ABBECEDARIO A MODO MIO

ABBECEDARIO A MODO MIO


"IL CONTRARIO DELL'AMORE NON E' L'ODIO, MA L'INDIFFERENZA. IL CONTRARIO DELLA VITA NON E' LA MORTE,MA L'INDIFFERENZA QUALSIASI COSA SCEGLIATE, MIEI GIOVANI AMICI, NON SIATE INDIFFERENTI" E.Wiesel

Sono particolarmente sensibile ai problemi sociali e a quelli delle persone più deboli: faccio del mio meglio perché si affermino i diritti di cittadinanza, di libertà, di eguaglianza, di giustizia, del lavoro, allo studio, a essere curati.
Credo in una società aperta, solidale, protesa al futuro, ma un futuro di equità e fratellanza.
Credo che ciò debba essere raggiunto assieme a tutti gli uomini di buona volontà che non hanno una visione egoistica della vita.
Alla domanda posta dai versi di una canzone "...Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità, farmi umile e accettare che sia questa la realtà?", vorrei che di me si dicesse, parafrasando ancora i versi del medesimo cantautore: "Ha avuto la forza che serve a camminare, ...e comunque la sua parte l'ha potuta garantire".
(Introduzione de "Abbedecedario a modo mio", del sottoscritto, Euzelia edizioni)

venerdì 13 gennaio 2012

OTTOBRE 2005

lunedì, ottobre 31, 2005
 
C – Compagno
Mi è sempre piaciuto il vocabolo, il termine “compagno”, anche se lo uso poco.
Non tanto - non solo - in senso “politico”, di appartenenza (anche se importante, e pregno di significati), quanto in senso “etimologico”.
Compagno: chi condivide il pane.
Quindi la vita, la quotidianità, la fatica.
Ma anche i sogni, le utopie, le gioie.
E infine, un progetto comune, un “destino”.
C’è sotteso un senso di lavoro comune e condivisione: proprio come a tavola.
Ha un sapore di intimità, complicità, solidarietà che nessuna altra parola contiene.
Forse “fratellanza” o “amicizia”: ma con un senso, per così dire, meno forte, più teorico.
Sono fratello di tutti, amico di tanti: ma ciò ha una valenza quasi metafisica (anche se non è sempre così: essere “fratello universale” per De Foucald aveva un significato molto preciso).
L’appellativo compagno non ha necessariamente una connotazione religiosa, o etica (non esclude il trascendente, ma neppure lo presuppone), non richiede necessariamente una conoscenza o una frequentazione consolidate.
“Compagno” è termine concreto, proprio come lo spezzare il pane.
Contiene una scelta di vita o almeno di esperienza assieme; richiama il pasto comune, uno dei momenti di condivisione più belli.
Non per niente, credo, si dice compagno di viaggio, o compagno di strada, o di sventura, o anche compagno di giochi.
O si afferma: “è il compagno della mia vita”.
Più semplicemente talora ci si fa “compagnia”.
O se qualcuno è particolarmente simpatico e socievole e crea “gruppo”, lo definiamo “compagnone”.
Non a caso è facile trovare subito sintonia tra “compagni”, tra chi condivide la stessa avventura, qualunque essa sia (ma non può essere “qualunque”: sennò diremmo, che so, collega o socio) .
Non può essere mai un rapporto di affari o di convenienza, anche se talora è di “utilità”, ma sempre di complicità: come scegliere il golf magari più usato, ma che ha preso la tua forma, nel quale sai che ti troverai a tuo agio.
Ma forse è il prefisso “com” che mi intriga: com-passione, per esempio.
Non avere pietà di qualcuno, ma “patire assieme”.
A tutti i com-pagni (e in particolare al “nostro” Giovanni) che condividono con me pezzi di vita, sogni e speranze (qualche volta utopie), fatiche e gioie, lavoro e risultati, più spesso delusioni, che ho incrociato anche per pochi minuti, ma con i quali condividevo in quel momento un sogno e un progetto, o che non vedrò mai (ma so che ci sono), dedico questa bella canzone di Roberto Vecchioni.
Che “sento” mio compagno, perché “sento” che percorriamo la stessa strada.

Companeros
Saludos compañeros
de mi vida e de mi muerte,
forse un po' rincoglioniti
dalla "coca" e dalla suerte:
Felipe è diventato un
un pezzo grosso della destra,
Sebastiano vende idee,
Ramon lattine di minestra
Juliano ha il suo giornale
di previste previsioni,
Pancho è l'unico rimasto
sulla nuvola in calzoni.
E in fondo a quella strada
non ci sono mai arrivati,
per malinconia del tempo,
o, forse, il tempo li ha ingannati.
Avevan gli occhi stretti
a furia di guardare il sole,
il sole,
che non sorgeva mai sul mare.
Avevan mani grandi
a furia di abbracciare il mondo,
e il mondo,
non si faceva mai abbracciare:
parlavano cantando
e innamoravano ragazze belle
e perse dentro i loro occhi
scintillanti come stelle
compañeros
compañeros
compañeros,oh, oh.
Però non v'illudete,
non passiamo mai la mano,
nella luce del tramonto
più ne partano e più siamo.
Compañeri si è dentro
e non abbiamo vie d'uscita:
è il sogno d'esser uomo
in questa e non nell'altra vita.
amore, amore, amore
metti un fiore alla finestra,
che continuino a vederlo
e che chinino la testa:
in fondo a quella strada
c'è un campo di mimose;
forse non ci arriveremo...
ma non cambiano le cose.
Abbiamo gli occhi stretti
a furia di guardare il sole,
e questo
è solo un modo di guardare,
abbiamo mani grandi
a furia di abbracciare il mondo,
e questo è il solo modo di
abbracciare:
e siamo in ogni strada
in ogni angolo del tempo, vivi,
e ci riconosciamo da un sorriso
che non è mai spento:
compañeros,
compañeros,
compañeros, oh, oh.

postato da carnesalli | 17:25 | commenti (3)
idee, resto

venerdì, ottobre 28, 2005
 
B - Benigni (magico)





Grazie, Roberto!









(non essendo capace di riportarlo qui, consiglio di passare sul sito di Repubblica e risentire l'audio del monologo...)
                                                                                                                                  

P.S. di Costituzione, pistola facile, lavoro minorile parlerò... quando avrò finito di ridere...





postato da carnesalli | 08:30 | commenti (8)
resto

giovedì, ottobre 27, 2005
 


B - Berlusconi, Baglioni, Bush
ovvero Bubole..., Baglioni! e Bagliori.
Bubole:




