ABBECEDARIO A MODO MIO

ABBECEDARIO A MODO MIO


"IL CONTRARIO DELL'AMORE NON E' L'ODIO, MA L'INDIFFERENZA. IL CONTRARIO DELLA VITA NON E' LA MORTE,MA L'INDIFFERENZA QUALSIASI COSA SCEGLIATE, MIEI GIOVANI AMICI, NON SIATE INDIFFERENTI" E.Wiesel

Sono particolarmente sensibile ai problemi sociali e a quelli delle persone più deboli: faccio del mio meglio perché si affermino i diritti di cittadinanza, di libertà, di eguaglianza, di giustizia, del lavoro, allo studio, a essere curati.
Credo in una società aperta, solidale, protesa al futuro, ma un futuro di equità e fratellanza.
Credo che ciò debba essere raggiunto assieme a tutti gli uomini di buona volontà che non hanno una visione egoistica della vita.
Alla domanda posta dai versi di una canzone "...Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità, farmi umile e accettare che sia questa la realtà?", vorrei che di me si dicesse, parafrasando ancora i versi del medesimo cantautore: "Ha avuto la forza che serve a camminare, ...e comunque la sua parte l'ha potuta garantire".
(Introduzione de "Abbedecedario a modo mio", del sottoscritto, Euzelia edizioni)

venerdì 13 gennaio 2012

NOVEMBRE 2005

martedì, novembre 29, 2005
 
C- Cultura (chi ha paura della?)
” Investire nella cultura è una necessità per noi italiani. Se funzionano i nostri musei, il nostro cinema, il teatro e la musica, allora funziona meglio tutta la società italiana, compresa l’economia”.
(C.A.Ciampi, 28.11.2005)
La stretta di Tremonti dopo anni di fallimenti di politica economica (e non solo) di questo governo é arrivata anche alla cultura.
I Soprintendenti e i direttori dei musei, delle aree archeologiche, degli archivi e delle biblioteche dello Stato non hanno più i soldi per i francobolli, per il telefono, per la stessa tassa sui rifiuti
Da tempo si usano i fondi straordinari del Lotto del mercoledì (oggi divenuto quotidiano), voluto dal ministro Veltroni per finanziare restauri, per far fronte alla spesa corrente.
Con la prossima Finanziaria, che toglie al bilancio di previsione 200 milioni di euro e al Fui altri 125 milioni, il collasso è assicurato. Nell'ultimo quinquennio, i fondi per il funzionamento, cioè per la sopravvivenza degli Istituti, sono stati già tagliati della metà.
Se il cinema, il teatro, la musica e la danza, giustamente, denunciano un salasso di oltre 250 milioni di euro, fra Fus e altre leggi, il sistema della tutela statale, i musei, i siti archeologici, gli archivi, le biblioteche non stanno meglio.
Del resto questo è un Paese che destina alla cultura appena lo 0,16 per cento del suo Pil, contro lo 0,50 della media europea, contro lo 0,35 del Portogallo, lo 0,9 della Spagna, l'1 della Francia e addirittura l'1,35 della Germania. Un autentico suicidio, oltre tutto: nell'anno in corso, col turismo italiano in piena crisi, l'unico settore che «tira» è quello culturale, quello delle città d'arte, con un picco del 15 per cento a Pompei, con punte più che significative a Roma, a Firenze, a Venezia, a Palermo, ecc.
Il governo Berlusconi progetta dunque di sottrarre altre risorse ad uno dei pochi settori che potrebbe crescere,il turismo. Ma alla crisi strutturale dei musei e delle pinacoteche statali si sta aggiungendo quella dei musei e delle pinacoteche civiche a causa della sottrazione di risorse alle autonomie locali.
Le raccolte civiche sono ben 1.500 e si chiamano Musei Capitolini a Roma, Correr a Venezia, tutti i musei a Brescia, Castello Sforzesco a Milano, Palazzo Bianco e Palazzo Rosso a Genova, ecc.
In sede nazionale, i funzionari dei Beni culturali stanno ormai fra i 50-55 anni: senza concorsi, fra dieci anni, la «specie» sarà estinta. Forse è quello che si vuole a livello politico nazionale: dare un colpo decisivo al Ministero stesso, ai Musei che più fanno gola ai privati, trasformandoli in Fondazioni (ovviamente, con fini di lucro, all'opposto di quelle americane). Si spiega così come, nello scorso anno, contro i 65,9 milioni di euro richiesti, dopo infinite limature, dai Soprintendenti, il governo ne abbia concessi soltanto 26,8, condannando strutturalmente all'inedia gli organismo portanti della tutela e della conservazione. Rispetto ai piani del Ministero stesso, risultano vacanti oltre cento posti statali di archeologo, quasi duecento di archivista, 63 di bibliotecario, 39 di architetto, 91 di funzionario amministrativo.
Nell'area della vigilanza latitano oltre seimila custodi.
E non va certo meglio nella scuola.
Saranno infatti almeno 42 mila le cattedre che la riforma Moratti taglierà nei prossimi anni. Per ottenere questo numero basta sommare i 6 mila posti derivanti dal calo delle ore di lezione nei gli otto licei "riformati", il passaggio - con tutto quello che ne deriva - dell'istruzione professionale (Ipsia e alberghieri) alle regioni e le cattedre che viale Trastevere racimolerà dall'ex scuola elementare, ora primaria. Mancano all'appello le centinaia di sperimentazioni avviate in questi anni, che saranno ovviamente cancellate, e i posti che il ministero dell'Istruzione conta di tagliare alla scuola media (ora secondaria di primo grado) attraverso il giochetto delle ore obbligatorie e facoltative.
Inoltre la versione ufficiale del decreto approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 14 ottobre riserva qualche sorpresa inaspettata: rispetto alla versione finora conosciuta, l'orario complessivo dei licei economici e di quelli tecnologici (il grosso dell'attuale istruzione superiore) è stato rosicchiato di un'altra manciata di ore.
