ABBECEDARIO A MODO MIO

ABBECEDARIO A MODO MIO


"IL CONTRARIO DELL'AMORE NON E' L'ODIO, MA L'INDIFFERENZA. IL CONTRARIO DELLA VITA NON E' LA MORTE,MA L'INDIFFERENZA QUALSIASI COSA SCEGLIATE, MIEI GIOVANI AMICI, NON SIATE INDIFFERENTI" E.Wiesel

Sono particolarmente sensibile ai problemi sociali e a quelli delle persone più deboli: faccio del mio meglio perché si affermino i diritti di cittadinanza, di libertà, di eguaglianza, di giustizia, del lavoro, allo studio, a essere curati.
Credo in una società aperta, solidale, protesa al futuro, ma un futuro di equità e fratellanza.
Credo che ciò debba essere raggiunto assieme a tutti gli uomini di buona volontà che non hanno una visione egoistica della vita.
Alla domanda posta dai versi di una canzone "...Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità, farmi umile e accettare che sia questa la realtà?", vorrei che di me si dicesse, parafrasando ancora i versi del medesimo cantautore: "Ha avuto la forza che serve a camminare, ...e comunque la sua parte l'ha potuta garantire".
(Introduzione de "Abbedecedario a modo mio", del sottoscritto, Euzelia edizioni)

venerdì 13 gennaio 2012

MAGGIO 2005

lunedì, maggio 30, 2005
 
M – Merd (non è mia, è di Cambronne)
La vicenda del referendum francese sulla costituzione europea mi ha fatto venitre in mente una discussione che ho avuto con Floreana tempo fa.
Io già allora sostenevo il "sì".