"L'agenda delle istituzioni si basi sui reali problemi dell'Italia"
C.A.Ciampi






Baglioni!
"Credo che la nostra esstenza si sia impoverita: abbiamo perso il grande sogno e rincorriamo l'"abbastanza", la sopravvivenza. Non ci sono aria di rivoluzione e voglia di cambiare, nemmeno tra i giovani. In più non siamo diventati così felici come i nostri sistemi, basati sulle leggi del mercato e del capitalismo avrebbero voluto. E ci portiamo dietro un senso di colpa da omissione di soccorso verso quella parte del mondo che non se la passa bene. Così abbiamo eretto steccati di diffidenza, paura e individualismo....L'Italia è un paese confuso e con poche certezze. E una memoria non completamente risolta. Alle spalle abbiamo troppe storie insolute: processi mai chiusi, stragi senza colpevoli, le trame della P2, i morti ammazzati. Difficile che un paese possa avere un presente più solido se non risolve un passato così ingombrante. I nostri politici attuali non sono d'altissimo livello...Vedrei bene una riforma scolastica con 20 ore alla settimana di educazione civica, per riportare ala valuce valori come rispetto, correttezza, onestà.."
Bagliori.
Tema di Pablo, classe quinta elementare della scuola “A.Manzoni” di Verona
Quel sabato un mio amico mi ha detto che era stato aperto un nuovo negozio molto strano, vicino alla scuola. Ho chiesto alla mamma se, dopo pranzo, potevo andarci, lei ha risposto di si.
Quindi, dopo mangiato, sono partito. Sono arrivato davanti alla scuola e poi ho girato a destra. Poi mi sono fermato davanti ad una porta antica piena di polvere.
Ho spinto lentamente e sono entrato, è tutto buio ma nella penombra scorgo dei fiaschi pieni di qualcosa che brilla. Mi avvicino al primo e leggo l’etichetta “Sincerità”, poi stupito, mi avvicino alla seconda “Amicizia”. Alla terza “Felicità” e alla quarta “Pace”. Sono rimasto stupefatto, ma poi ho guardato lo scaffale che c’era sotto.
Anche questo aveva quattro fiaschi: “Libertà”, “Non violenza”, “Fraternità” e ancora “Pace”. Tutto il negozio era pieno di scaffali, poi ho anche visto uno strano armadio. L’ho aperto e dentro c’erano altri fiaschi ma questi non brillavano ed avevano un’insegna con scritto: “Non si possono prendere”.
Erano: “guerra”, “fame”, “tratta degli schiavi”, “armi”, “violenza”, “gelosia”, “odio”, “inquinamento”, “distruzione” e “maltrattamento”.
Chiudo l’armadio e mi avvicino ai 10 scaffali. Prendo qualche fiasco e mi avvicino ad una cattedra. Lì c’è un uomo, io tiro fuori delle monete.
Quell’uomo sorride e fa cenno di no con la testa, io lo ringrazio, prendo i fiaschi ed esco.
La luce del sole mi abbaglia e sento anche un’aria fresca. Decido di percorrere la strada a sinistra, dove non ero mai andato. Appena giro l’angolo vedo che il viale è pieno di persone vestite di stracci che chiedono la carità. Io tiro fuori i fiaschi “Amicizia”, “Libertà”, “Felicità” e “Pace”.
Poi ho dato a tutti un po’ delle sostanze che contenevano. Loro non sapevano come ringraziarmi ma io non volli niente.
Arrivato a casa era già sera.
Dopo cena vado in camera mia ed apro i fiaschi.
Mi resta una goccia di felicità, ma non la prendo, sono già felice.
Scruto il cielo e guardo una costellazione che non avevo mai visto: “Pace”.
 




postato da carnesalli | 08:30 | commenti (4)
politica, societa, sfoghi

mercoledì, ottobre 26, 2005
 

         

dar da bere agli assetati
"è un gesto evangelico...Il Parlamento ha il dovere di garantire la libertà di manifestazione del pensiero" (F.Mussi)
dar legnate agli indignati
"Su, che se voi caricate noi vi veniamo dietro..." (I. La Russa)

   La signora sì che se ne intende....
(per la verità l'onorevole si è mostrata sorpresa, e ha   reagito con un «Non è vero, non faccio certi gesti, voglio vedere la foto».
Eccola, onorevole, eccola...



P.S. onore all'"ideologo":

postato da carnesalli | 08:27 | commenti (8)
politica, democrazia, controcanto

lunedì, ottobre 24, 2005
 
C - (la) Cina è vicina
Quando viene a denti stretti riconosciuta dai signori (?) che ci governano, tra le molte cause della attuale rovinosa crisi economica addotte da Tre/monti (all'inizio erano quattro: ma tra tagli e risparmi...), oltre all'11 settembre, al terrorismo, alla sfortuna, alla congiuntura internazionale, ad una macumba del centrosinistra, al buco lasciato dallo stesso, ai sindacati che invece di lavorare organizzano pic nic e ad altre attente e precise analisi simili, ricorre inevitabilmente la temibilissima "concorrenza cinese" (come se il libero mercato lo appoggiassi io e non lui...)
E allora: coerenza da quelle parti ce n'è da aspettarsene pochina.
Ma sentite un po’ questa.
Siccome la Rai ogni tanto (e di recente un po’ più spesso…) dà qualche segno di vita, il fiuto per gli affari (suoi) della famiglia Berlusconi ha escogitato l'ennesimo stratagemma.
Circa due anni fa il governo varava un contributo di 70 euro, per incentivare l'acquisito dei nuovi decoder del digitale terrestre.
Mentre l'ex ministro Gasparri andava in giro per il paese decantando le virtù della nuova tecnologia (tagliata su misura per il padrone del vapore), sponsorizzata da Palazzo Chigi, molti decoder immessi frettolosamente sul mercato si sono rivelati inadatti al programmi pay per view, ad esempio al calcio a pagamento, di Mediaset.
Che fare allora?
La finanziaria di proprietà di Paolo Berlusconi, la Pbf Srl, operativa nel mercato dell'elettronica di consumo attraverso la Solari.com srl, importa e distribuisce in Italia i prodotti Amstrad (società internazionale con sede a Londra), tra cui in particolare anche decoder digitale terrestre: del tipo Mhp, cioè quelli sovvenzionati con i 70 euro di sussidio previsti dalla Finanziaria.
Nel giro di sei mesi, da gennaio a luglio 2005, l'Amstrad è diventata la sesta azienda su ventidue per quote di mercato nella vendita di decoder dtt e il fatturato della Solari.com è improvvisamente raddoppiato (141 milioni di euro).
La società ha iniziato a commercializzare decoder per la nuova tecnologia a gennaio, lo stesso mese in cui è stato lanciato il servizio di pay per view Mediaset Premium; i decoder dtt Amstrad vengono venduti in "bundle" (cioè in un unico pacchetto) con una smart card ricaricabile Mediaset Premium; il tutto, naturalmente, attraverso le televendite Mediashopping (marchio del gruppo di Cologno) in onda sui canali Mediaset.
Amstrad al pari degli altri produttori beneficia dei sussidi in via indiretta (l'incentivo è di fatto una promozione del bene, il cui costo viene ridotto da uno sconto sul prezzo di listino), mentre Mediashopping ne beneficia in via diretta, ottenendo il rimborso dei sussidi come esercizio commerciale.
E qui arriviamo alla chicca (come non bastasse il resto): uno dei principali motivi del successo dei Berlusconi-decoder è il prezzo basso.
I ricevitori col marchio Amstrad vengono infatti interamente assemblati in Cina (sì, proprio in Cina) e immessi sul mercato italiano ad un prezzo inavvicinabile per gli altri competitori.
Un affare.
Vallo a spiegare a quelli della Lega coi loro dazi o al semi-nuovo ministro dell'Economa Tremonti che, sul finire del suo primo incarico, si chiedeva: "Come puoi competere coi cinesi se tu hai la legge 626 e loro inquinano? Se hai l'articolo 18 e loro no?".
Già come fai?
Ma è chiaro: basta farli lavorare per te a casa loro.
Magari con un contributo di 70 euro nato da un'idea di tuo fratello...
postato da carnesalli | 13:24 | commenti (6)
politica, controcanto, fessono, economia - articoli

venerdì, ottobre 21, 2005
 
"Tolgono l'anima agli italiani"
(R.Prodi)
Abbecedario annuncia/denuncia la prematura scomparsa
della Costituzione italiana,
a causa di opportunistiche mani assassine.
Abbecedario ne piange la morte
con dolore e rimpianto.
Abbecedario partecipa al lutto della democrazia
per tale perdita, che la rende monca e ingiusta.
Abbecedario sa però che l'etimologia di cimitero
è dormitorio.
Abbecedario dà quindi appuntamento
a tutti gli orfani in lacrime
al giorno in cui con un voto la potremo risvegliare.