Solo al superiore, in base ai nuovi quadri orario degli otto licei, salteranno non meno di 6 mila cattedre e altre 13 mila saranno tagliate nell'attuale istruzione professionale che, come appare ormai certo, sarà affidata alle regioni. Le quali avranno il compito di organizzare l'offerta formativa, i percorsi e l'orario annuale degli stessi. Dal quadro tracciato dal decreto mancano completamente gli istituti professionali: il decreto non li regolamenta e rimanda alle regioni. Che fine faranno questi istituti?
Si parla di percorsi triennali e quadriennali (con monte ore annuale minimo di 990 ore: pari a 30 ore settimanali) che al termine rilasceranno "il certificato di qualifica professionale" (per i percorsi triennali) o "il diploma professionale" (per quelli quadriennali). Gli stessi titoli attualmente rilasciati dagli istituti professionali, ma con l'accorciamento del percorso massimo da 5 a 4 anni. Nell'attuale ordinamento l'istruzione professionale prevede un triennio con 40 ore settimanali (pari a 120 ore) e un biennio con 15 ore l'anno (altre 30 ore) più 350/450 ore di area professionalizzante. Tralasciando quest'ultima, i nuovi percorsi quadriennali perderanno, rispetto all'assetto attuale, 30 ore settimanali e quelli triennali addirittura 60 ore.
Nel secondo segmento della scuola superiore per numero di alunni - 26.035 classi di Ipsia e alberghieri - dopo l'area tecnica - che occupa 52.427 professori e 545.872 studenti - si perderebbero più di 13 mila cattedre. Passando agli otto licei si capisce che le cose non cambiano di molto.
In tutti i licei, il tempo scuola/alunni viene ridotto rispetto all'attuale, le ore di lezione obbligatorie si ridurranno da un massimo del 12 per cento a un minimo del 6 per cento. Calo che colpirà maggiormente gli istituti tecnici, che con 892.008 alunni iscritti oggi rappresentano di classi il 37 per cento del totale. Se le scuole non saranno abbastanza convincenti nei confronti di alunni e famiglie per ciò che concerne le ore opzionali, tale riduzione oraria porterà alla cancellazione di almeno 6 mila cattedre.
Per svelare l'intenzione di decimare gli organici della scuola, basta leggere le norme finali e transitorie del Decreto che, in una prima versione, era davvero chiaro. "Gli interventi di riconversione del personale docente, eventualmente necessari, anche al fine di trasferimenti in altri comparti della pubblica amministrazione, saranno programmati dal ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, di concerto con il ministro per la Funzione Pubblica", era scritto a chiare lettere. Norma un po' troppo impopolare, che nella versione finale diffusa da viale Trastevere è stata addolcita nel seguente modo: "Al fine di assicurare il passaggio graduale al nuovo ordinamento, fino alla messa a regime del sistema dei licei, la consistenza numerica della dotazione dell'organico di diritto del personale docente resta confermata nella quantità complessivamente determinata per l'anno scolastico 2005/2006".
Del resto è di questi giorni la conferma che i tagli per la scuola saranno di 1.068 milioni di euro, e già si parla di numero chiuso anche per i licei.
Piero Fassino di recente – durante un convegno sul teatro - riferendosi alle rivolte nelle banlieu delle città francesi, ha sostenuto che questi disagi si affrontano con strumenti culturali, affermando che le sovvenzioni pubbliche ala cultura sono un importante investimento sulla qualità della vita e non una dissipazione di risorse.
Qualche giorno dopo il consigliere del Presidente del Consiglio, l’onnipresente Renato Brunetta ha dichiarato – nel corso di una trasmissione televisiva – che il taglio al Fondo dello Spettacolo previsto nella finanziaria era sacrosanto in quanto è inaccettabile che lo Stato sovvenzioni l’egemonia culturale della sinistra.
Ora al di là del delirio dell’affermazione, essa comunque rivela un retroterra ideologico preciso, lo stesso di Goebbels: “Quando sento la parola cultura metto mano alla fondina”.
Del resto lo striscione della Scala allo sciopero generale, a Milano, recitava: “una volta bruciavano i libri, oggi tagliano i fondi”.
Il problema è che questa gente non si pone il problema della cultura (e si vede…): a loro arte, teatro, bellezza, pensiero, non interessano.
La loro welthanschauung è la stessa di Berlusconi: quella delle tre “i”.
Impresa, internet, inglese. Tutto per far soldi.
Come ha sostenuto Moni Ovadia: “L’uomo che riconoscono è solo quello economico che si sbatte per guadagnare e lavorare e per divertirsi paga anche il sesso. Tutte le altre modalità attraverso le quali l’uomo esprime la propria specificità ovvero la cultura, l’amore, la solidarietà, la qualità della vita, la ricerca di giustizia sono per loro stronzate, robe da comunisti, finocchi, da preti comunisti, da idealisti deficienti e comunque sono spreco di tempo di denaro”.
Anche per questo sostengo di essere antropologicamente diverso da loro.
P.S. Mentre il Titanic affonda, l’orchestrina diretta dal suo bravo direttore oggi approverà la Salvapreviti, e poi passerà alla legge elettorale…
postato da carnesalli | 08:37 | commenti (16)
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venerdì, novembre 25, 2005
 