Breve tentativo di risposta – dialogo - confronto a quanto mi ha scritto Floreana: “… credo che, fino a quando la politica estrometterà i bisogni reali, i desideri,e anche la spiritualità (intesa questa come interiorità) delle donne e degli uomini, abbiamo poco da recriminare, fare analisi sociologiche e affini.
Oggi siamo qui a parlare dell'America e della sconfitta degli uomini e delle donne onesti/e, della legalità, della tolleranza ecc.ecc.
Bene, sono d'accordo.
Sarebbe bene, però, che cominciassimo una riflessione e conseguentemente ci attivassimo per questa europa che ha firmato una costituzione, che invece, di opporsi al modello bushiano (e sempre accoliti),paurosamente, le si avvicina...”
++++
“Quando ci si trova davanti a un ostacolo
la linea più breve tra due punti
può essere una linea curva”
(B.Brecht)
Credo che tu abbia in gran parte ragione.
Ma credo anche nella politica dei piccoli passi.
Che qualche volta, come sui sentieri di montagna, allunga la strada per arrivare all’obbiettivo (che però deve essere sempre ben chiaro, lì davanti).
Pensa solo se il nostro governo non avesse dovuto rispondere all’Europa quanto spazio in più avrebbero avuto i leghisti xenofobi, fautori della politica di conservazione della razza italica (Gentilini parlava di “razza Piave”) e delle cannonate agli immigrati, che oggi chiedono il referendum per abrogare una costituzione che nella “Carta dei diritti fondamentali” vieta le espulsioni collettive, e dispone che nessuno può essere allontanato, espulso estradato verso uno stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o pene e trattamenti degradanti (art. 19).
Pensa alla campagna scatenata per l’abolizione dell’art. 18: nella costituzione al capitolo “Solidarietà” si proclama il diritto dei lavoratori alla consultazione e informazione nelle imprese, alla “tutela contro ogni licenziamento ingiustificato” e “a condizioni di lavoro sane, sicure, dignitose”.
E al Capitolo “Uguaglianza” si parla di bioetica, diritto a una buona amministrazione, protezione dei consumatori, protezione dei dati personali, integrazione delle persone handicappate.
Ripensando a Buttiglione (o a Castelli che non vuole ratificare il mandato di cattura europa sulla base dell’idea che razzismo e xenofobia sono opinioni e non reati), leggiamo: “E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle…e le tendenze sessuali”.
Pensa al conflitto di interessi e leggiamo “la libertà dei media e il loro pluralismo vanno rispettati”.
Pensa al valore in sé della pace tra questi paesi, che si sono combattuti fino a cinquant’anni fa.
C’è una certa rigidezza nei parametri economici, è vero: ma pensa a cosa sarebbe successo altrimenti a questo povero paese nelle mani dei ministri creativi della banda del buco.
Non sarà granchè, non ci piacerà del tutto: certamente la nuova costituzione rappresenta un ibrido, un compromesso.
Ma è qualcosa.
Ciascun paese dovrà osservare, se le ha, le sue norme se più avanzate; ma molti paesi con costituzioni, leggi e consuetudini più arretrate saranno costretti ad adeguarsi.
Ha scritto, all’incirca, M.Moore sul suo sito in occasione delle recenti elezioni americane: Kerry non sarà quello che vogliamo. Non è me e non è te. Ma lui si presenta. Noi no.
Sono certamente d’accordo che il nostro “desiderio” debba essere quell’insieme di valori e di moti dello spirito che fanno della persona (di molte persone) un crogiuolo di sentimenti, idee, progetti, cultura, dignità, principi, relazioni.
L’uomo non è solo ciò che mangia.
Quindi la politica non può essere solo meno tasse, più opere pubbliche…
Che pure ci vogliono.
L’uomo che ha come segno della sua matrice quel “desiderio”, deve considerare fondamentali la giustizia, il rispetto degli altri, il senso della misura, la mancanza di arroganza, il rispetto delle regole, della storia e della dignità altrui, la limitazione e non l’esaltazione della forza del denaro.
Per questo sento di essere lontano dal popolo degli azzurri o da quello di Bush.
Il ruolo della coscienza è coniugare i “principi” (che sono i tasselli del “desiderio”) perché si traducano in scelte concrete e politiche, non producendo solo fatti, ma una “storia collettiva”, per così dire popolare, che cambi il corso dei processi che determinano i bisogni.
La complessità della storia che stiamo vivendo impone risposte radicali, coraggiose, capaci di intravedere linee di sviluppo complessivo che siano inclusive e non emarginanti.
Un “sogno” coerente, un “progetto”compiuto, che comprenda certamente per intero, come dici tu, “i bisogni reali, i desideri, e anche la spiritualità (intesa questa come interiorità) delle donne e degli uomini”.
Che ci coinvolga tutti, e tutti insieme, in un progetto di "nuova società", non per un “conservatorismo compassionevole” (aberrante e pericolosa per esempio la proposta di una quarta aliquota Irpef sui redditi più alti, da imporre solo in caso di bisogno, come “carità”…cioè dando a titolo di concessione ciò che spetta di diritto).
Ognuno facendo la sua parte, cercando di essere innanzitutto, ciascuno di noi, secondo le parole di Ghandi, il cambiamento che vorrebbe vedere nella società.
Nella vita di ogni giorno, nel quotidiano, nei rapporti interpersonali dov'è altrettanto difficile: non come l'abito buono da mettere nei giorni di festa, ma come scelta di vita.
Nell'impegno per una società più giusta, con meno disuguaglianze, perchè essa sia meno "violenta".
Cominciando da meccanismi che limitino il mercato, da modalità che ci consentano di recuperare consapevolezza dei nostri comportamenti (maggiore attenzione ai nostri consumi, ai nostri investimenti, ai modelli di sviluppo, alla vita delle persone).
Sostituendo magari alcune parole con altre, fino a che diventino “senso comune”: persona invece che consumatore, consapevolezza invece che realtà virtuale, sobrietà invece che consumismo, sviluppo umano invece che crescita dell’economia, qualità invece che quantità, lentezza invece che velocità, valori invece che interessi, solidarietà invece di utilitarismo, equità invece che efficienza.
Un passo alla volta.
Ma nella direzione giusta.
E senza stancarsi mai.
In modo che la “politica” si accorga di noi.
Perché un mondo diverso è davvero possibile.
Con tanto allenamento...
“Questo è quel pergolato
e questa è quell’uva
che la volpe della favola
giudicò poco matura
perché stava troppo in alto.
Fate un salto,
fatene un altro.
Se non ci arrivate
riprovate domattina,
vedrete che ogni giorno
un poco si avvicina
il dolce frutto;
l’allenamento è tutto.”
(G.Rodari)

Che aggiungere ad allora?
Che non credo che un no di pancia che mette assieme socialisti, comunisti, trotkisti, Le Pen e il Visconte de Villiers possa darci speranze di futuro migliori di quelle che abbiamo, ma che spero s possano riprendere i fili per costituire un ordito che vada bene a tutti, che contenga valori condivisi. 
Non è un caso che quando l'Italia  ha ratificato a larghissima maggioranza lo ha fatto senza il voto del nostro ineffabile Presidente del Consiglio, impegnato altrove. (Ricordate quel giorno a Roma? Saremo il primo paese a ratificare la Costituzione, riunirò oggi stesso il Consiglio dei Ministri… istrione insuperabile…).
Non è un caso che oggi esulti la Lega.
I giudizi sulla Costituzione Europea (e sui trattati che contiene, non dimentichiamolo) possono essere diversi.
Mi piace comunque riportare l’art. 1 di questa Costituzione, per ricordarlo a tutti anche ai più distratti, più o meno consapevolmente.
“L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a una minoranza. Questi valori sono conosciuti agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità fra donne e uomini”.
Molti parti si potranno discutere: ma nelle premesse mi trovo a casa mia.
postato da carnesalli | 08:35 | commenti (5)
controcanto, villaggioglobale