A da passà a nuttata.
Se ciò accadrà dipenderà solo da noi.
L'inverno finirà.
Il sonno (della ragione) finirà.
Non fiori, ma voti di bene....
°°°°°°°°°°°°°


C.Magris - Corriere della Sera

“Il termine «devolution», ripetuto con coatta iattanza… non è tanto una parola che esprima un concetto, quanto un rumore, come quelli che il corpo talora emette anche involontariamente, magari con effetti socialmente imbarazzanti; un segnale convenuto di riconoscimento fra simili, come il fischio di certi animali o quello irriferibile immortalato da una celebre canzone goliardica. Purtroppo, in questo caso, non è in gioco una festa delle matricole o di addio al celibato, bensì il Paese, l'Italia, lo Stato, la Patria o come vogliamo chiamarlo; il suo destino e il suo futuro, la sua dignità, il senso e il peso della sua presenza nel mondo.
 La ributtante riforma costituzionale in cantiere, che si appresta a cancellare quel poco o tanto di buono che c'è ancora nello Stato italiano e il senso stesso dello Stato e dell'Italia, non nasce dalla doverosa e sacrosanta esigenza di decentramento. …Essa nasce da una regressiva negazione dell'unità del Paese e dal livoroso desiderio di distruggerla. Non a caso, sino a poco fa, veniva strombazzata — pur senza alcuna intenzione di porla in atto — la parola «secessione», con cui si sciacquavano la bocca macchiette di provincia… E secessione significa, appunto, distruggere l'unità del Paese.
A questa unità — a questo senso di più vasta appartenenza comune, pur nella creativa e amata varietà di città, territori, tradizioni, dialetti e costumi diversi — si vuol contrapporre un ringhioso micronazionalismo locale, spiritualmente strozzato dal proprio cordone ombelicale conservato sott'olio e chiuso a ogni incontro, pronto ad alzare ponti levatoi i quali offendono anzitutto il libero e schietto amore per il luogo natio, che è il piccolo angolo in cui impariamo a conoscere e ad amare il mondo. Vissuto e amato liberamente, il paese natale non è una endogamia asfittica né una sfilata folcloristica; Dante diceva che l'Arno gli aveva insegnato ad amare fortemente Firenze, ma anche a sentire che la nostra Patria è il mondo, come per i pesci il mare.
Le diversità sono il modo in cui si articola l'unità umana — come un albero nella varietà delle sue foglie, diceva Herder, scrittore illuminista e preromantico tedesco, amico e poi avversario di Goethe.…Le peculiarità locali compongono, costituiscono l'unità del Paese; se la distruggono, distruggono se stesse, così come un dialetto, parlato con gioiosa e spontanea naturalezza, viene falsificato in una tonta ideologia se lo si vuol sostituire o contrapporre alla lingua nazionale.
La «devolution» mira, oggettivamente, a disfare l'Italia… è propugnata da partiti che costituiscono oggi la maggioranza parlamentare, benché divisi su molti problemi e soprattutto sul senso della Patria, visto che An, che organizza le marce e feste del Tricolore, governa insieme alla Lega, il cui leader ha dichiarato di volersi pulire il sedere col Tricolore….si propone di evirare gli organi dello Stato capaci di impedire l'abuso dei poteri, non solo locali; mina l'armoniosa vita civile di una vasta e pluralistica comunità, retta da quel sistema di separazione, controllo e contrappeso di poteri elaborato dal pensiero liberale per garantire i cittadini e le libertà.
La riforma costituzionale che la maggioranza vuole varare è un attentato al patriottismo e al buon governo. Ma il Parlamento è composto di eletti che, secondo la Costituzione , sono responsabili verso il Paese, non verso il partito o la circoscrizione in cui sono stati eletti. Si è già visto come, nella maggioranza, a proposito della «devolution» ci siano persone cui sta più a cuore l'Italia che il proprio partito. È da sperare che parecchi avranno la dignità e il fegato di ribellarsi a questa mutilazione, di capire che essa deturpa anche il loro volto.”


postato da carnesalli | 09:30 | commenti (6)
politica, legalita

giovedì, ottobre 20, 2005
 
Coraggio e speranza

Non fermiamoci, non fermatevi
di Francesco Fortugno
(testo raccolto dal/ Ansa calabrese il 16 maggio 2005
subito dopo le minacce ricevute dall'assessore regionale alla sanità Doris Lo Moro)
Formata la Giunta regionale….la ‘ndrangheta, quasi a voler confermare il suo ruolo di contraltare della legalità, che trova nelle istituzioni la sia massima affermazione, torna a farsi sentire pesantemente.
Le minacce a Doris Lo Moro, alla quale esprimo la mia personale solidarietà e quella della Margherita calabrese, sono la chiara indicazione di quello che dovrà essere il primo punto all'ordine del giorno della nuova legislatura: la lotta costante ed a tutto campo della criminalità organizzata. Che le minacce siano legate al clima avvelenato che si vive a Lamezia Tenne od all'attività di assessore di Doris Lo Moro, potrà avere rilevanza ai fini investigativi, ma non cambia la sostanza: siamo di fronte all'ennesimo tentativo di intimidazione nei confronti di chi si propone, con spirito di servizio ed onestà, di risollevare le sorti della Calabria e dei calabresi. Sono anch'io un padre di famiglia e capisco bene cosa significhi vivere la quotidiana angoscia per la incolumità dei propri familiari, che si trovano esposti alla vigliaccheria degli atti intimidatori consumati nell'ombra in cui opera la criminalità; per questo, l'unico conforto è la certezza che è una battaglia giusta, che va combattuta per dare alle generazioni future una Calabria migliore. Gli uomini che danno corpo alle istituzioni, sono la espressione della libera determinazione dei cittadini e sono essi stessi semplici cittadini, chiamati a mantenere vivo quell'ideale di democrazia che tanto è costato al nostro Paese. Non eroi votati al sacrificio, quindi, ma padri e madri di famiglia che hanno il comune sentire della gente, ma è proprio questo comune sentire che. ci rafforza, che ci spinge ad impegnarci ed a reagire ad ogni tentativo di affermazione della illegalità e della sopraffazione.
Nei momenti difficili, specialmente quando ci si sente minacciati negli affetti più cari, ci sono, ed è per questo che tutta la società civile, senza distinzione di appartenenza politica, è chiamata a svolgere quel molo fondamentale di sostegno e di vigilanza, che non faccia avvertire quell'insopportabile senso di solitudine che può spingere all'abbandono. Ogni colpo inferto alle istituzioni colpisce tutti noi e sarebbe un errore gravissimo pensare che non sia così, nessuno può chiamarsi fuori dalla battaglia contro la criminalità organizzata, perché con l'indifferenza ed il disimpegno non si possono certo affermare valori come la legalità e la democrazia.
intervista ai ragazzi di Locri
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Un pensiero per un grande poeta che ci ha lasciato:


Grazie, Folon.
postato da carnesalli | 08:38 | commenti (6)
politica, legalita, memoria, persone

mercoledì, ottobre 19, 2005
 
M - Maschi (della Casa di Sua Proprietà)

 "Il voto sulle quote rosa non è stato contro le donne, ma una legittima difesa.
Alcuni deputati hanno fatto i calcoli e hanno ragionato così:
"Già rischiamo molto passando al proporzionale, se poi ogni tre di noi ci mettono una signora..."
(S.Berlusconi, Ansa 18.10.2005)


postato da carnesalli | 08:29 | commenti (6)
politica

lunedì, ottobre 17, 2005
 
Q/Q – Quaqquaraqqua o anche Questione di Qualità (ovvero la Caserma delle Liberta), ma oggi anche Quattromilioni….
Qua:
Casini: “La riforma elettorale proporzionale è l’atto di nascita della repubblica del centrodestra”
(e il trappolone sta cominciando a funzionare: vedi il solito Mastella);
Follini: “Io non c’entro con voi…ministri accomodati sulle poltrone di governo in modo opaco, se non ossequioso, almeno ripiegato, capaci solo di mescolare senza scomporle le carte di una improbabile combinazione dinastica di un centrodestra che è e resta piramidale.
Perché la politica per me è passione fredda, ma non interesse.”
(che dire: forza compagno Marco!)
Qua:
QUAttromilioni, 4.000.000, q u a t t r o m i l i o n i …

Ogni tanto (ogni spesso) mi danno del fanatico visionario.
Ogni tanto (ogni spesso), i più indulgenti, mi danno del sognatore, dell’infantile utopista.
Ogni tanto (ogni spesso) mi dicono: ma tu da solo cosa vuoi fare…
Ogni tanto (ogni spesso) guardandomi con tenerezza mista a compatimento e col tono di voce di chi la sa lunga, mi spiegano: “dai, i problemi veri sono altri…”
Ogni tanto (ogni spesso) mi rimproverano perchè passione e politica sono due cose diverse.
Ogni tanto (ogni spesso) mi fanno la lezioncina spiegandomi che sì, la gente, i bisogni…però…
Ogni tanto (ogni spesso) mi spiegano che sì va bene l’impegno personale, ma non basta…
Io resto del parere che se non posso tirar giù un muro a cannonate, se ogni volta che passo faccio un graffio, se qualcun altro ogni volta che passa fa un graffio, se in tanti ogni volta che passiamo facciamo un graffio…prima o poi…
Primarie: vittoria delle democrazia, della partecipazione, del popolo, dei cittadini.
Primarie: vittoria di ciascuna delle quattro milioni di persone, una per una; del signor Giuseppe, della signora Gina, di Carlo, Filippo e Pasquale…
                                                                                                     
 
                                                  



Ieri durante la diretta di RadioPopolare un anziano, non ricordo in quale città, alla domanda: “ma lei perché è qui a fare la coda per votare?” ha risposto, ma proprio senza alcuna esitazione: “Per cambiare il mondo.”
La cosa ha suscitato una qualche ilarità nei conduttori.
Tranquillo sconosciuto amico.
Matti, siamo almeno due….





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Il mondo ce l’hanno dato in prestito i nostri figli.
E la cosa più terribile è l’indifferenza di fronte all’orrore.
Noi dobbiamo trasformarla in orrore di fronte all’indifferenza.
(Roberto Benigni)
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postato da carnesalli | 09:05 | commenti (16)
politica, omelie

giovedì, ottobre 13, 2005
 
P – Primarie





Circola intorno alle primarie tanta retorica (condita da qualche sarcasmo).
Si è messo in moto anche qualche “interesse” di bottega di troppo.
Qualcuno, come sempre, pilatescamente continua a sostenere che i “problemi veri” sono altri…

Io invece, semplicemente, le ritengo importanti.

Soprattutto di questi tempi di (per usare un eufemismo) disinteresse diffuso, apatia e rassegnazione, marionette in mano a dirigenti politici, colpi di mano e tentativi di golpe ( e vedo già il sorriso di qualcuno: il solito esagerato!
Le Monde di due giorni fa sosteneva:
“Il golpista elettorale:  la coalizione attualmente al potere spera attraverso questa sorta di golpe elettorale di vincere le elezioni partite piuttosto male, o almeno di limitare la vittoria degli avversari…”).

A parte considerazioni di “opportunità politica” (che pure esistono), le trovo una occasione di partecipazione democratica e diretta a scelte che riguardano tutti.

Potevano “coinvolgere” di più, d’accordo.
Ma intanto:
si esce di casa per dare il proprio contributo;
si sceglie, ci si sbilancia;
si partecipa, si prende parte;
si è costretti ad informarsi;
si investe un po’ del proprio tempo;
ci si incontra, si discute.
Centomila volontari hanno già dato la loro disponibilità di tempo, passione ed energia.
Io ci andrò.
Mi sento “parte” viva dell’Unione, dell’”altra” Italia: quella – scusate la vanità o la presunzione – della ricerca di una maggior legalità, di una maggiore moralità, di una maggiore equità e giustizia, di un maggior interesse al bene comune, di una maggioranza uguaglianza, anche tra i sessi...
Che almeno – mettendo pure in conto arresti e tentennamenti – ha queste cose nel Dna.
E, anche se credo non vi siano dubbi, voterò Romano Prodi:
“Care italiane e Cari italiani,
il 16 ottobre si svolgono le elezioni primarie per scegliere il candidato dell'Unione alla guida del Paese. E' un momento importante, di partecipazione e di democrazia, una sede di confronto serio e leale tra persone e, soprattutto, tra programmi.
…L'Italia ha bisogno di ritrovare coesione e slancio, ha bisogno di etica, di equità e di responsabilità. Senza questo non troveremo le energie per far ripartire l'Italia e per dare risposte adeguate ai tanti problemi della nostra società, per ritrovare serenità e sicurezza per il nostro futuro.
Tutti insieme, vogliamo e possiamo far ripartire l'Italia, per creare di nuovo occupazione e benessere, per offrire tranquillità e sicurezza alle famiglie, per dare un lavoro vero ai giovani, per permettere alle nostre imprese e ai prodotti italiani di affermarsi nel mondo.
Tutti insieme, ce la possiamo fare. Tutti insieme vogliamo e possiamo tornare a vincere.
Ho detto tutti insieme. Un paese spaccato dalle diseguaglianze è un paese cattivo, che non ha futuro. E' finito il tempo per i condoni, per i facili arricchimenti, per l'evasione fiscale. E' tornato il tempo della giustizia, della solidarietà, dello stare insieme. E' tornato il tempo del rispetto per il lavoro e per lo studio.
Non vi chiedo sacrifici impossibili. E non vi prometto cose fuori dalla realtà. Dobbiamo guardare al futuro, non al passato. Dobbiamo tirarci su le maniche ed essere seri, tutti. A partire da noi politici che abbiamo il dovere di dare il buon esempio.”