                                                                             
Abbecedario aderisce allo  
sciopero generale





T – Travaglio di parto, ovvero l’Italia in mutande.
Facciamo un po’ di conti: tentativo di bilancio della politica economica del governo.
(da leggere a piccole dosi e mai dopo pranzo)

Al terzo tentativo nel giro di un mese, il Genio ce l’ha quasi fatta.
No, cosa avete capito: Tremonti non ha rispettato nessuno dei parametri previsti, ma almeno ha messo la parola fine alla finanziaria 2006.

Queste le misure principali:
Il Fondo famiglia. Le misure del Fondo famiglia (in totale 1.140 milioni), non prevedono il bonus di 1.000 euro per i secondi nati nel 2006, come inizialmente ipotizzato. L'assegno rimane solo per il 2005 ma, in compenso arriva un mini-contributo di 160 euro per i bambini nati o adottati tra il primo gennaio 2003 e il 31 dicembre 2005 (che verrà erogato si pensa in imminenza di elezioni).
E’ previsto anche un bonus massimo da 120 euro per le famiglie che hanno mandato i figli agli asili nido privati nel 2005.
Nessuna politica sociale, quindi. Donne come conigli: se partoriscono carota (a prescindere dal reddito) sennò…
Politica per la casa. Confermato, con un aumento della percentuale dal 36 al 41 per cento, lo sconto fiscale per le ristrutturazioni immobiliari.
In compenso non viene invece riproposta la riduzione dell'Iva al 10 per cento: sui lavori e sui materiali si applicherà l'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto del 20 per cento (cioè il doppio).
E a proposito di case per tutti (o quasi tutti o qualcuno): i trasferimenti alle Regioni per l’edilizia residenziale sono passati da 1,5 miliardi nel 2002 a 808 milioni nel 2004; il fondo per la casa sale è vero a 317 milioni contro i 230 del 2005, ma si è ancora sotto i 366 del 2001.
Taglio ai fondi per la magistratura. Viene introdotto un taglio del 10 per cento per gli organi della magistratura ordinaria, amministrativa, contabile, tributaria, militare e Cnel.
Fondo unico per lo spettacolo. Nelle tabelle con gli effetti delle modifiche alla voce Fus si trovano infatti 102 milioni per il 2006, che dovrebbero aggiungersi ai 300 già previsti. Il taglio al Fondo ammonterebbe a poco più di 64 milioni.
Cancellata la 'tassa sul tubo'. Scompare dal maxiemendamento il balzello sulle grandi reti previsto dalla prima versione della Finanziaria.
Bene penserete: no. Arriva un nuovo regime di ammortamenti fiscali che fa salire "il conto" tributario per le società che erogano gas ed elettricità.
Tagli per gli enti locali. Vengono confermati i tagli per le Regioni del 3,8 per cento rispetto alla spesa del 2004 e per le Province e i Comuni del 6,7%. In particolare si stabilisce che per ciascuna Regione le spese correnti nel 2006, escluse quelle di carattere sociale, non possano essere superiori al corrispondente ammontare di spese correnti dell'anno 2004, diminuito del 3,8 per cento. Mentre per le Province e ciascun Comune con popolazione superiore ai 3.000 abitanti e comunità montana con popolazione superiore a 50.000 abitanti il complesso delle spese correnti dovrà essere ridotto del 6,7 per cento rispetto al 2004.
In forse anche i 500 milioni già promessi (e in gran parte già spesi) alle regioni per il 2005.
A ciò va aggiunta la cancellazione dell’Ici per gli immobili anche commerciali di tutte le chiese: una stima Anci parla di un buco da 700 milioni di euro.
Ovviamente il tutto si tradurrà in meno servizi per i cittadini e le mitiche famiglie.
Sanità. Il Fondo sanitario nazionale viene finanziato con 91 miliardi più 2 subordinati a risparmi di assai dubbia realizzazione. Rispetto a quanto concordato c’è un taglio di due miliardi (che potrebbero diventare quattro). Questo va ad aggiungersi ai risparmi chiesti agli enti locali: 3 miliardi di euro in tutto.
Naturalmente è prevista una sforbiciata anche all’edilizia sanitaria.
Oh, attenti alle correnti d’aria quest’anno, riguardiamoci… 
Stop a versamenti e rimborsi fiscali sotto i 12 euro.
Tagliato il Fondo per i Paesi in via di sviluppo. Resta nelle tabelle che accompagnano il maxiemendamento il taglio al Fondo per i Paesi in via di sviluppo (Pvs). Nella tabella infatti, alla voce Pvs si trova un -54,6 milioni nel 2006, -68,8 nel 2007 e -74,5 nel 2008. In tutto dunque un taglio di 197,9 milioni.
Sud. Non sono previsti gli stanziamenti per attivare i cofinanziamenti dell’Ue: in questo modo l’Italia, e il sud in particolare, rischiano di perdere 46 miliardi nel prossimo triennio.
Anas & Fs. Il collegato alla finanziaria prevede che l’Anas possa dare in subconcessione
 Ad altre società pezzi di strade: queste dovranno versare una somma all’Ente che riscuoteranno attraverso pedaggi (3 miliardi di euro). All’Anas verranno inoltre attribuiti 300 milioni in meno rispetto a quest’anno.
I tagli previsti per le Ferrovie dello Stato sono di1,2 miliardi (a parte minore manutenzione o potenziamento delle vetture, verranno tagliate 47 tratte “minori”).
Navi militari. Il governo conferma l'impegno finanziario per il programma italo-francese delle fregate Fremm. La norma autorizza contributi quindicennali per un onere previsto pari a 30 milioni per il 2006, 60 milioni per il 2007 e 135 a decorrere dal 2008.

Tutto questo – molto sinteticamente - mentre l’economia italiana gira a un ritmo ben più lento di quelle europee. Per il secondo trimestre consecutivo l´Istat ha messo infatti il segno "più" davanti al valore del Pil italiano, cresciuto dello 0,3%. Meno però di quanto si attendevano gli analisti. Inferiore a quel balzo del secondo semestre dell´anno (più 0,7%), che aveva fatto dire al premier Berlusconi che le Cassandre del «tutto va male» erano state sconfitte. Perdente nel confronto europeo: le economie di Eurolandia hanno infatti marciato a più 0,6%, il doppio. Quei pochi punti dietro lo zero segnati dal Pil italiano spostano solo in modo impercettibile le previsioni per l´economia italiana. Il 2005 invece che con una crescita zero - che lo stesso governo ha messo nero su bianco nel Documento di programmazione economica e finanziaria - potrebbe chiudersi con un Pil acquisito dello 0,1%, certificano le stime preliminari dell´Istat.
Ciumbia, dicono  a Milano.
Sulla stessa linea sia il Fondo monetario internazionale che l´Ocse e lo stesso Isae, il centro studi vicino al Tesoro.
Elettrocardiogramma quasi piatto e con il passo lento rispetto all´Europa.

Se il governo saluta con soddisfazione le stime sul Pil (lo 0% come traguardo!) e Berlusconi azzarda che la modesta crescita dell´economia non corrisponde alla qualità di vita dell´Italia dove è altissimo il consumo di «telefonini, lavatrici e lavastoviglie», la maggior parte delle famiglie è alle prese con la “quarta settimana” del mese.

