice e timida intenzione di miglior dialogo». Inoltre ci deve essere «un più robusto e garantito intervallo tra uno sciopero e l'altro. Pur agendo diversi soggetti, l'intervallo tra uno sciopero e l'altro deve essere garantito in modo che ci sia un congruo periodo di assenza di interruzione del servizio». Sacconi sta pensando a «favorire lo sciopero virtuale che si può fare col fazzoletto al braccio: io lavoratore sono in agitazione, perdo il salario e però il datore di lavoro paga una cifra congrua per ogni lavoratore che si astiene virtualmente dal lavoro. La controparte cioè paga ugualmente e queste risorse vanno a un fondo solidaristico che poi decidono come usare. E questo sempre per evitare un'interruzione del servizio pur legittimamente manifestandosi un disagio». Meccanismo a parte sono le sanzioni che, per Sacconi, sono un «punto fondamentale». Queste sanzioni sono decise da una apposita commissione e sono applicate dal datore di lavoro «che normalmente è tenuto a applicarle quando il conflitto si è già esaurito. E questo - ha sottolineato Sacconi - il datore di lavoro non lo fa mai; allora l'ipotesi è quella di incaricare i prefetti di applicare la sanzione che, in questo modo, ragionevolmente, per il pericolo per il prefetto di omissione di atti d'ufficio, potrà essere effettivamente applicata». Attualmente le sanzioni, secondo il ministro, per i lavoratori sono di poca misura e sono non bene applicate.



Camorra, i Casalesi: Saviano morto per Natale

La Dda di Napoli ha avviato indagini sull'ipotesi di un piano del clan camorristico dei Casalesi per compiere un attentato contro lo scrittore Roberto Saviano entro Natale. Secondo quanto si apprende, a denunciare l’intenzione del clan del casertano - oggetto di ampia parte del best-seller “Gomorra” di Saviano - è stato un agente di polizia giudiziaria, che ha riportato all'Antimafia una notizia di “seconda mano”. Le indagini rientrano nel fascicolo, che la Dda ha già aperto da tempo, sulle minacce allo scrittore.

Eppure…
Un uomo solo al comando, si chiama Silvio Berlusconi: il 62 per cento degli italiani ha fiducia in lui come premier, come leader e come capo del governo. Nonostante la crisi economica, nonostante le pessime notizie che arrivano dal fronte della spesa pubblica, del costo della vita e dell'inflazione. Nonostante governi a colpi di decreti e fiducie, abbia traslocato palazzo Chigi a palazzo Grazioli, la sua residenza privata, e tutto il modo di procedere di questo governo sia sempre più simile a una gestione aziendale e il consiglio dei ministri a un consiglio di amministrazione. Nonostante, ancora, i lodi che via via "salvano" lui in quanto premier (Alfano), i manager (lodo Cicolani-Paravia) e l'anziano giudice Corrado Carnevale, quello che in Cassazione "ammazzava" le sentenze di mafia, che definì Giovanni Falcone "un cretino" e che potrebbe diventare primo presidente della Cassazione.
Nonostante tutto questo, che sono i capi d'accusa secondo l'opposizione, il gradimento di Silvio Berlusconi cresce di due punti e non è mai stato così in alto dall'inizio della legislatura. Lo dice il sondaggio IPR marketing per Repubblica.it



postato da carnesalli | 09:48 | commenti (14)

domenica, ottobre 12, 2008
 
S – Strade (le) dell’eguaglianza
(terza tappa)

Le prossime elezioni americane (e i passati otto anni di governo Bush) ci mandano da parte repubblicana segnali inequivocabili di assoluto antagonismo nei confronti della eguaglianza, dall’oltranzismo anti-tasse all’idolatria della ownership society -la «società della proprietà» e non la «società dei proprietari» come spesso impropriamente si traduce- vagheggiata da Bush (e in Italia da Berlusconi), cioè la società dell’acquisizione, della possessività, dell’opulenza, dell’avidità, la società, insomma, che assolutizza il potere del più forte e abbandona la stragrande maggioranza degli individui alla solitudine e alla deprivazione.
Non a caso la riscossa, preparata nei decenni, del pensiero neo-con ha avuto tra i suoi motti «greed is good» (l’avidità è bene) e  negli impegni di Bush la prima traduzione della “ownership society” è il disegno di privatizzazione del vanto del New Deal rooseveltiano, la «social security» americana, allo scopo di scaricare il rischio previdenziale sul singolo individuo mediante la mitologia dei “conti individuali”, mentre al di qua dell’oceano emerge con sempre maggior evidenza  la solerzia imitativa di Berlusconi che scrive bellissime premesse ad un programma liberista nei fatti, credo sia più che mai necessario provare a delineare un’alternativa culturale e progettuale che sia il più possibile condivisa e capace di creare consenso cercando di andare alla “sostanza” delle cose (anche osservando le macerie di questo neoliberismo guidato dagli spiriti animali...).
La distinzione tra egualitarismo ed eguaglianza è ormai ovvia.
Ed oggi all’ordine del giorno non sembra stare una tensione verso l’egualitarismo quanto piuttosto - a fronte dell’esplosione dello scandalo delle diseguaglianze nel mondo - una reticenza e un tabù nel ricorso al paradigma della “giustizia” e della “eguaglianza”, come denunciarono in Italia Norberto Bobbio e Ermanno Gorrieri (che parlò di «oblio» della parola eguaglianza) e in America grandi filosofi liberaldemocratici come John Rawls e Ronald Dworkin (grazie ai quali sappiamo che, oltre al socialismo, il liberalismo è intrinsecamente egualitario).