Non sarò solo, ovviamente.
Intanto sarò in compagnia di  Enzo Biagi:
”Conosco un uomo che ce la può fare...
votate assieme a me per Romano Prodi”
Nella mia vita, che ormai è lunga, non ho sottoscritto appelli e, lo confesso, sono sempre stato restio a firmare manifesti. Se oggi ho deciso di mettere la mia firma sotto queste righe non è perché sia preoccupato del mio futuro, a 85 anni sarei ridicolo, ma perché vivo in questo Paese, lo amo e, caso mai, sono preoccupato per il futuro dei miei nipoti.
Durante l'ultima campagna elettorale ci sono state fatte molte promesse: saremmo tutti diventati ricchi e avremmo vissuto in un'Italia trasformata in Bengodi, insomma una vita da sogno. A volte è bello credere ai sogni, ma poi ci si sveglia. E il nostro è stato un drammatico risveglio. Non solo non ci siamo arricchiti, ma siamo diventati tanto più poveri e per molte famiglie dallo stipendio manca la quarta settimana del mese. Non è più il tempo delle false promesse e dei sogni, questo è il tempo di ritrovare la tenacia, la forza e la pazienza che nei difficili anni del dopoguerra ci hanno consentito di tirar su la testa e di ritrovare l'orgoglio di essere italiani.
L'esempio deve venire dal governo. Un governo che rappresenti veramente il popolo italiano e che dovrà essere diverso, molto diverso, da quello che ha guidato l'Italia nell'ultimo periodo.
Conosco un uomo che ce la può fare, un uomo serio, un bravo economista, che è nato dalle mie parti, in Emilia, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, un uomo di poche parole ma di molti fatti: si chiama Romano Prodi.
E' una persona che ha dimostrato di saper governare da noi e in Europa e che è profondamente legato alle sue radici nazionali, che si sente cittadino di questo Paese dalle Alpi alla Sicilia e ha la capacità di farsi capire da tutti.
Prodi, al quale sono legato da tanti anni d'amicizia, può aiutarci a vivere un po' più serenamente, non si tira indietro davanti a decisioni difficili e, soprattutto, non si nasconde dietro promesse che durano il tempo di una campagna elettorale.
Sono certo che sia la guida di cui abbiamo bisogno ed è per questo che, in vista delle primarie di ottobre, vi invito a mettere la vostra firma insieme con la mia. Dobbiamo essere in tanti per promuovere un cambiamento con la candidatura di Romano Prodi alla guida del governo.
Enzo Biagi”
E poi di migliaia di persone che hanno sottoscritto l’appello: parlamentari, giornalisti, rappresentanti del volontariato e del terzo settore, di associazioni e sindacati, docenti universitari, religiosi, associazioni di migranti.


 Un altro passo.
Per far ripartire l’Italia, sul serio.

Programma di Romano Prodi.
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postato da carnesalli | 14:17 | commenti (15)
politica

lunedì, ottobre 10, 2005
 
R- Repetita iuvant

Per riprendere il discorso dell’ultimo post, in questi di giorni di veri e propri assalti alle frontiere e CPT lager.
Scappano, cercano rifugio.
Fanno quello che faremmo noi (che abbiamo fatto a lungo noi)
Ci chiediamo perchè.

Ogni ora muoiono 1.200 bambini a causa della povertà.
Le 500 persone più ricche hanno un reddito totale superiore a quello dei 416 milioni più poveri.
E ancora.
Alcuni paesi più ricchi, tra cui l'Italia, sono tra i donatori meno generosi di aiuti internazionali.
Come ogni anno, il Rapporto dell'Onu sullo sviluppo umano snocciola dati scandalosi sulle vittime della miseria, sulle disuguaglianze, sui paradossi che caratterizzano il nostro pianeta.
Quest’anno ammonisce: «Il mondo è incamminato verso una prevedibile catastrofe in termini di sviluppo umano» e il mancato rispetto della solenne promessa di lottare contro la povertà fatta dall'Onu nel 2000 si tradurrà in un gran numero di morti inutili. Con l'andamento attuale, nel 2015 ci saranno ancora 827 milioni di persone in stato di povertà estrema.
L’ultima edizione (2005) del rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Undp) è giunto in un momento particolare: sono trascorsi cinque anni dalla famosa e famigerata Dichiarazione adottata dall'Onu sugli Obiettivi di sviluppo del Millennio (Mdg) . E mancano dieci anni alla scadenza del 2015 fissata per il raggiungimento di questi ambiziosi traguardi. Tra questi, dimezzare la povertà e ridurre di due terzi la mortalità infantile. Obiettivi ancora troppo lontani. Se infatti è vero che dal 1990 oltre 130 milioni di persone sono uscite dalla povertà estrema, in 18 Paesi la situazione è peggiorata e 10 milioni di bambini muoiono ogni anno per cause evitabili.
Ma andiamo con ordine. Per quanto riguarda gli aiuti internazionali sono essenziali ma occorre riformare il sistema: per essere efficaci devono essere sufficienti, preventivabili e gestiti dai paesi riceventi, afferma il rapporto, che denuncia negli aiuti vincolati uno dei «peggiori abusi» dell'assistenza.
Oggi i paesi ricchi spendono lo 0,25% del Pil per gli aiuti ed il G8 include tre Paesi - Italia (0,17%),Usa (0,15%) e Giappone (0,20%) - che spendono per gli aiuti la quota minore del Pil.
Il rapporto dapprima condanna quella che chiama una “tassazione iniqua”, con i Paesi più poveri del mondo penalizzati dalle tariffe più alte nei Paesi ricchi, e l'influenza che i sussidi agricoli e il protezionismo dei Paesi industrializzati hanno sui Paesi poveri.
«I Paesi donatori spendono poco più di un miliardo di dollari all'anno per aiutare l'agricoltura dei Paesi in via di sviluppo e poco meno di un miliardo di dollari al giorno in sussidi all'agricoltura nazionale», afferma l'Undp.
Per gli autori del rapporto, anche i conflitti armati costituiscono un ostacolo maggiore alla lotta alla miseria. Il costo dei conflitti e della violenza in termini di mancato sviluppo è enorme. Inoltre, lo sviluppo dei paesi poveri è la linea di fronte nella battaglia per la pace globale e la sicurezza collettiva, afferma il rapporto.
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“La povertà non è una fatalità ma il risultato di una politica mondiale che abbandona una parte dell’umanità, tutti coloro che non rientrano nei criteri di una economia speculativa e discriminante generatrice di profitto per le grandi imprese private e le multinazionali.”  (D.Mitterand)

 Per questo motivo non possiamo accettare come inevitabili quelle cifre che indicano come più della metà della popolazione del mondo sia povera e sottomessa a un destino già tracciato. No, la povertà non è una fatalità. Ed ancora meno la miseria.
Uno dei problemi più gravi é quello del mancato accesso all’acqua potabile, che causa la morte di 34.000 persone al giorno, in maggioranza, evidentemente, fra le popolazioni più misere. Siamo di fronte a un crimine intollerabile. È un crimine lasciar le popolazioni più povere senza la disponibilità di quell’elemento vitale che è l’acqua.
Quasi tutte le dichiarazioni, da quella di indipendenza degli Stati Uniti sino alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo sottolineano che l’uomo ha dei diritti inalienabili, fra cui i principali sono «il diritto alla vita e il diritto alla libertà». E il diritto alla vita non significa il poter disporre liberamente degli elementi indispensabili alla vita, come l’acqua?
E allora è giusto parlare, ugualmente, del «diritto dell’acqua»: ad essere libera, potabile, gratuita.
Libera poiché l’acqua, essendo l’elemento costitutivo degli esseri viventi, non può appartenere ad alcuna comunità, ad alcuna impresa. Appartiene al genere umano, non può essere “sorgente” di conflitti, né oggetto di alcun tipo di appropriazione. Essa é un bene comune dell’umanità.
L’acqua ha il diritto di essere potabile. I grandi di questo mondo ci ricorderanno che rendere l’accesso all’acqua potabile per le popolazioni che oggi non ne hanno investimenti colossali.
Il prelievo dell’1% dei budget militari dei diversi Paesi del mondo permetterebbe di sanare la situazione mondiale e garantire l’accesso all’acqua per 15 anni.
Si tratta di far cessare un crimine contro una parte dell’umanità.
Gratuita, infine: l’acqua non può essere oggetto di profitto né di speculazione. Non può essere una merce. Bisogna dire no ad un’acqua sempre più cara che le popolazioni più povere, ed ancor più quelle nella miseria totale, non possono pagarsi, e che i Paesi ricchi si pagano in bottiglia, restituendo profitti alle imprese che hanno fatto dell’acqua una merce redditizia.