 Che dire allora? Che conclusioni trarre?
Nella legislatura che si avvia alla conclusione, la Legge Finanziaria del governo della destra è l’ultimo atto di un processo che, nell’arco di cinque anni, ha compromesso l’equilibrio del bilancio faticosamente riconquistato nella legislatura precedente e lascia una pesantissima eredità al prossimo governo e a tutti gli italiani.
La destabilizzazione dei conti pubblici – facilitato da ipotesi di andamenti dell’economia lontani dalla realtà, da conseguenti previsioni palesemente infondate, dal venir meno del controllo sulla spesa e dal ricorso a entrate “una tantum” e condoni.
La Finanziaria per il 2006 non corregge nessuno degli squilibri fin qui prodotti: si tratta di un insieme di misure in parte inconsistenti, in parte velleitarie e casuali, che non saranno in grado di produrre gli effetti contabilizzati.
- Per il 2005, nonostante la manovra bis appena approvata, l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni sale al 4,8 per cento del PIL: anche con lo slittamento al 2006 degli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali, l’obiettivo del Governo sarebbe mancato per 2 decimali di punto. Il debito
pubblico, in ogni caso, inverte la tendenza dell’ultimo decennio e torna a crescere;
- Per il 2006, assumendo le ipotesi più ottimistiche, l’indebitamento netto – in caso di slittamento degli oneri contrattuali – supera il 5 percento del PIL. Senza lo slittamento, si attesterebbe comunque al 4,8: un punto di Pil sopra l’obiettivo indicato dal Governo. E il saldo primario, per la
prima volta dopo 15 anni, ritorna ad essere negativo mentre il debito pubblico in rapporto al Pil continua la sua ascesa.
La crescita, sia pure incrementata rispetto alle precedenti stime, è pressoché nulla.
Il rapporto indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche rispetto al PIL dovrebbe raggiungere il 4,3%, dopo il 3,2% certificato da Eurostat per il 2004.
E’ questo il dato comunicato dal Governo a Bruxelles, rispetto al quale ha ottenuto la tolleranza per un rientro nel tetto del 3% spalmato su un biennio. Missione impossibile: Istat ha segnalato un
indebitamento netto del primo semestre dell’anno a quota 5,1%. Il provvedimento varato il 14 ottobre scorso è la riprova della situazione di emergenza di cui il governo ha dovuto prendere atto, mettendo in campo un tentativo di correzione in extremis.
Nonostante tutto il risultato è tuttora incerto.
Infatti si deve tenere conto che:
- esistono forti dubbi sulla realizzabilità dell’incasso di 3,6 miliardi di euro dalle modifiche introdotte dalla scorsa Legge Finanziaria agli studi di settore (così come dubbi significativi -seppure difficilmente quantificabili - esistono con riferimento al gettito Irap).
-  dei 7,1 miliardi di euro messi in conto per la vendita di immobili, la Corte dei Conti ha certificato la realizzazione di 600 milioni: ciò significa che nei due mesi che mancano alla chiusura dell’anno dovrebbero essere realizzate vendite per 6,5 miliardi, il che appare decisamente improbabile.
- dalle prime analisi della Corte dei Conti – peraltro recentemente confermate da Isae - risulta che la regola del “2%” di tetto di aumento a una serie di voci del bilancio pubblico sia stata ampiamente sforata; si può ipotizzare che tale sfondamento valga almeno 1 miliardo di euro di maggiori spese.
L’indebitamento netto rispetto al PIL potrebbe così lievitare dai 59,638 della previsione governativa per una cifra intorno ai 8,2 miliardi di euro. Anche ammettendo che le misure di emergenza varate venerdì 14 ottobre producano l’effetto contabilizzato in 1,9 miliardi (ma forti perplessità devono nutrirsi soprattutto sul miliardo di euro previsto da ulteriori tagli sugli acquisti della P.A.), l’obiettivo di indebitamento risulterebbe mancato per 6,3 miliardi (0,5% del Pil): il deficit si attesterebbe infatti a 65,938 miliardi pari al 4,8% del PIL.
Inoltre il governo (che c’è ma anche un po’ ci fa), sta cercando di rinviare al prossimo anno una quota rilevante degli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali relativi al biennio 2004 - 2005. Tali oneri, per complessivi 6,4 miliardi, in realtà dovrebbero ricadere sui bilanci del biennio 2005 –
2006, ma nel Dpef, erano stati interamente contabilizzati nell’anno in corso: ciò, evidentemente, allo scopo di facilitare nel 2006 la manovra di rientro alla quale il governo era impegnato.

Ma adesso che il deficit 2005 si sta manifestando di gran lunga peggiore delle attese, con una repentina conversione, le preoccupazioni per il 2006 (della cui gestione sarà probabilmente e sperabilmente responsabile un altro governo) vengono accantonate e la maggioranza appare orientata a spostare al prossimo anno larga parte di tali oneri. In particolare, potrebbe slittare l’esecuzione di alcuni contratti già firmati
Se il disegno del governo andrà in porto, il deficit 2005 si collocherebbe, comunque, al 4,5%: due decimali di punto al di sopra della stima governativa e di quanto il governo ha comunicato alle autorità di Bruxelles.
Ciò, inoltre, comporterebbe, ovviamente, un peggioramento dei conti 2006.

Saldi primario e corrente
Per il saldo primario, nonostante la revisione operata con il Dpef che ha ridotto la previsione allo 0,6% (nel 2001, al netto dei proventi derivati dalle licenze Umts, il saldo primario era al 3,4%), il risultato da mettere in conto si attesterebbe allo 0,1%.
Il saldo corrente, già negativo per lo 0,67% del PIL dovrebbe in realtà aggravarsi fino a - 0,8% del PIL.
Il Fabbisogno di cassa
Il fabbisogno di cassa della P.A. dovrebbe avvicinarsi agli 80 miliardi di euro (79,777), il 5,76% del PIL.
Se gli oneri contrattuali previsti per il 2005 verranno trasferiti sui conti dell’anno successivo, il fabbisogno di cassa ne trarrebbe un alleggerimento pari a 4,7 miliardi, fermandosi a poco più di 75 (75,077) miliardi di euro (il 5,42% del Pil). Naturalmente quest’onere andrebbe ad aggravare il fabbisogno 2006.
Nei primi otto mesi del 2005, infatti, la citata misura del fabbisogno lieviterebbe dai 51,8 miliardi di euro del 2004 ai 56,1 del corrente anno, con un aumento dell’8,3%.
Il Debito
L’obiettivo del governo per il 2005 è un rapporto debito pubblico/PIL pari al 108,2%.
Il debito tra la fine del 2004 e la fine del 2005 dovrebbe essere il 109,8% del Pil. Se lo slittamento degli oneri contrattuali avverrà, il debito 2005 si potrà attestare al 109,5% del Pil. Per centrare l’obiettivo del 108,2% sarebbero quindi necessari interventi che, nei due casi relativi agli oneri contrattuali, potrebbero ammontare a oltre 22 o a 17,5 miliardi di euro. Al momento, soltanto poco più di 4 miliardi di euro (la vendita di una parte del capitale Enel) risultano incassati. Mancano quindi o 18 o 13,5 miliardi di euro per rispettare il target fissato.
Naturalmente è sempre possibile che, prima del 31 dicembre, il Governo escogiti, come negli anni passati, qualche espediente contabile o qualche ulteriore intervento “una tantum” in extremis per recuperare quanto manca.