Il punto vero, infatti, è secondo me, l’indubbia perdurante validità (non solo, quindi, retaggio simbolico o affezione identitaria) del lessico dell'eguaglianza, attualizzato e declinato in tutta la pluralità e la complessità delle sue accezioni.
 Si tratta di elaborare:
- la non contrapposizione di libertà ed eguaglianza (che emerge se la libertà non è ridotta al suo lato negativo e nemmeno alla pura e semplice «facoltà di scelta sul mercato»);
- l’insufficienza di una accezione come sola «eguaglianza delle opportunità» (e tanto più della idealizzazione del primato dei “talenti”, il quale può essere utilissimo riferimento per riformare gli ordini professionali, ma non certo per rilanciare i servizi per l’infanzia o l’istruzione primaria);
- le potenzialità di concetti più ricchi quale l’«eguaglianza delle capacità» (capacità non solo di avere ma soprattutto di essere, di sapere, di fare, di coltivare relazioni, di essere informati, ecc.), in cui si dispiega meglio il valore della «dimensione di genere» (ah, la mia amica Aurora che è scomparsa…) e delle problematiche ambientali.

Aspetto che incide in modo significativo sulla vita delle persone perchè consente loro di praticare la connessione individuale/collettivo e in tale connessione “diventare persone” e sentirsi, oltre che individui, cittadini.

Per la costruzione, secondo le parole di A.Sen, di un modello che affermi esigenze di “neoumanesimo radicale” che punti a rendere sinergiche, non contrapposte, competitività e giustizia, sfera economica, sfera ambientale e sfera sociale.

Per la costruzione di “politiche pubbliche” meno indulgente nei confronti di qualche cedimento il neoliberismo e, quindi, per indicare con chiarezza che nel campo dei beni sociali fondamentali (istruzione, sanità, previdenza), per ragioni di efficienza oltre che di equità, il primato spetta all’offerta pubblica di servizi su quella privata, la quale può avere un ruolo solo complementare.

L’efficacia concreta delle politiche pubbliche (dall’ambiente alla ricerca e sviluppo, a tutti i nuovi beni comuni), per le quali servono risorse e investimenti - Montezemolo dixit - per cui sono necessari tanto il ribadimento della legittimità democratica della tassazione, quanto la fornitura non solo di trasferimenti monetari (quali sono anche i benefici fiscali), con i quali ci si limita a compensare ex post carenze e disparità, ma di servizi che promuovano ex ante capacità, attivino processi e cambiamenti strutturali, mobilitino energie concrete.

C’è davvero bisogno di un grande investimento culturale tra tutti noi per un nuovo “modello di società” e di una nuova “idea di Paese”.

Che siano antagonisti – anche antropologicamente - a quelli di chi (ahinoi) ci governa.

Ancora una volta è un essere "contro", che è un essere "per"


postato da carnesalli | 15:36 | commenti (2)
politica, idee

giovedì, ottobre 09, 2008
 
I viandanti di questo blog di Milano, se vogliono, sabato mi trovano qui...

Partito Democratico                         
Circolo Certosa 
    “Lia” Bianchi

Sabato 11 ottobre 2008
Milano, via Bodoni n. 15               

Immigrati: “Brutti,sporchi e cattivi… come noi”
incontro/seminario sul tema dell’immigrazione nelle nostre aree metropolitane tra identità, diversità e percorsi di integrazione:per capire meglio un fenomeno che ci riguarda tutti.