Dichiarare illegale la povertà comporta non solo denunciarne le cause e gli artefici ma anche proporre, settore per settore - dall’acqua alla sanità, al diritto alla casa, all’istruzione, al lavoro - soluzioni concrete e sostenere iniziative che osino l’utopia di una società mondiale senza povertà.
postato da carnesalli | 14:42 | commenti (6)
politica, societa, mondialita, villaggioglobale, economia - articoli

domenica, ottobre 09, 2005
 
Ma il cielo è sempre più blu...











centomila grazie....

postato da carnesalli | 13:23 | commenti (6)
politica

venerdì, ottobre 07, 2005
 
P – Più uno
Allons, enfants!                                                                      
Causa forte influenza trascurata (per lavoro: e ditemi voi se ne vale la pena), certam ente provocata da un virus arrivato da Arcore, sarò costretto domenica a lasciare il mio corpo a Milano.
Ma, vi giuro, con tutto ciò che mi resta sarò a Roma alla manifestazione dell’Unione:
- contro una legge finanziaria che taglia i servizi pubblici per le famiglie i bambini gli anziani;
- contro una legge elettorale che vuole fare vincere chi prende meno voti.
Avevo già anche il biglietto del treno (comprato a spese mie, vero Marietta…).
In piazza del Popolo ci saranno tutti quelli che vedrete (o che forse ci faranno vedere).
Più uno.

P.S. Avrei avuto altri mille buoni motivi per “dover” essere là:
- il grido di allarme di S.Accardo: “E’ agghiacciante. Quello che sta succedendo e che si prefigura con i tagli allo spettacolo è semplicemente un massacro. Per tutta la cultura, ma in particolare per i giovani…”. E il direttore del Piccolo Teatro di Milano oggi ne prospetta la sua chiusura.
- l’innominata Salva-Previti (non ha più relatore) che azzererebbe migliaia di processi (l’88% di quelli per corruzione…), più che un’amnistia;
- il rapporto Istat che ci rivela un’Italia dove ci sono sette milioni e mezzo di poveri (l’11,7% degli italiani, ma ben il 25% nel mezzogiorno);
- la costituzione fatta a pezzi;
- l’ennesima prescrizione per Berlusconi (questa volta Paolo) già condannato in primo grado a 2 anni, 1 mese e 15 giorni;
- un presidente del consiglio che dice “amichevolmente” ad un (ex, quasi, post, meta?) alleato “Follini? Gli auguro di restare in politica. Io sono il leader”);
- la circolare del Comando generale dell’Arma dei carabinieri del 26.4.2005 n. 301 che tra l’altro recita: “adottare provvedimenti al fine di pervenire ad un sensibile contenimento dei consumi/spese per le esigenze sia di riscaldamento che di cottura, vitto e produzione acqua calda per usi igienici”;
- la decima volta che il Tar azzera le graduatorie della Moratti…
Mi fermo qui, per ora.
Ma, credetemi, l’indignazione supera la tosse…
postato da carnesalli | 14:44 | commenti (6)
politica, sfoghi