La cifra da cui partire per calcolare la credibilità dell’obiettivo di indebitamento netto al 3,8% del PIL è pari ad oltre 82 miliardi di euro, il 5,7% del PIL: la correzione dovrebbe quindi valere 1,9 punti di Pil, pari a 27,2 miliardi.
La manovra di bilancio prevede, come è noto, interventi correttivi pari a poco più di 19 miliardi di euro (14,5 miliardi di riduzioni di spese e 4,7 miliardi circa di maggiori entrate). A ciò viene aggiunta una previsione di ulteriori vendite di immobili per 3 miliardi.
Minori entrate per minor Pil nominale - 1,2
Minori risparmi per dismissioni immobiliari -6
Eccedenze di spesa e debiti pregressi - 3
Slittamenti da 2005 (contratti) - 4,7
Totale scostamenti -14,9
Deficit/pil tendenziale previsto dal Governo -67,252 - 4,7
Deficit tendenziale corretto - 82,252 - 5,7 miliardi

Coperture poco credibili anche secondo il Servizio Studi del Senato:
-  una quota rilevante degli interventi programmati consiste in misure “una tantum” il cui valore complessivo non è esattamente quantificabile ma sicuramente è superiore ai 10 miliardi di euro, non diverso, quindi, da quello messo in bilancio nel 2005, nonostante l’impegno a non farvi più ricorso assunto a Bruxelles.
Misure “una tantum” contenute nel disegno di Legge Finanziaria per il 2006
- Dismissioni immobiliari: 6 md;
- Regolazione dei flussi di tesoreria: 2.236 md;
- Rimodulazione degli stanziamenti per il cofinanziamento dei progetti finanziati dai fondi di coesione: 2.2 md
- Riduzione consumi intermedi delle amministrazioni centrali e territoriali: una parte dei “risparmi” di spesa è da considerarsi una tantum in quanto non è accompagnata da misure di riorganizzazione delle strutture o di riduzione dei servizi erogati. Difficile quantificare;
- L’incremento di entrata per lotta all’evasione e riforma della riscossione (600 milioni) non sembra affidabile.
- Il taglio di spesa ai ministeri (6,2 miliardi) non ha alcuna credibilità: negli anni passati le Finanziarie avevano previsto riduzioni di spesa pari a circa il 30%, mentre la Corte dei conti ha rilevato un incremento del 10%.
Bastano queste voci per rendere ottimistica la previsione che venga realizzato sì e no il 70% dei 19 miliardi contabilizzati, cioè non più di 13,3 miliardi di euro.
Inoltre, dei 6 miliardi per dismissioni di immobili registrate nel tendenziale, è già ottimistico
prevederne realizzabili la metà: 3 miliardi.
A questo punto, aggiungendo i nuovi oneri introdotti dalla Finanziaria al deficit
tendenziale e attribuendo ai correttivi e alle dismissioni immobiliari un valore complessivo di 16,3 miliardi, si rileva un deficit che supera il 5% del Pil (5,1). Per centrare l’obiettivo del 3,8%, servirebbero interventi per ulteriori 19,1 miliardi, cioè quasi un punto e mezzo di Pil.
In altre parole, la correzione iscritta in Finanziaria non basterebbe nemmeno se si volessero limitare gli interventi alla sola riduzione del deficit entro il tetto del 3,8%.
Fabbisogno e Debito
Considerando costante lo scostamento tra operazioni di cassa e competenza, il fabbisogno di cassa delle pubbliche amministrazioni nel 2006 arriverebbe a circa 88 miliardi, ossia oltre il 6% del PIL.
In tale contesto, il rapporto tra debito pubblico e PIL continuerebbe a salire.

Questo è lo stato dell’arte.
Non a caso molte voci di allarme si stanno levando, compresa quella di Bruxelles che prevede che il deficit rimarrà oltre il 4% nel 2005 e così pure nei prossimi due anni. Anzi, lo vede pari al 4,3% nel 2005, al 4,2% nel 2006 e a 4,6% nel 2007, anno in cui il governo si era impegnato a riportare il disavanzo addirittura sotto la soglia del 3%, cioè a rientrare a pieno nei parametri di Maastricht.
Come dicono negli Stati Uniti:
puoi ingannare qualcuno per breve tempo
puoi ingannare tanti una volta.
Ma non puoi ingannare tutti per sempre!

Ah, già. Ma qui siamo in Ita(g)lia.


postato da carnesalli | 08:34 | commenti (5)
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martedì, novembre 22, 2005
 
Egregio on. Berlusconi,
            faccio parte di quella che ieri, con dolce e affettuoso eufemismo, ha definito “opposizione illiberale che ancora sventola nelle sue bandiere i simboli del terrorismo e dei partiti della tirannia" a causa della quale, secondo il suo illuminato e garbato parere, "la democrazia e la libertà nel nostro Paese non sono ancora garantite” in quanto “prevede l'utilizzo della magistratura per l'eliminazione, non dico fisica ma morale degli avversari politici. Loro considerano gli avversari politici come dei nemici che vanno guardati non con antipatia ma con odio".
            Le invio quindi la presente innanzitutto per ringraziarla per le squisite e misurate parole di simpatia e stima che mi rivolge (sa, tra noi è forte il senso di appartenenza e comunanza – non comunismo, non si adombri subito…-, ed è labile il confine tra “loro” ed “io”) che, le assicuro, non mi fanno sentire per nulla “demonizzato”, come Lei ama sostenere per sé; quindi per confortarla sul fatto che non Le serbo rancore per le sue gentili espressioni, né la guardo con odio, semmai con un misto di indignazione e compatimento; infine per rassicurarla che non è vero, come ha sostenuto che “in Italia vorrebbero che noi non votassimo”.
Si figuri!
Semmai ho qualche fondato dubbio sul contrario, ma tant’è.
            Mi preme un’altra cosa, piuttosto. Un piacere, se può farmelo.
Lei ha accennato a metodi subdoli usati dall'opposizione del tipo “Ci sono pensionati che usati e pagati dalla sinistra, denigrano il governo: parlando, ovviamente, delle pensioni, su tram o metropolitane. Nel nostro bel dialetto milanese dicono 'uhe' ti, cossa l'è che gh'ha dì el Berlusca? Che l'aumentava i pension? S'è vist nagott' (ehi tu, cosa ha detto il Berlusconi? Che aumentava le pensioni? Non si è visto niente, ndr)".
             Ecco: Le sarei grato se volesse segnalarmi a chi e dove rivolgermi per trovare qualcuno disposto a pagarmi per poterLa criticare sui tram di Milano, magari usando lo stesso garbo e la stessa eleganza da Lei utilizzati ieri.
             Sto cercando da tempo di cambiar lavoro e, mi creda, per quell’attività mi sento portato: la svolgo con diligenza e piacere, me la cavo discretamente, ho l'età ed ho acquisito una certa esperienza.
Del resto, la materia prima non manca.
Sa, onorevole, modestamente mi esercito tutti i giorni.
Gratis.
E poi conosco molto bene il dialetto milanese…
                                                                                Per nulla Suo,
                                                                            Roberto Carnesalli
P.S. Se lo vede, chieda all’on. Taormina: perché la perizia psichiatrica solo per la Franzoni?
P.P.S. Questa è solo una bagatella (per quanto…): consiglio piuttosto la lettura del post precedente.
E' un pò più serio...