giovedì, maggio 26, 2005
 
S- Stesso pianeta / Italia-Africa 2005





Sono da sempre sensibile ai problemi dell’Africa.
Vorrei allora ricordare che si conclude sabato con una manifestazione nazionale e un grande concerto in piazza del Popolo a Roma la manifestazione Italia-Africa 2005 iniziata il 17 maggio sotto lo slogan «Lo sviluppo vince la povertà».
L’iniziativa è promossa da Comune e provincia di Roma, sindacati confederali, Fao, Unicef, la Comunità africana della capitale, Ong e tante associazioni da Sant'Egidio al Wwf, a Legambiente. Obiettivo: richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sui problemi del “continente nero” e sulle «ingiustizie, le guerre e le nuove schiavitù che oggi soggiogano miliardi di persone e per rafforzare l'impegno per la pace, per la giustizia e per la prosperità per ogni essere umano e per ogni comunità». (http://www.italiafrica.it/).
Ancora oggi infatti in Africa più di quattrocento milioni di persone soffrono la malnutrizione e la mancanza di accesso all’acqua. Circa 120 milioni di bambini non vanno a scuola (il 53% sono femmine) e sei mila giovani al giorno contraggono l’Hiv.
Se non si ridurranno i prezzi dei farmaci retrovirali e non si affermerà la cultura della prevenzione, tra 20 anni vi saranno più di 90 milioni di sieropositivi che si aggiungeranno agli attuali 25,4 milioni. Il 10% degli africani sarà condannato a morire di Aids.
In Africa una donna su 16 - nei paesi industrializzati una su 2.800 - rischia di morire di parto.
L’Italia, insieme con gli Stati Uniti, è infatti il “fanalino di coda” rispetto all'impegno previsto dalla «Dichiarazione del millennio» siglata nel 2000 da189 Capi di Stato e di Governo e che impegna a destinare lo 0,7% alla cooperazione allo sviluppo. Ma la media attuale tra tutti i paesi donatori è solo dello 0,23%. Ossia 56 miliardi di dollari all’anno. Mentre le stime della Banca Mondiale e dell’Onu affermano che basterebbero 50 miliardi di dollari all’anno in più per realizzare gli obiettivi.
Spettacoli, mostre e dibattiti organizzati nell’ambito della manifestazione Italia –Africa hanno lo scopo di evidenziare questi problemi e chiedere ai paesi industrializzati di «cancellare il debito dei Paesi più poveri, abolire i brevetti sui farmaci per la lotta alle grandi malattie, porre un embargo alla vendita delle armi».
Non per un gesto di carità, allora, ma un ascolto reciproco, per rompere il silenzio che avvolge l'Africa. Nell'interesse di un mondo oggi sconvolto dalle guerre.
Un'iniziativa popolare: non un gesto compassionevole, non la lacrimevole attenzione per i bambini che muoiono di fame. Un modo per richiamare l'attenzione su un continente pieno d'energie e risorse materiali, costretto, anche per responsabilità occidentali, a soffrire i mali che soffre.
E' ora che l'occidente si assuma le sue responsabilità di creare le condizioni perchè gli africani con le loro culture e le loro capacità riescano a sortirne.
E' un modo per dimostrare che non c'è uno scontro di civilità, che le culture possono incontrarsi (e così battere il terrorismo).
Che è male pensare alla relazione senza differenza e alla differnza senza relazione.
Un cammino col pensiero rivolto alle troppe ingiustizie che spezzano in due il nostro pianeta, a un divario, quello tra nord e sud del mondo, che invece di diminuire si fa sempre più profondo.
842 milioni di persone nel mondo soffrono la fame, più di un miliardo non ha accesso all'acqua sicura. Ogni giorno muoiono 30 mila esseri umani - ogni anno 13 milioni di persone e tre di questi sono bambini - a causa di banali malattie infettive.
Il destino dell'Africa dipende anche da noi.
Occorre orientare la globalizzazione verso obiettivi di sviluppo sociale e di giustizia, sconfiggendo politiche liberiste e protezioniste, indicando una nuova strada di cooperazione.
Occorre che il futuro dell'Africa sia pensato dagli Africani, soprattutto dai più giovani che vogliono vivere in pace non soffocati dal debito e dalla miseria, costretti a fuggire dalla propria terra. Trovando qui gli stessi che li hanno costretti a fuggire che li vuole "accogliere" a cannonate.
Cancellazione del debito, embargo sul commercio delle armi, nuove regole per la produzione de vendita di farmaci, fondi per combattere povertà e malattie, prevenzione dei conflitti, sostegno ai processi di democratizzazione, affermazione dei diritti umani, sociali, economici e politici per ciascuno.
Sono questi gli obiettivi essenziali per costruire un futuro nuovo.
Abbecedario di crede.
E aderisce (purtroppo questa volta solo virtualmente) alla manifestazione.