“Gli immigrati sono un problema o possono essere visti anche come una risorsa? Sono tutte due le cose, sono un problema, ma possono essere una risorsa. Perché questa risorsa è valorizzata solo in parte e si trasforma, in modo spesso drammatico, in un problema, e come tale è percepito dalla società milanese?”
(Maurizio Ambrosini)
“Comunità sempre più numerose di arabi e musulmani immigrati stanno modificando la fisionomia di molte città italiane. Questo fenomeno, coniugato con le legittime preoccupazioni suscitate dal terrorismo di matrice islamica, nell’opinione pubblica desta allarme e preoccupazione. Manca tuttavia una percezione corretta delle dinamiche in atto, spesso banalizzate dai media. Un Paese disorientato rischia così di perdere una preziosa opportunità.” (Paolo Branca “Yalla Italia!”, Edizioni Lavoro)
Programma dell’incontro

h. 9.15              Apertura dell’Incontro del portavoce del Circolo
h. 9.30                         Introduzione di Giuseppe Civati (consigliere regionale del Partito Democratico): spunti sulla “coesione sociale” nell’area milanese
                                   Relazione di Maurizio Ambrosini (Docente di sociologia dei processi migratori presso l’Università degli Studi di Milano):  “Da braccia a persone. Quale cittadinanza per gli immigrati in mezzo a noi?”
                        Relazione di Paolo Branca (Docente di Lingua araba presso l’università Cattolica di Milano): “Le vere sfide dell’integrazione di arabi e musulmani nel nostro paese”
h. 11.00            Testimonianza di Marco Granelli, consigliere comunale del Partito Democratico già impegnato nel sociale/terzo settore
Segue   Dibattito, al quale parteciperà Marilena Adamo, senatrice del Partito Democratico, già consigliere comunale e capogruppo del PD a Palazzo Marino
h. 12.30            Conclusioni di Furio Colombo, deputato del Partito Democratico – Presidente del Comitato permanente dei diritti umani della Camera


cp.pdbodoni3@fastwebnet.it - http://www.pdliabianchi.splinder.com/

postato da carnesalli | 09:11 | commenti (6)

martedì, ottobre 07, 2008
 
Massacro della scuola pubblica per decreto legge.
Voto di fiducia un mese prima della scadenza dello stesso.
Nessuna discussione in Parlamento.
Ignorati sindacati, insegnanti, genitori, studenti.

Chiamatelo fascismo, semidemocrazia, democrazia autoritaria, post democrazia, populismo.

Certo siamo gravemente ammalati…
Credo che cominci a essere davvero troppo tardi!


postato da carnesalli | 20:28 | commenti (1)