postato da carnesalli | 17:53 | commenti (5)
pruriti, controcanto

lunedì, novembre 21, 2005
 
S – Stella Polare
(ovvero di Pasolini, consumismo e baby gang… ed un ricordo – da leggere anche a rate)
Non capisco molto di astronomia (mi piace tanto il cielo, quello sì).
So però che esistono stelle che aiutano chi ha smarrito la strada a orientarsi.
Ecco. Pasolini ha rappresentato per me più di una volta una sorta di “stella polare”: spesso mi ha spalancato punti di vista inediti, altrettanto spesso mi ha dato la “dritta” giusta.
Pasolini è infatti come un caleidoscopio: come lo giri, appare un'immagine nuova e diversa. Egli è da qualcuno riduttivamente considerato una specie di arcade nostalgico di un modo contadino che non c’è più: "tutti dicono che rimpiango qualcosa, facendo di questo rimpianto un valore negativo"! disse una volta.
Questo invece è il suo punto di forza: la sua non è rassegnazione o arcadia, ma semmai ricerca, recupero e discernimento di valori veri.
Non è il campione di una battaglia di retroguardia, ma un precursore, un intellettuale ad ampio spettro (scrittore, poeta, regista, giornalista, polemista) nel senso di ‘intellector’ = che legge e comprende la realtà; delinea con larghissimo anticipo alcune "idee guida": edonismo, consumismo, voglia di ricchezza, conformismo, fine dei valori funzionale alla omologazione culturale.
E' tra i primi a intravedere la rivoluzione antropologica in corso derivante da questo sistema economico e politico: "...i loro valori non sono più i valori clericali ma sono i valori dell'ideologia edonistica del consumo e della conseguente tolleranza modernistica di tipo americano. E' stato lo stesso Potere (del quale "conosco solo alcune caratteristiche...la sua decisione di abbandonare la chiesa...la smania di attuare fino in fondo lo sviluppo: produrre e consumare") attraverso lo sviluppo della produzione di beni superflui, l'imposizione della smania del consumo, la moda, l'informazione - soprattutto la televisione - a creare tali valori gettando in mare cinicamente i valori tradizionali e la chiesa stessa: è un fenomeno di mutazione antropologica" (10.6.1974)
"Il Potere economico reale, il nuovo modo di produzione (determinato dall'enorme quantità e dal superfluo) e la sua implicita ideologia edonistica (che è esattamente il contrario della religione), vuole una nuova cultura - pretende degli uomini privi di legami col passato (risparmio e morale): pretende che tali uomini vivano dal punto di vista della qualità della vita, del comportamento e dei valori in uno stato di imponderabilità: cosa che permette loro di privilegiare come solo atto esistenziale possibile il consumo e la soddisfazione delle sue esigenze edonistiche" (18.7.1975), "Il consumismo ha distrutto cinicamente un mondo reale trasformandolo in una totale irrealtà, dove non c’è più scelta possibile tra bene e male." (18.10.1975).
Delinea insomma quello che oggi chiamiamo pensiero unico, del quale don Enzo Mazzi di recente ha scritto, in perfetta sintonia con Pasolini: "...ha bisogno di annullare l'identità sociale della gente comune e la necessità di distruggere la memoria generativa di tale identità per costruire automi smemorati e spaesati. Masse umane senza memoria e senza radici sono la creta informe e malleabile con cui viene creato l'uomo della nuova storia e il fedele della nuova religione: la storia del dominio del mercato globale e la religione del Dio denaro".
Siamo tutti (?) lì a domandarci come mai stiano accadendo certi episodi nelle periferie delle città francesi, come se la globalizzazione non ci avesse tutti deterritorializzati ed omologati… e qualcuno non l’avesse “previsto”.
Egli capì insomma - e ne soffrì e cercò di ostacolare il processo - prima di altri, alcuni degli effetti profondi della modernizzazione: il mutamento di valori che il benessere comportava, vide il mutato carattere degli italiani, la secolarizzazione, l'omologazione, il declino della chiesa in una società laicizzata assente di passioni e valori.
Capendo lo smarrimento di chi sentendosi libero, è invece solo vuoto, di chi cerca qualche gancio cui attaccarsi: in questo senso guarda indietro.
Insomma se la modernità doveva essere questo imbarbarimento questa esaltazione del denaro, allora bisognava salvare la gentilezza: in questo senso è nostalgico.
E l'Italia attuale, pagana, della televisione e del consumo pare proprio quella diagnosticata da Pasolini.
E' qui il suo nesso col cristianesimo: il nuovo potere ha svuotato il messaggio cristiano della dimensione escatologica (il paradiso è qui), il futuro si presenta come un futuro non religioso, privo di promesse e di domani, vissuto interamente qui.
Oggi anche noi ci accorgiamo che il modello cristiano si è sgretolato sotto l'attacco della modernità, perchè sono stati cancellati i grandi valori della solidarietà, dell'amore, del reciproco aiuto, valori che non trovano più posto in società impregnate da questo meccanismo economico e dalle nuove aspirazioni: mercato e guadagno.
E' la cultura di massa che si allontana dai modelli cristiani: sono cambiati i modi di sentire delle persone rispetto alla morale cattolica, si è andato approfondendo quello che e' stato chiamato lo "scisma sommerso".
Questo diceva Pasolini nel 1973: "Ora per il nuovo capitalismo che si creda in Dio, nella Patria o nella Famiglia è indifferente. Esso ha infatti creato il suo nuovo mito autonomo: il Benessere. E il suo tipo umano non è l'uomo religioso o il galantuomo, ma il consumatore felice di essere tale."
Ma egli non e' certo un sociologo che si limita a osservare e descrivere: nei suoi scritti in particolare giornalistici traspare sempre una sorta di ricerca dell'assoluto, una ricerca della moralità nel più alto senso della parola, di recupero di valori "...non c'e niente di meno idealistico e religioso del mondo televisivo...lì esplode il nuovo tipo di vita che gli italiani devono vivere. E non mi si dirà che si tratta di un tipo di vita in cui la religione conti qualcosa." (11.7.1974), proprio perchè il nuovo potere "necessita nei consumatori di uno spirito totalmente pragmatico e edonistico": e' ovvio invece che i valori sono una remora ai consumi! (famosa la sua polemica contro il blasfemo slogan di una nota marca di jeans).
Si batte contro la "sacralità del consumo come rito e naturalmente la merce come feticcio...come polli d'allevamento gli italiani hanno assorbito la nuova ideologia irreligiosa e antisentimentale": "Un edonismo neo laico ciecamente dimentico di ogni valore umanistico... Non c'è niente infatti di religioso nel modello del Giovane Uomo e della Giovane Donna proposti e imposti dalla televisione. Essi sono solo due persone che avvalorano la vita attraverso i suoi beni di consumo." (9.12.1973)
Da ateo vedeva nel cristianesimo una riserva etica, un baluardo: e per questo invitava proprio la chiesa a passare all'attacco "ad esser guida di tutti coloro che rifiutano il nuovo potere consumistico, irreligioso, violento, falsamente tollerante, corruttore, degradante" (22.9.1974)