postato da carnesalli | 13:35 | commenti (7)
mondialita, villaggioglobale

lunedì, maggio 23, 2005
 
C - Capriccio indomabile
Don Chisciotte, di Ferando Savater (da Micromega)
…A mio avviso, il nocciolo di senso del grande romanzo cervantino è racchiuso in poche parole che Sancio Panza pronuncia afflitto alla fine del romanzo, accanto al letto su cui agonizza quello che è stato così a lungo e con tanto avversa fortuna padrone della sua volontà: “Non muoia, signore mio, ma accetti il mio consiglio e viva molti anni, perché la maggior pazzia che può commettere un uomo in questa vita è lasciarsi morire lì per lì, senza motivo, senza che nessuno lo ammazzi, né altre mani lo finiscano, se non quelle della malinconia”.


Ecco la cifra e il messaggio dell’intero libro.
….
Sancio capisce che gli sforzi donchisciotteschi si sono concentrati nella prolungata battaglia contro la necessità mortale che opprime l’uomo: un non lasciarsi morire, un resistere alla paralisi dell’abitudine, del realismo, del progressivo annichilimento. Tutta l’avventura chisciottesca era un capriccio, ma un capriccio indomabile; pura demenza, se ammettiamo che il buon senso sta nel riconoscere e accettare la necessità, ma una demenza in grado di salvare la nostra umanità, la nostra tempra di essere attivi, simbolici e portatori –almeno davanti a noi stessi – di significato. Don Chisciotte è il santo patrono e martire dell’umana invenzione di propositi per la vita.
Se non siamo inconsistenti, se quello che ci caratterizza è la libertà e quello che ci condanna è la necessità, la vera follia consiste nello scendere da cavallo e coricarsi a morire. Che ciascuno perisca per qualche causa esterna, per il cattivo incontro che prima o poi tutti facciamo, secondo l’avvertimento di Spinoza, per la cospirazione inopportuna di ciò che non siamo e di ciò che ci sbarra la strada…ma non accettiamo mai di morire per la mera rinuncia a vivere come umani, vittime della malattia del “non c’è più nulla da fare” e abbattuti dalla letale malinconia, perché simili dimissioni sono la vera follia, la follia senza riscatto né perdono, la follia la cui verità non mente, ma ci smentisce e ci annienta!
….
Per sottrarci alla morte, bisogna scegliere un’impresa, una crociata, uno scopo che si stimi invulnerabile e che ci sproni a percorrere la faccia della terra – noi che ci sappiamo mortali, e l’unica cosa certa e inappellabile che conosciamo è la nostra irrevocabile mortalità – come se fossimo inaccessibili alla morte. Secondo Kant, il progetto morale umano non consiste nell’arrivare a essere felici, bensì nel renderci degni della felicità; ma Cervantes legge la stessa pagina intendendo che il progetto morale umano non si fonda sul diventare immortali bensì sul vivere come se meritassimo la immortalità…
…si possono immaginare molti altri vitali atteggiamenti alternativi, non meno efficaci…finchè il letale disinganno non ci risveglierà. Tali stravaganze saranno per la maggior parte etiche (ovvero consisteranno un una qualche formulazione dell’eterno dovere di lottare contro il male) e tutte quelle di tale indole risulteranno intrinsecamente piacevoli.
Lo ha detto…Chesterton “combattere il male è l’origine di ogni piacere e perfino di ogni divertimento”.

Rimane è chiaro, l’identificazione della malinconia come criminale da parte di Sancio: è lei a ucciderci da dentro, senza bisogno dell’intervento di mani esterne, quando impazziamo di senno.