lunedì, ottobre 06, 2008
 
C – (s) centro/2
 
Continuando il ragionamento già fatto sul centro.
Credo che sia errato (come ancora si continua a fare) definire la sinistra in rapporto ad un centro “immaginario”. In qualche modo si continua a misurare l'essere a sinistra, l'essere più o meno a sinistra rispetto ad un centro che non esiste: si è più o meno a sinistra a seconda della distanza da questo centro “immaginario”.
Chi è di centro: il moderato o chi porta moderazione nella politica? (è più di centro in questo senso: Borghezio o Veltroni?); il diritto, la legalità, la ricerca dell’uguaglianza e della libertà sono di centro o di sinistra (è più di centro Gobetti o Baget Bozzo?) . 
Lo spessore dell'identità per la sinistra può derivare soltanto dalla cultura e dalla storia.
Penso che oggi non vi sia altra possibilità di riferimento, di minimo comun denominatore per l'insieme di movimenti e di partiti che compongono la sinistra, se non la preminenza del valore dell'equità rispetto alla esaltazione del liberismo senza regole che caratterizza le destre. Equità che si può declinare semplicemente  (come ha scritto tempo fa Rossana Rossanda sul Manifesto) come “un'idea pulita di democrazia, di divisione dei poteri, di primato della legge, di libertà dell'informazione, insomma di un sistema politico che pone alcuni limiti al potere illimitato della proprietà”. Aggiungerei che in questo momento storico il minimo comun denominatore costituito dall'equità acquista un significato dirompente in rapporto al crescere delle ingiustizie, delle diseguaglianze sociali, dell'insicurezza dei lavoratori, del crescente peso dei redditi finanziari e speculativi rispetto ai redditi di lavoro e di impresa.
Significato dirompente che non significa necessariamente”estremista”…
In questa situazione ritengo quindi che la tendenza all'egualitarismo, inteso nel senso di assicurare a ciascuno la possibilità di avere uguali blocchi di partenza e possibilità e aver diritto ad una condizione di vita umana, sia il motore programmatico della sinistra: programma che può certo bastare ad escludere coloro che non condividono questi valori, ma non può essere ancora elemento di saldatura.
La mobilitazione delle persone non può che avvenire sulla base delle idee e delle passioni.
La cultura della sinistra nelle sue dimensioni ideali e nelle sue eredità storiche non può che consistere qui ed ora, nel nostro paese, di tre componenti fondamentali tra loro diverse per idee e per storia: la componente socialista, la componente cristiana, la componente laica liberal-repubblicana (considerando la cultura ambientalista ormai un patrimonio comune).
Ciò che si può dire ora è che tutte e tre queste culture politiche non hanno ancora risolto in modo compiuto, dopo il crollo delle ideologie e dei muri, il loro rapporto con la vita politica concreta: non si sono trasformate da ideologie in idee proiettandosi nel futuro. Da parte loro i partiti o schegge di partiti superstiti dal crollo dei muri e delle ideologie sono spesso rimasti lontani dalle idee e dalla loro storia privilegiando la occupazione di un'area di consenso rispetto al centro immaginario.
Il compito principale che abbiamo davanti, credo, è quello di ricomporre la partecipazione politica intorno a queste culture come componenti essenziali e paritarie dell'identità di sinistra, qui, ora, in Italia. Naturalmente devono essere culture vive e quindi proiettate verso una continua rielaborazione in rapporto ai problemi di oggi, ma non perché una sia più a sinistra o più a destra dell'altra.
Attraverso di loro, non in una camera di compensazione, va ripreso, in attesa dello sviluppo di nuove formazioni politiche unitarie, il respiro tra movimenti e partiti che è fondamentale per la vita democratica del paese nel suo insieme.
Credo sia stata questa partecipazione paritaria delle tre culture a rendere affascinante e attraente per molta parte del popolo italiano l'esperienza del primo ulivo.
Credo che possa oggi essere la stessa cosa, ripensando quel tentativo, nel Partito Democratico, mettendo al centro la vita e l’esperienza delle persone, cercando di dare risposte.
Che è in fondo, il compito della politicapostato da carnesalli | 09:56 | commenti (2)
politica, idee

giovedì, ottobre 02, 2008
 
R - Rischi di Regime?
(semidemocrazia, con dizione elegante...)

"Siamo l'unico paese democratico dove il Presidente del Consiglio ha il 68% dei consensi" (S.Berlusconi, ieri)
Appunto.
Democratico?


postato da carnesalli | 14:10 | commenti (6)

mercoledì, ottobre 01, 2008
 
S – (S)centro
(per continuare il discorso cominciato, ripropongo un paio di vecchi post, poi ne seguiranno di nuovi...)

Bizzara questa tendenza (falsamente) centripeta della politica: tutte le forze politiche o quasi cercano infatti di occupare il centro.
Il problema è che non si sa affatto cos’è il centro e dov’è: lo si vede soltanto come uno spazio vuoto di cui ci si vorrebbe impadronire.