In fondo, sostiene, "gran parte dello spirito evangelico è entrato nell'uomo storico. Nessuno che possa dirsi veramente uomo può prescindere per esempio dall'amore del prossimo o dall'ideale della mitezza" (31.12.1960)
"Io per me sono anticlericale" - aggiunge - "ma so che in me ci sono duemila anni di cristianesimo...sono il mio patrimonio" (30.11.1961).
E' sempre la ricerca, il bisogno di aria, di ribellarsi alla palude che crea mostri, che nega valori che vanno invece diffusi: "...il fondo del mio insegnamento consisterà nel convincerti a non temere la sacralità e i sentimenti, di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini, trasformandoli in brutti e stupidi automi adoratori di feticci" (13.3.1975)
"I nuovi valori consumistici prevedono infatti il laicismo, la tolleranza, e l'edonismo più scatenato, tale da ridicolizzare risparmio, previdenza, rispettabilità, pudore, ritegno e insomma tutti i vecchi buoni sentimenti" (25.1.1975)
Con Pasolini ci siamo insomma accorti della violenza del cambiamento che lo sviluppo portava con sè, riflessione peraltro interessante in questo periodo di dibattiti su criminalità e baby gang.
"La gioventù e' l'avanguardia della guerra civile e la ragione va individuata nel fatto che i giovani ereditano un incomprensibile, pesante fardello: l'inconciliabile problema di un benessere che non porta con sè alcuna gioia". Così ha sostenuto Hans Magnus Enzerberger in una intervista.
E' in fondo lo "sviluppo senza progresso" di Pasolini: "Non è la felicità che conta? La condizione contadina o sottoproletaria sapeva esprimere nelle persone che la vivevano una certa felicità reale. Oggi la felicità con questo Sviluppo è andata perduta...esso dà angoscia" (11.7.1974)
Due possono essere le ragioni del malessere: processi emarginanti che escludono molti dal benessere (processi che si intrecciano col problema dell’immigrazione) e un cattivo uso di questo benessere per chi ne è invece incluso.
Nel vuoto, nella noia sazia di consumi o nell'asprezza della vita dei poveri, in questo vuoto di riferimenti cruciali: è qui che il male e la furbizia diventano valori e strumenti, propagandati e proposti con ogni mezzo dalla civiltà degli adulti.
Non banalmente assenza di valori ma - come dire - assenza che è essa stessa diventata un valore.
Consumismo allora quale malattia senile di questo sistema. L'unita' di misura e' ormai il PIL: la cultura produttivista-aziendalistica non sa spiegarsi perchè un paese ricco possa rimanere un paese violento e frustrato.
E allora si inventa ogni volta un'emergenza criminalità che nasconde solo l'incapacità di capire o peggio per non guardare se stessi e non ammettere il fallimento. Perchè mai un adolescente dovrebbe avere ideali o interessi diversi da quelli di far soldi in poco tempo, sfoggiare il cellulare o le scarpe nuove, se nessuno glielo spiega, anzi?
I ragazzi non fanno altro che quello che gli adulti mostrano loro come modello.
"C’è una idea conduttrice: l'idea cioè che il male peggiore del mondo sia la povertà e che quindi la cultura delle classi povere deve essere sostituita con la cultura della classe dominante. L'atroce infelicità o aggressività criminale dei giovani proletari deriva appunto dallo scompenso tra cultura e condizione economica: dall'impossibilità di realizzare (se non mimeticamente) modelli culturali borghesi a causa della persistente povertà mascherata da un illusorio miglioramento del tenore di vita" (29.10.1975) .
Sembriamo liberi, felici, autonomi (così almeno ci raccontano) ma in realtà "il potere è divenuto un potere consumistico quindi infinitamente più efficace nell'imporre la propria volontà che qualsiasi altro precedente potere al mondo. La persuasione a seguire una concezione edonistica della vita (e quindi a essere bravi consumisti) ridicolizza ogni precedente sforzo autoritario di persuasione" (13.3.1975)
E' il conformismo: "i valori vengono spazzati via non dalla ribellione dei disobbedienti, ma da una nuova volontà degli obbedienti" (18.7.1975).
Il concetto chiave è proprio quello dell'omologazione come perdita di valori e identità, radici, peculiarità: "la convenzionalità, il conformismo, la standardizzazione si superano solo con la coscienza critica, con un alto sviluppato, senso civile (o religioso): e questo purtroppo non e' il caso" (16.7.1960).
Stanno creando ‘uomini nuovi’, disposti a barattare la primogenitura per un piatto di lenticchie (o un cellulare o le scarpe da tennis di marca).
"Tutti gli italiani giovani compiono questi identici atti, hanno questo stesso linguaggio fisico, sono intescambiabili" (24.6.1974)
E' "l'Acculturazione del Centro consumistico: il modello culturale offerto agli italiani (e a tutti gli uomini del globo del resto) è unico" (8.7.1974).
Al fondo la sua e' ricerca, rimpianto di un mondo sincero, vero, religioso, innocente, denso di valori.
"Il potere ha deciso che siamo tutti uguali: l'ansia del consumo è ansia di obbedienza...degradante di essere uguale agli altri nel consumare, nell'essere felice..."
Cerchiamo di essere diversi, questo è l'invito.
Suo ("Quanto a me sia chiaro: io ancorchè multinazionale darei l'intera Montedison per una lucciola").
Ma anche mio, nel mio piccolo.
Certo non spiega tutto.
Ma almeno un bel po’.
Memorandum: il discorso delle lucciole
Nel Corsaro del 1° febbraio del '75:
"Il potere consumistico e la sua ideologia edonistica, (...) che ha imposto cambiamenti radicali fino ad accettare i divorzio e, potenzialmente tutto il resto, senza più limiti". "In Italia c'è un drammatico vuoto di potere.(...) Il potere reale procede senza di loro. (...) I democristiani coprono con manovre da automi e i loro sorrisi, il vuoto". "Prima della scomparsa (...) la continuità tra fascismo fascista e fascismo democristiano è stata completa (...), con una maggioranza assoluta ottenuta attraverso ceti medi e masse contadine gestiti dal Vaticano. (...) I valori che contavano erano gli stessi: la Chiesa, la patria, la famiglia, l'obbedienza, la moralità. (...) Uguali nel provincialismo, rozzezza, ignoranza sia delle élites che delle masse". Dopo la scomparsa "questi valori nazionalizzati e quindi falsificati non contano più (...) sostituiti da "valori" di un nuovo tipo di società (...) che poi ha prodotto la prima"unificazione " reale del paese". "Era impossibile che gli italiani reagissero peggio di così (...) sono divenuti un popolo degenerato, ridicolo, mostruoso, criminale". Ecco, di fronte "a questo disastro ecologico, economico, urbanistico, antropologico (...) quanto a me (se ciò ha qualche interesse per il lettore) sia chiaro: io, ancorchè multinazionale, darei l'intera Montedison per una lucciola"
P.S. Queste righe valgono anche come ricordo a trent’anni dalla sua morte.
Leggiamolo, guardiamo i suoi film, gustiamo le sue poesie…
postato da carnesalli | 14:31 | commenti (3)
societa, persone