Perché la malinconia è la malattia mortale che ci affligge nel senso letterale del termine: è la malattia tipica di chi si sa mortale e basandosi sul realismo della necessità comprende l’inutilità di ogni sforzo umano. Per quanto facciamo, sarà sempre insufficiente e rimarrà sempre troppo da fare: l’ingiusta cospirazione universale finirà sempre per schiacciarci, sicchè tanta pena non vale la pena.
….La malinconia ci obbliga a vivere con un piede nella fossa.
L’umorismo cervantino sfida la malinconia e propone un personaggio delirante e valoroso capace di fronteggiarla, nell’intento di correggere il mondo, conquistare l’amore perfetto, smascherare il complotto stregonesco che ci sottomette al peso spossante delle cose e praticare con eleganza la più alta forma di amicizia.

Il progetto etico non viene sconfitto quando non riesce a vincere il male, dato che ci saranno sempre vecchi e nuovi mali da attaccare…grazie  a Dio. L’autentico, l’unico fallimento dell’etica è non sapere vincere la paralizzante pigrizia…e il nostro hidalgo è tutto meno che pigro.

Quando ad esempio in spiaggia un bambino piccolo ci comunica che sta innalzando una muraglia di sabbia per contenere il mare e poi contempla desolato la rovina della propria costruzione, noi non scoppiamo a ridere né tantomeno a piangere: sappiamo che sta patendo la distruzione di Gerusalemme, ma anche reinventando i viali luminosi di Parigi o i fieri grattacieli di New York. Davanti al suo sforzo glorioso, davanti al suo non meno glorioso fallimento, sorridiamo.
Quel bambino è ancora Don Chisciotte e noi siamo già Sancio Panza alla fine del romanzo: comprendiamo il suo sconcerto e il suo passeggero avvilimento, ma desideriamo con tutte le nostre forze che continui.
Per questo sorridiamo, per dargli e darci coraggio…



P.S. Per Clementina 

P.P.S. 12 giugno referendum  

postato da carnesalli | 08:21 | commenti (15)
idee, omelie, leparoledeglialtri

martedì, maggio 17, 2005
 
L – “Lavorerai col sudore della tua fronte” (Gen, 3, 19)
(Ma perché proprio io? Non si potrebbe fare a turno?)
Non ho mai pensato che fosse bene aggiungere anni alla vita (per quanto…), ma piuttosto aggiungere vita agli anni.
Che insomma non sia tanto importante la “lunghezza” della vita, quanto la sua “larghezza”.
Per dire, per esempio, che ho sempre cercato di soddisfare le mie “passioni” (ne ho già parlato).
Per dire, per esempio, che ho sempre cercato di spendermi fino in fondo nelle cose che faccio, e per ciò in cui credo.
Per dire, per esempio, che ho sempre cercato di “succhiare” il nettare della vita.
Per dire, per esempio, che ho sempre cercato di coniugare utopia e realtà (con una leggera predilezione per la prima…)
Per dire, per esempio, che ho sempre preteso che lo specchio non mi restituisse una immagine di me della quale provare rimorso o vergogna (mi viene difficile fare il ruffiano e il confidente…).
Per dire, per esempio, che ho sempre cercato di lavorare per vivere e mai ho vissuto per lavorare.
Mi vengono in mente – per una spontanea associazione di idee - le parole (vado a memoria) della, secondo me, più bella canzone di Gaber (il primo Gaber): Maria.
Chiedo scusa se parlo di Maria,
non nel senso di un amore non conviene…
Quando dico parlare di Maria voglio dire
di una cosa che conosco bene…
Certamente non è un tema affascinante
in un mondo così pieno di tensioni…
Maria la libertà, Maria la rivoluzione
Maria il Vietnam, la Cambogia,
Maria… la realtà!
Non pensavo, dopo una vita passata a imparare a spiccare il volo (ma come l’aquilone, sempre con i piedi per terra…), di ritrovarmi con quintali di sabbia sulla coda; di ritrovarmi a dover lottare proprio col lavoro, che sta assorbendo gran parte delle mie energie fisiche e mentali, che sta schiodando lentamente tutte le mie impalcature interne.
E io sempre lì, a darmi da fare con martello e cacciavite…
Ma ci sono giorni che non riesco, che l’impalcatura traballa al punto che sembra debba crollare da un momento all’altro, che lo “tsunami” emotivo che mi assale sembra poter avere il sopravvento.
E qualche volta ce l’ha…
Non credo sia neppure giusto che passi tanto del mio tempo e utilizzi tante delle mie energie a riavvitare i bulloni della mia vita (spesso con risultati deludenti).
Rivincita di Maria?
No, non è questa la realtà!
Piuttosto un incubo, un maledetto tunnel del quale non intravvedo neppure uno spiraglio di luce sul fondo.
E cominciano a mancare le forze; e in più di una occasione penso davvero di non farcela.
E oggi sento la necessità di dirlo, anche a costo di passare per un vecchio che racconta sempre lo stesso episodio vissuto in guerra.
Ma lui, almeno, la sua, di guerra, l’ha finita.