Forse si può dire che esistono elettori “indecisi” che stanno ”in mezzo” perché non sanno decidersi: ma definire questa entità elettorale come «centro», come il «luogo dei moderati» oggi non mi pare esatto.
Anche perché io sono convinto che non esistono i “moderati” (Giovanardi, Calderoli, Schifani lo sono?) ma persone che, pur intransigenti, portano “moderazione” nella politica (per dire: portare moderazione non significa dire che gli avversari politici sono la forza del male).
Nel sistema democratico classico, secondo la geometria degli scienziati della politica, il centro è il punto mediano su cui si orienta l’asse destra-sinistra dopo la crisi delle ideologie, delle grandi visioni del mondo.
Con la fine dei grandi miti la convergenza verso il centro diventa una caratteristica comune a tutte le democrazie. Ciò non impedisce l'affermazione di un centrosinistra e un centrodestra che mantengono una sana dialettica democratica all'interno di un sistema di garanzie e di regole da tutti riconosciuto: a sinistra prevalgono le tematiche della solidarietà, dell'uguaglianza delle opportunità, della difesa del welfare; a destra prevalgono le tematiche relative alla libertà individuale, alla concorrenza, la fiducia che la ricchezza produca ricchezza e che ciò si traduca in un benessere maggiore per tutti. Quando la tendenza in una delle due direzioni si afferma in modo abnorme si ha una reazione in senso contrario: il baricentro si sposta e si riparte per un nuovo ciclo con l'opposizione che va al governo e viceversa.
 Il problema è che questa è ormai una geometria astratta
Pensiamo a Bush. Nessuno può affermare che la sua riconferma sia stata dovuta ad un appello al centro, ad una conquista dell'elettorato moderato: al contrario essa sembra essere il frutto di una presa di distanza dal centro, per motivi internazionali e per la radicalizzazione della politica interna.
Tutto si può dire tranne che Bush con la sua religione politica si sia appellato all'elettorato moderato, a meno che per elettorato moderato non si intenda l'America profonda e rurale.
Ma qui interessa riportare il discorso sull'Italia. Certamente questa geometria non sembra trovare riscontro nella nostra realtà.
Su tutti i grandi temi vi sono altrettante direttrici diverse destra-sinistra e quindi altrettanti centri diversi. Pensiamo ad esempio al tema dello Stato e del federalismo: nella mia vita non avrei mai pensato, ragionando di politica, che AN e Lega potessero governare insieme con concezioni dello Stato nazionale del tutto opposte: eppure questo è avvenuto, avviene ed avverrà contro ogni logica. Così potremmo fare molti esempi a proposito di temi nodali della vita politica, di scelte centrali: nord/sud, privatizzazioni, concorrenza ecc. L'unico collante veramente efficace è stato costituito dalle leggi ad personam, dalla Gasparri sull'informazione televisiva e dalla spartizione di ciò che rimane dello Stato.
Mi pare che ormai si sia compiuta una fase, un ciclo del berlusconismo nel passaggio dal conflitto personale di interessi ad una coalizione fondata su questi interessi. Che infatti si sposta più a destra.
Credo che l'elettore di centro non è certamente stato spaventato da interventi del centrosinistra in senso statalista o interventista nella vita economica, ma casomai al contrario dalle ferite che sono state aperte in senso inverso: nessuno rimpiange i carrozzoni derivanti dalla statalizzazione dell'energia elettrica ma si può dire che ben pochi sono entusiasti di un processo di privatizzazioni che apre la porta a grandi arricchimenti di pochi e lascia il cittadino semi-impotente di fronte ai nuovi monopoli ed oligopoli privati.
Certamente anche i rapporti annuali del Censis mostrano da tempo che il centro dei “moderati” anche se non è scomparso del tutto deve fare i conti con una situazione del tutto nuova perché lo stesso ceto medio, che si era sviluppato con la crisi della borghesia tradizionale al confine tra professioni, piccola industria, artigianato e commercio non ha più contorni definiti, immerso in un grande precariato.
Si dice che il ceto medio sia caratterizzato da un atteggiamento conservatore. Ma anche qui tutto è cambiato: lo spirito di conservazione non si dirige come un tempo contro le riforme sociali (ricordiamo la riforma agraria, la nazionalizzazione dell'industria elettrica, la costruzione del sistema di sanità pubblica) che intaccavano la proprietà o il mercato ma contro le nuove pseudoriforme che tendono a distruggere lo Stato sociale. Il sentimento di paura e di insicurezza che secondo tutte le analisi pervade questo ceto si traduce anche in opposizione al riformismo della destra che sta uccidendo le conquiste del welfare.
La conseguenza di tutto questo è che non abbiamo un centro ma più centri. Un centro moderato che vuole esser tranquillizzato nelle sue insicurezze e che esige più Stato e non meno Stato; un centro imprenditoriale che vuole regole certe per poter sviluppare la propria capacità di iniziativa; un centro moderato intransigente o radicale (protagonista per esempio dei girotondi) che vede come prioritario il problema di ricostruire in primo luogo l'ordinamento costituzionale ferito, l'autonomia e l'imparzialità della giustizia, la parità dei diritti e la libertà di informazione; un centro socialmente impegnato nella solidarietà che opera per impedire che le sperequazioni sociali raggiungano livelli esplosivi.
A meno che non si intenda per centro un "partito cattolico": ma al di là dell'opportunità di fare un partito così denominato, al di là della pretesa che i cattolici si riconoscano (tutti?) in quel partito, è evidente che un partito siffatto non sarebbe certo il "centro", ma un partito confessionale.
Credo che si debba allora soltanto coltivare la cultura che gli è propria rifiutando e confutando i modelli del “grande fratello” e pensare invece ai valori semplici, positivi che sono già condivisi da tutto il paese che lavora e che possono ridare fiducia e senso del futuro anche a questi diversi centri.
In fondo - e per questo dobbiamo essere davvero grati a Berlusconi - lo scontro rimane pur sempre uno scontro culturale tra chi crede ancora nella politica (intesa anche come vita, passione e sentimenti delle persone) e chi vuol venderla con la pubblicità come la cocacola o va in giro a comprare "marchi" di partiti (Silvio dixit).

postato da carnesalli | 10:11 | commenti (1)
politica, idee

 

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