mercoledì, ottobre 05, 2005
 
A - Acqua (per favore…)
Fame e sete: il diritto di vivere
Quando la fame non fa notizia.
Un recente rapporto speciale dell’ONU sulla questione del “diritto al cibo” ci dice molte cose, tutte stridenti con l’idea corrente che si ha dello stato del mondo e dei successi del progresso economico e tecnologico di questo ultimo secolo, nonché delle magnifiche sorti e progressive della globalizzazione.
Le persone che soffrono la fame oggi nel mondo, sono circa 840 milioni. In questo gruppo di donne e uomini ci sono quelli che rischiano di morire per malnutrizione (e mi accorgo ora che “simbolicamente” il mio computer mi segna in rosso – come errore - questa parola: non è prevista, si vede…).
Poi c’è un secondo gruppo, più fortunato, che mangia meno del necessario ma non è in immediato pericolo di vita: sono circa un miliardo e duecentomila persone che, sommate alle precedenti, porta a due miliardi il numero di quelli che patiscono perché non possono mangiare abbastanza.
Cioè circa un terzo dell’umanità.
Cinque anni fa la FAO si pose l’obiettivo di dimezzare entro il 2015 il numero degli affamati gravi: obiettivo non solo fallito, ma anzi il numero è aumentato.
Per molti di loro quindi la condanna è firmata: non è detto che moriranno, ma hanno una buona probabilità.
Di questi circa 840 milioni di “morituri”, 800 milioni vivono nei paesi poverissimi, 30 milioni nei paesi in transizione e 11 milioni nei paesi ricchi e industrializzati.
La fame però non colpisce solo chi è affamato in questo momento: colpisce come una maledizione anche le generazioni che seguono.
La fame comporta un cattivo sviluppo fisico e intellettuale, malformazioni, riduzioni dell’intelligenza.
La fame è ereditaria.
Nel rapporto Onu si cita una frase dell’intellettuale francese Debray: “quei bambini sono crocifissi dalla nascita”.
Questo allargamento del fenomeno della fame è dovuto ad un restringimento delle risorse?
No: il rapporto ci dice che nel mondo si produce molto più cibo di quello che serve per saziare tutti i suoi abitanti.
Questo cibo però non viene distribuito.
Le persone più colpite dalla fame sono le donne, perché sono meno forti socialmente, hanno meno potere e capacità economiche. E i neri. I più poveri dei poveri.
Il rapporto dell’Onu dice con chiarezza che le politiche di privatizzazione e di deregolamentazione (flessibilità sul lavoro,per esempio) imposte negli ultimi anni hanno aggravato questa situazione.
Più specificatamente il rapporto mette sotto accusa le politiche economiche sostenute dalla Banca Mondiale, dall’Fmi e dal Wto: hanno portato ad un sottodimensionamento degli Stati, mentre per fare politiche di riequilibrio e di lotta alla povertà e alla fame, occorrono Stati forti.
Il rapporto dice anche che i responsabili principali di questa situazione sono le multinazionali e il sistema economico deregolato che le sostiene.
Esse hanno acquisito nell’ultimo decennio un potere gigantesco che interferisce col diritto universale al cibo e all’acqua: sono ormai potenti come gli Stati e anche di più.
Il 25% di tutto il fatturato dell’intero pianeta è in mano a 200 multinazionali. Nessuno le controlla, ne limita le scelte, ne combatte gli abusi.
Dice il rapporto: “col passare dei secoli il livello dei diritti umani è cresciuto per assicurare che i governi non abusino del loro potere; nell’epoca moderna, nelle quali le multinazionali sono più potenti dei governi, è diventato urgente estendere le norme che difendono i diritti umani per assicurare che le multinazionali non abusino del loro potere”.
E’ una emergenza gigantesca non legata però ad un fatto occasionale, ma alla tendenza assunta dall’economia mondiale e dal sistema di relazioni politico-economico-militari che essa ha creato.
Un alfabeto per la pace: A come Acqua.
Se proviamo a pensare quante volte in un giorno usiamo l’acqua ci rendiamo conto della sua importanza.
Eppure ogni anno quasi undici milioni di persone muoiono per malattie dovute alla mancanza di acqua potabile.
La metà sono bambini.
Inoltre secondo le statistiche il 40% della popolazione mondiale soffre di carenza di risorse d’acqua, 3 miliardi di persone vivono in case prive di un sistema di fognatura, solo lo 0,08% dell’acqua è pura, potabile.
“1 miliardo 200 milioni di persone (il 18% della popolazione mondiale) non hanno accesso a fonti di acqua potabile, e 2 miliardi e 400 milioni non dispongono di servizi igienici. Il risultato è che 2.200.000 persone muoiono ogni anno di diarrea, quasi tutti bambini dei paesi emergenti. Molti altri muoiono di malattie associate alla mancanza di acqua potabile, a servizi inadeguati e scarsa igiene” (G.H.Brundtland, Direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità).
Gli ecosistemi idrici mondiali degradati (a causa dei pesticidi e degli scarichi fognari e industriali) contribuiscono: secondo il “Water and Sanitation Program” si potrebbero salvare da 1.500.000 a 1.700.000 vite umane ogni anno se si diffondesse l’abitudine (la possibilità…) di lavarsi le mani col sapone dopo aver toccato escrementi.
Alla base di molti conflitti del mondo, come vedremo, c’è l’acqua.
Dal 1950 ad oggi la quantità annuale pro capite di acqua dolce è diminuita da circa 17 mila a 7 mila metri cubi, mentre la popolazione è raddoppiata e sono aumentati i consumi e gli sprechi.
L’acqua è un bene limitato, e questa consapevolezza sta già producendo ingiustizia con la corsa alla privatizzazione delle grandi fonti.
Per fare un esempio banale: a Modena è già in atto un’esperienza pilota, una ventina di automobili in funzione ad idrogeno (energia pulita). L’idrogeno si ricava dall’acqua: non sarà forse anche per questo che le multinazionali (15-16 in tutto) stanno accaparrandosi le sorgenti d’acqua, per trasformare un elemento fondamentale per la vita in un bene di possesso?
Gli esperti affermano che la maggioranza delle guerre del secolo scorso sono state provocate dal petrolio e aggiungono che le grandi guerre del secolo appena iniziato, con ogni probabilità, saranno causate dall’acqua.
L’acqua, il controllo dell’acqua, si colloca davanti al futuro dell’umanità come il problema dei problemi, ma già ora il controllo delle risorse idriche viene usato come mezzo di ricatto, pressione e oppressione.
La penuria idrica, e quindi il controllo dell’acqua, costituisce motivo d’instabilità strategico politica in molte parti del mondo (pensiamo solo che il 30% dell’approvvigionamento idrico di Israele arriva dalle alture del Golan…).
E con l’acqua vengono al pettine anche tutti i problemi di cui si parla da decenni e che sono anche concausa di questo fenomeno: foreste, inquinamento, effetto serra, desertificazione…
Nel 2025 due abitanti della terra su tre dovranno affrontare il problema della penuria d’acqua e molti di loro saranno costretti ad emigrare in cerca dell’acqua dolce di cui hanno bisogno,
La crescente penuria d’acqua minaccia di ridurre di oltre il 10% l’approvvigionamento alimentare globale.
L’agricoltura assorbe già il 70% dell’acqua dolce del pianeta.
In un mondo assetato i paesi poveri dovranno scegliere se usare l’acqua per irrigare i raccolti o per scopi domestici e industriali.
Per il miliardo e 300 milioni di persone che vivono con un dollaro al giorno l’aumento del prezzo delle derrate potrebbe significare una condanna a morte.
L’accesso ad acqua igienicamente sicura è un’esigenza universale e un diritto umano fondamentale. Questo diritto può essere garantito solo da una gestione sostenibile, partecipativa e democratica, di quella che è la risorsa più preziosa per la continuità della vita nel pianeta.
Un’indagine Nielsen ha stabilito che le prime dieci acque minerali più vendute in Italia hanno speso 296 milioni di dollari solo per gli spot e la propaganda. Quando viene fuori Del Piero con l’uccellino sulla spalla, lo paghiamo noi quando beviamo l’acqua. Sono 700 miliardi di vecchie lire solo per gli spot sui giornali, sulla radio, sui muri, sulla televisione . Oggi diventa un “bere prezioso”. Saremo capaci di rinunciare ogni tanto a qualche bottiglia di acqua minerale perché il ricavato vada a beneficio di quelle persone?
Deve crescere una consapevolezza critica come cittadini del mondo che usano cibo e acqua in modo razionale e responsabile, evitando gli sprechi, per recuperare un giusto equilibrio fra uomo e natura e un giusto rispetto tra uomo e uomo, in base a un principio di uguaglianza fra nord e sud del mondo.
La scheda
Acqua e vita:
La vita sul nostro pianeta è comparsa ed ha iniziato a svilupparsi nell’acqua (circa 800 milioni di anni fa);
Le piante, gli animali e gli esseri umani non possono vivere senz’acqua;
-un uomo può sopravvivere per settimane alla mancanza di cibo, ma solo pochi giorni a quella dell’acqua: essa costituisce infatti il 75% del corpo di un bambino e il 50% di quello di un anziano;
Ogni giorno il fabbisogno idrico vitale per persona è il seguente:
- 40/50 litri per uso domestico
- 2/3 litri d’acqua da assumere, tra bevande vere e proprie e alimenti ricchi di liquidi;
L’acqua è un elemento centrale per lo sviluppo economico, culturale e sociale: basti pensare all’agricoltura, alla pesca, ai trasporti fluviali, all’uso come fonte di energia.
Acqua per tutti:
Il 71% della superficie terrestre è coperta d’acqua, ma solo il 3% è acqua dolce;
- di questo 3% solo lo 0,3% è presente nelle acque di superficie;
L’acqua dolce utilizzabile dall’uomo potrebbe essere comunque sufficiente:
- se fosse distribuita in modo omogeneo sul pianeta: invece circa l’80% è concentrata nei bacini costituiti dai cinque laghi più grandi e dei cinque maggiori sistemi fluviali della terra;
- se i paesi del terzo mondo potessero permettersi le costose tecnologie necessarie per sfruttare al meglio le risorse idriche avrebbero acqua a sufficienza;
Dal 1950 al 195 la quantità di acqua dolce disponibile per persona si è ridotta a livello mondiale del 56%.
Acqua malata:
Sono moltissime le malattie originate dall’utilizzo o dalla presenza di acque contaminate: tifo, colera, dissenteria, epatite ecc.
Ogni anno nel mondo questa malattie causano almeno 5 milioni di morti, di cui 2 sono bambini deceduti in conseguenza della sola dissenteria.
In Africa il 47% della popolazione non ha accesso all’acqua potabile.
Nei paesi del terzo mondo un grave problema è rappresentato dall’aumento della popolazione povera che si concentra nelle aree urbane periferiche, prive di servizi e di un adeguato sistema di rifornimento idrico. In sud America per esempio il 60% degli individui più indigenti risiede proprio in queste zone e l’acqua a disposizione è inquinata mediamente 11 volte più che in Europa.
Ingiustizie idriche:
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, 17 milioni di persone non ha accesso all’acqua potabile e 2 miliardi ne hanno a disposizione solo di cattiva qualità.
In 29 paesi del terzo mondo il 65% della popolazione è al di sotto del fabbisogno idrico vitale.
Fra le varie nazioni la quantità d’acqua a disposizione per persona è molto diversa: negli Usa 425 litri, in Italia 237, in Francia 150, in Uganda e Madagascar 10.
Per un campo da golf sono mediamente usati 360.000 metri cubi di acqua all’anno.
In alcune zone degli Usa il 50% dell’acqua potabile disponibile è utilizzato per innaffiare il giardino di casa
(Fonte: G.M.A)

postato da carnesalli | 13:45 | commenti (5)
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lunedì, ottobre 03, 2005
 