AAA cercasi….
postato da carnesalli | 13:01 | commenti (23)
sfoghi

giovedì, maggio 12, 2005
 
M – Mo(n)do (in che M. viviamo)?
“Chi rapisce la gente viene punito.
E chi rapisce le masse?”
(S.J.Lec)
Ogni tanto inciampo in qualcuno (ne ho già parlato da qualche parte) che mi dà dell’esagerato.
Mi capita di discutere con un collega che chiamo “Facta” (primo ministro all’epoca di Mussolini: passato alla storia per la frase “nutro fiducia”; e si è visto come è andata a finire).
Benaltrista allo stato puro: il problema è sempre un altro; più spesso, non c’è problema.
Oh, può essere che per me ci sia sempre, ma mi pare che non sia facile vivere nell’Italia di oggi.
La crisi culturale e politica (che mi pare evidente) credo produca negli italiani che non hanno ceduto la propria coscienza all’ammasso di qualche sogno più o meno improbabile uno stato d’animo di incertezza, di timore, inquietudine di fronte ad una paese che sembra aver smarrito il senso del suo percorso verso il futuro (in me lo produce senz’altro).
E anche un’informazione che fornisce (quando le fornisce) tessere che non vengono collegate mai al mosaico di cui fanno parte non aiuta.
Mi chiedo fino a che punto tutto questo non dipenda dal particolare momento politico che attraversa il paese dopo l’avvento al potere di un leader, più o meno carismatico, che porta nel suo governo un pesante conflitto di interessi e una concezione aziendalistica delle istituzioni che si basa sul denaro, sul successo immediato, sui clan di amici e amici degli amici.
Non dipenda dalla degenerazione della vita politica e sociale che si collegano al passato e che premono sul presente, ed accanto ad esse le conseguenze di quella svolta che è avvenuta tre anni fa e che ostacola l’uscita dal passato meno accettabile, e che sembra ogni momento riemergere.
Non dipenda da una società dei consumi giunta all’esasperazione per cui siamo il terzo paese al mondo nella diffusione dei telefoni cellulari ma uno degli ultimi nella spesa per la ricerca scientifica.
E ancora la distruzione di qualsiasi forma di morale ed etica collettiva in nome del dio televisivo, del consumo effimero, del successo individuale perseguito con ogni mezzo, lecito o no.
Nuovo protagonista sociale mi pare diventare sempre più l’egoismo, anche nelle forme più morbide di disinteresse.
Una perdita progressiva di senso da parte degli individui come dei gruppi sociali, insomma una crisi morale e culturale di un paese che pure ha conosciuto momenti di mobilitazione delle coscienze, ma che ultimamente sembra a me più incline al sentimentalismo che ai sentimenti.
Queste cose le diceva Pasolini trent’anni fa. E aveva ragione.
Si chiedeva Bobbio “se il berlusconismo non sia una sorta di autobiografia della nazione,dell’Italia di oggi”.
E più ironicamente Gaber sosteneva di temere di più “il Berlusconi in me che il Berlusconi in sé”.
Ecco mi pare che sia un virus che gira nell’aria e che sia molto contagioso.
Ha scritto Beha nel suo ultimo libro “che altro era il berlusconismo se non un’abitudine comprata al mercato solo con discorsi o similia, e una rinuncia alla dialettica comunque dolorosa o dolorante tra ciò che si mantiene e ciò che si cambia al mondo, per l’individuo e la collettività?”
Insomma una sorta si eterno e immobile presente televisivo, un tentativo di fermare il tempo.
E col tempo i cervelli.
Faccio male a tenere sempre in ordine il mio orologio?

postato da carnesalli | 12:59 | commenti (13)
societa, controcanto

lunedì, maggio 09, 2005
 
T- testa (prove di sopravvivenza con la …)
“Il sogno dei tiranni: tagliare la testa
ai cittadini e tenerli in vita.”
(S.J.Lec)
Solo alcuni spunti di riflessione e qualche notizia che forse può essere sfuggita.
Varie, di proposito.
Che spesso riguardano altri, e perciò noi.
A proposito di 25 Aprile, 1 Maggio e misteri italiani (e di “bizzarre” equiparazioni tra torturati e torturatori)
Secondo lo storico Giuseppe Casarrubea, siciliano, figlio di una delle vittime di Salvatore Giuliano, che da anni compie ricerche in archivi americani, e del quale tra poco uscirà un nuovo libro, il bandito Salvatore Giuliano che insanguinò la Sicilia negli anni del dopoguerra ed eseguì la strage di Portella della Ginestra il primo maggio 1947, era stato arruolato sin dal 1944 nella rete eversiva neofascista del principe Junio Valerio Borghese.
Il maggiore dei carabinieri Camillo Pecorella scriveva in uno dei rapporti sull’attività del clandestinismo fascista dei reduci della Repubblica di Salò nel maggio 1945: “Dante Magistrelli ha ricevuto istruzioni per una missione da svolgere nell’Italia liberata ed è da considerare un agente sabotatore. Non vi è il minimo dubbio che il soggetto appartiene ad una organizzazione di spionaggio e sabotaggio e che è stato reclutato tra i militi della Decima Mas. In Sicilia la banda Giuliano costituisce un fattore di grave disturbo dell’ordine pubblico, nell’interesse dei servizi segreti nazifascisti”
Tra il marzo e il maggio del 1945 il controspionaggio americano scoprì l’esistenza di una pericolosa rete di commando repubblichini ben finanziati.
Quelli a cui vogliono dare una medaglia e la pensione?
Quelli.
A proposito di democrazia, libertà, libertà di stampa.
Il 3 maggio è stata la giornata mondiale della libertà di informazione.
Gli americani di Freedom House (paradossi linguistici: Casa delle libertà. La versione italiana - ossimoro vivente - fa della censura e dell’epurazione la sua ragione sociale, quella americana indica un’agenzia fondata da Eleanor Roosvelt, diretta ultimamente da un pericolo sovversivo che fino a qualche tempo fa faceva il capo della Cia, che si occupa di denunciare i casi di censura ed epurazione. Ma deve essere un problema di traduzione: gli americani infatti chiamano guerra quella che noi chiamiamo pace…) hanno reso nota la classifica dei paesi dove la stampa è più libera: l’Italia, già degradata nel 2004 a paese semilibero, l’anno scorso era al 74° posto.
Quest’anno è andata meglio: è a 79°, dietro Namibia, Benin, Botswana, Timor est, Capo Verde e Bulgaria.
Però subito prima della Mongolia.
Sono soddisfazioni…
(su questa tema si può leggere un bel post di Loreanne)
A proposito di miracoli italiani (e pezze al culo. Ho il permesso di Don Milani; lui sosteneva infatti “chiameremo culo il culo, quando occorre: non una volta di più o una di meno”. E qui occorre…)
Malgrado le rassicurazioni del TGU e del governo tutto, a dispetto del Presidente del Consiglio che sostiene che se le cose vanno male è colpa nostra, secondo la Corte dei Conti sarà difficile per l’Italia mantenere il deficit sotto il 3,5% del il nel 2005. Anzi sarà probabilmente più alto.
Secondo la Corte – che esprime “motivi di seria preoccupazione” – il bilancio italiano ha subito nell’ultimo quadriennio un deterioramento strutturale. Senza le misure una tantum per complessivi 100 miliardi (ben 24 condoni!!!) il deficit sarebbe al 4,3%.
La corte segnala anche “difficoltà di attuazione del programma di dismissione di immobili e strade” (sic).
Il vero miracolo è che loro trovino ancora qualcosa da vendere (anche se ci hanno provato con le spiagge), e che noi si riesca a tirare avanti…
A proposito del mondo in cui viviamo: alziamo lo sguardo dall’orticello di casa (nulla avviene per caso)
Secondo il rapporto di Save the Children sulle “Vittime dimenticate della guerra: le ragazzine nei conflitti armati” (a proposito Floreana, che fine hai fatto?), sui 300.000 bambini arruolati in tutto il mondo da gruppi armati, 120.000 sono femmine; il 40%.
Spesso hanno combattuto e ucciso, più spesso hanno accudito i militari come cuoche o infermiere; o come mogli, eufemismo che nasconde una realtà di stupri e sfruttamento sessuale.
Sono 21.000 nello Sri Lanka, 12.000 nella Repubblica del Congo, 6.500 in Uganda.
Nella tragedia dei bambini soldato, le ragazzine sono le vere vittime: discriminate dai gruppi che le arruolano forzatamente e che le “usano”, dalle loro comunità che – se tornano vive – ne impediscono il reinserimento e lasciano loro aperta solo la strada della prostituzione.
E dalla comunità internazionale (noi) che non riesce a fare praticamente nulla per arginare il problema.
Forse perché troppo impegnata a farle le guerre, o a produrre armi…
P.S.  Anche se nessuno ce lo ricorda il 12 giugno in Italia si terrà un referendum.
Ogni volta lo ricorderò: Abbecedario invita tutti, comunque la pensino, ad andare a votare, con l’impegno per ciascuno di portare almeno un’altra persona.
Qualche informazione su:
cercandolibertà
comitato per il referendum
postato da carnesalli | 08:15 | commenti (11)
politica, controcanto, economia - articoli