S – Sospetto (l’avevamo il )
Caso clinico senza precedenti: ignora il marito e la figlia
La casalinga che riconosce solo Berlusconi
Studiate le reazioni di una donna colpita da deterioramento progressivo delle capacità cerebrali
Il caso clinico senza precedenti, appena pubblicato sulla rivista scientifica internazionale «Cortex» dai neuro-psicologi Sara Mondini, dell’Università di Padova, e Carlo Semenza, dell’Università di Trieste, fornisce una prova biologica di quanto da tempo sociologi, psicologi sociali, politologi ed esperti di comunicazioni di massa avevano sospettato, cioè che il bombardamento ripetuto di certe immagini a mezzo stampa e televisione incide qualcosa di profondo e speciale nel nostro cervello.
Detto in modo molto succinto, il caso di V. Z., casalinga italiana di 66 anni, testata ripetutamente da Mondini e Semenza per anni, mostra che una lesione cerebrale specifica può gravemente compromettere la nostra capacità di riconoscere oggetti in genere e volti umani in genere, ma non la capacità di riconoscere Silvio Berlusconi. E’ come se il volto del premier fosse stato inciso nel cervello in un suo canale particolare, in un formato speciale, diverso da quello ordinario degli oggetti e da quello pure ordinario, ma separato, dei volti.
La tranquilla paziente V. Z., è affetta da un caso raro di deterioramento progressivo dell’area cerebrale chiamata, in gergo neurologico, lobo temporale mesiale, con conseguente atrofia di questa zona in ambedue i lati del cervello, ma più pronunciata nell’emisfero destro, quello soprattutto deputato all’elaborazione delle immagini. Parla normalmente e appropriatamente, ma ha difetti di memoria ed è incapace di riconoscere perfino il volto del marito e dei più stretti familiari.
Inoltre, portata in un supermercato con una lista di cose da acquistare scritta da lei stessa, legge correttamente, poniamo, le parole «cipolle» e «mele», ma non sa a cosa corrispondono sui banconi. La batteria di test psicologici somministrata a V. Z. da Mondini e Semenza è molto nutrita e i risultati sono minuziosamente riportati da loro nell’articolo su «Cortex».
Mondini e Semenza le hanno anche mostrato molte foto e ritratti di persone famose (compreso un ritratto di Napoleone), chiedendo se sapeva chi erano. Niente. Una sola foto ha dato un netto risultato, quella, appunto, di Silvio Berlusconi. Le informazioni subito offerte da V. Z. in relazione alla foto erano corrette «Un uomo molto ricco, che possiede stazioni televisive e ha successo in politica».
Si noti che l’episodio avveniva nel 2001, in piena campagna elettorale. Però sei mesi dopo V. Z. ancora riconosceva Berlusconi, a dispetto di un ulteriore peggioramento del suo stato neurologico, e a dispetto della sua totale incapacità di riconoscere foto del marito, della figlia, dei vicini di casa e di una certa difficoltà perfino a identificarli di persona. Questo sbalorditivo dato era, occorre precisare, del tutto inaspettato. Mondini e Semenza, messi su una nuova pista, hanno, con grande pazienza, cercato di trovare altre immagini che potessero emergere, come il volto di Berlusconi, dal grigio magma di non-riconoscimento della povera paziente. E ne hanno infine trovata un’altra: la foto del Papa (Wojtyla). Un successo solo parziale, però, perché V. Z. non sapeva dare alcuna informazione, oltre al fatto che si trattava del Papa, né distingueva tra (l’allora) Papa e i Papi del passato. Inoltre, il riconoscimento non sussisteva più se si toglievano dalla foto i paramenti papali.
                                                                                                               
La conclusione è che esiste un canale di riconoscimento e di memorizzazione «iconico», distinto da quello per gli oggetti in genere e distinto da quello, notoriamente separato e specializzato, per i volti. Semenza mi dice che si tratta di «una corsia preferenziale». Informazioni visive collaterali vengono strettamente associate a un volto (i paramenti papali, la croce, la corona di spine) e questo compatto insieme di informazioni sopravvive al deterioramento degli altri due canali.
Nemmeno Orwell aveva sospettato che esistesse una corsia neuronale preferenziale per riconoscere subito «il Grande Fratello».
(Fonte: Corriere della Sera)
Non sono neuropsichiatria, ma il sospetto (e qualcosa di più) già l’avevo…
Attenti fratelli…al Grande fratello…
E’ solo un episodio.
Del quale si può anche sorridere.
Ma che evidenzia – secondo me - il grave problema della mancanza di una regolamentazione del conflitto tra il possesso di un enorme potere di formazione dell’opinione pubblica e l’effettivo svolgimento di un’azione nella sfera politica, il cui successo, in democrazia, dipende dalla più larga possibilità che un’opinione pubblica si formi liberamente.
Il problema non è tanto, o solo, che il più potente possessore di reti televisive commerciali abbia intrapreso la carriera politica, quanto che l’abbia intrapresa proprio perché era diventato un potente possessore di reti televisive, ed aveva capito che questa sua posizione gli avrebbe permesso di giungere più rapidamente alla meta che si era proposto (del resto “Il Corriere della Sera” di oggi dice esplicitamente a proposito della legge Gasparri “...è la conferma che quel provvedimento serviva solo a sistemare gli affari di un notorio gruppo televisivo privato”).
Il potere economico di Berlusconi non è stato una semplice occasione per concorrere alla conquista del potere anche politico. Ne è stato la causa determinante.
Ci troviamo di fronte alla intenzionale e ben calcolata trasformazione in potere politico di un potere economico che è, per la sua specificità, esso stesso fondamentale in una democrazia di massa per conquistare il potere politico.
L’anomalia è quella che riguarda il rapporto tra potere politico e potere televisivo (e l’informazione e la formazione).
Già il fascismo aveva cercato di creare consenso (e in parte ci era riuscito, almeno per un certo periodo) con la censura e l’informazione pilotata, ma anche con le adunate del sabato, l’attività sportiva, le gite sociali, il dopolavoro.
Nel tentativo di plasmare l’uomo nuovo fascista.
E la resistenza al fascismo fu più difficile proprio perché la dittatura cercava di mostrare i tratti “morbidi”, plasmando coscienze e cervelli.
E’ quello che – mutatis mutandis – sta accadendo ora, col tentativo di creare l’”uomo nuovo” berlusconiano (andarsi a rileggere Pasolini).
Come diceva Gaber: non mi fa tanto paura Berlusconi in sé, quanto Berlusconi in me.
Mai come ora il nostro cervello (e la nostra coscienza) è nelle nostre mani…e non abbiamo alibi.
Né ci saranno concessi tempi supplementari.

postato da carnesalli | 08:50 | commenti (6)
politica, societa, idee

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