mercoledì, maggio 04, 2005
 
12 dicembre 1969 - 3 maggio 2005
(dal Corriere della Sera 14 novembre 1974.)
"Che cos'è questo golpe?"
Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum.
Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista).
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killers e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere.
Credo che sia difficile che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti.
Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile..."
Pierpaolo Pasolini

(Nota: Pierpaolo Pasolini, autore del brano, verrà assassinato, in circostanze mai pienamente chiarite, al Lido di Ostia il 22 novembre 1975, un anno dopo aver scritto l’articolo, dal quale è tratto questo brano, sul Corriere della Sera. )

postato da carnesalli | 08:12 | commenti (9)
memoria, controcanto, fessono

martedì, maggio 03, 2005
 
Dedicato a Mirella
(vedi il commento al post precedente)
E' abbastanza leggero questo post?


















Scegli tu la frase che ti piace di più:
"Voi dite che stiamo precipitando dan la mer? Ma no... sotto di noi c'è il mare" (Totò);
"Se hai costruito castelli in aria, il tuo lavoro non andrà perduto. Perchè è proprio lì che devono stare. Adesso, mettici le fondamenta" (Thoureau)
postato da carnesalli | 15:06 | commenti (2)
 
R – Revisionismi
Che sia in atto un tentativo di revisionismo storico è sotto gli occhi di tutti, e l’abbiamo ripetuto più volte.
L’ultima bozza uscita dal Ministero dell’Istruzione a proposito dei programmi di storia per il “nuovo” liceo è significativa: con la riduzione delle ore di scuola, le ore di storia si riducono a due in tutti gli indirizzi e il programma dell’ultimo anno si segnala per lo scarso spazio dedicato al periodo successivo alla prima guerra mondiale (in controtendenza alla abortita riforma Berlinguer).
Qui sono scomparse le due parole che indicano i fenomeni nuovi del primo dopoguerra: il fascismo con il nazionalsocialismo tedesco e il comunismo e al loro posto si parla di un fenomeno unico cioè “le origini del fenomeno totalitario e la diffusione dei regimi autoritari”.
L’accenno alla Shoah arriva poi all’improvviso, come “espressione” della seconda guerra mondiale.
Insomma il risultato più importante che si vuole ottenere è quello di togliere al fascismo la sua specifica personalità, la sua capacità di espansione europea e le sue caratteristiche che così profondamente hanno segnato la nostra storia.
Il tutto confuso in un magma indistinto, annegando in una sorta di fenomeno totalitario che non distingue i diversi fenomeni, che rende fascismo e comunismo in tutto eguali e non spiega perché l’Italia è stato il primo Stato liberale a vedere crollare le sue libertà fondamentali.
Parallelamente un certo “Centro Italiano di documentazione Azioni studi” sta inviando gratuitamente ai dirigenti scolastici dei licei, invitandoli ad acquistarlo a condizioni speciali, un “Breve corso di storia patria ad uso dei politicamente non corretti” a cura dell’economista Sergio Ricossa che in dieci capitoli ricostruisce la storia italiana degli utili centocinquanta anni.
Basta accennare alla presentazione per capire dove si vuole andare a parare: “La storia patria ci viene solitamente offerta in una visione ufficiale e politicamente corretta per cui il bene e il male sono nettamente separati e il male supremo è il fascismo, il bene supremo è la resistenza…” si tratta di rovesciare simili pregiudizi “a favore di una verità che sempre molte facce”.
Compresa, dico io, la faccia di bronzo di chi ha festeggiato il 25 aprile a Predappio o di chi vuole equiparare i militi dell’esercito di Salò a tutti i militari cobelligeranti della seconda guerra mondiale.
Ci stanno riscrivendo la storia, stanno prendendo a picconate la memoria comune, stanno dando calci ai valori fondanti la nostra Repubblica. (e la lettura di quel libretto è illuminante).
Un motivo in più per leggere, informarsi e informare.
E mandare a casa questa gente.
postato da carnesalli | 13:38 | commenti (2)
memoria

domenica, maggio 01, 2005
 

It's for you, Nicola.
Almeno, andiamocene...


postato da carnesalli | 18:35 | commenti (6)
persone

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