giovedì, novembre 17, 2005
 
D – Dies nigro signando lapillo (Marziale)
Ovvero: salviamo la Costituzione (e l’Italia)
Tra le urla di giubilo delle camicie verdi e il sorriso soddisfatto delle jene che si sono spartite la preda, voglio sommessamente e mestamente, ma con la necessaria indignazione (a proposito del post di ieri), riproporre una riflessione che avevo scritto tempo fa.
Ma che mi sembra ancora valida.
Nella speranza che Carla ci metta a disposizione "referendumanchio" per la battaglia che ci aspetta per il referendum.

“Con la massima indifferenza è in corso un lavoro di distruzione di quello che mio nonno, mio padre, i miei zii hanno fatto; voglio dire tutte le generazioni che si erano adoperate per migliorare questo paese. Questo non lo perdono. Si sta distruggendo il lavoro del Risorgimento.. Questa è una fase antirisorgimentale”.
(Mario Luzi, poeta già senatore a vita).
Ce l’hanno fatta: hanno approvato in via definitiva la riforma della Costituzione.
Quella vera.
Sostituita in gran parte con un testo sbrindellato e senz’anima.
Eppure c’era chi ci aveva avvertito:
“E’ necessario battere con il voto il cosiddetto Polo delle libertà…è in gioco la democrazia. Berlusconi ha dichiarato di voler riformare la prima parte della Costituzione, che contiene i valori su cui si fonda la nostra società e di volere altresì una legge che darebbe al Parlamento la facoltà di stabilire ogni anno la priorità dei reati da perseguire. Una tale legge subordinerebbe il potere giudiziario al potere politico…Oltre a ciò Berlusconi che è ancora indagato in Italia e all’estero per reati diversi…insulta i giudici e cerca di delegittimarli in ogni modo…Ma siamo un paese civile? Chi pensa ai suoi affari economici e ai propri vantaggi fiscali governa malissimo…Gli innumerevoli conflitti di interesse creerebbero ostacoli tremendi…diciamo: chi si astiene vota Berlusconi.
Una vittoria del Polo minerebbe le basi stesse della democrazia.”
Così N.Bobbio, A. Galante Garrone, A.Pizzorusso, P.Sylos Labini, ancora nel 2001!
La devoluzione di poteri statali alle regioni mette in pericolo l’uguaglianza dei cittadini nella scuola e nella sanità.
Porterà alla "dissoluzione" l'Italia unita e metterà in ginocchio le regioni meridionali.
Il capo dello stato privato dei poteri che ne fanno un arbitro super partes, è messo al servizio della maggioranza. I suoi poteri vengono messi nelle mani di un capo di governo che potrà sciogliere le Camere e ricattare la sua stessa maggioranza. Non saremo più una repubblica parlamentare; è un potere illimitato e senza controllo nelle mani di un uomo solo, una dittatura elettiva.
Si sta riproducendo – tra le urla sguaiate di strani personaggi in camicia verde - quell’emergenza democratica che esattamente dieci anni fa indusse Giuseppe Dossetti, il vecchio carismatico costituente, a levare alta la sua voce perché si reagisse con energia alle minacce palesi e occulte portate all’ispirazione, ai principi e ai diritti fondamentali contenuti nella Costituzione.
Egli parlava – pochi mesi prima di morire – alle nostre coscienze allertandole a fronte del “vuoto ideale e conseguentemente etico…alla inappetenza dei valori…che porta a compensare con la ricerca spasmodica ad appetiti sempre crescenti di cose…che cosificano l’uomo..E’ la notte delle coscienze.”
Un invito pressante alla "mobilitazione, alla ricostruzione delle coscienze e del loro peso interiore.”
Dal suo appello sono nati i comitati per la difesa della Costituzione
Dobbiamo allora (chi ci crede, intendo) combattere l’indifferenza, diffondere l’informazione.
Molti non conoscono la Costituzione, non sanno quanto sia importante per la democrazia rappresentando essa il “progetto comune della nazione”, e non possono quindi preoccuparsi per le lesioni che subisce. Dei rischi che tali lesioni producono.
Proviamoci almeno.
Perché il pericolo è davvero grande.
Mettiamo in moto il “passaparola”, in modo da essere pronti quando ci sarà – speriamo – il referendum confermativo.
Compito difficile, certo, se pensiamo che, come ci ha ricordato Celentano, siamo un paese "parzialmente libero".
Un paese nel quale viene usata la censura, la manomissione delle notizie, vengono approvate leggi ad personam, viene fatta una riforma della giustizia che grida vendetta al cielo...
E non succede nulla. O poco.
Cos’altro deve succedere, allora?
Ma come diceva Tonino Bello: “Non scoraggiatevi. Anche se è buio intorno, anche se avete la percezione di camminare nelle tenebre. Rostand cantava: “è di notte che è più bello attendere l’aurora”: bisogna forzare l’aurora a nascere, credendoci. Amici, forziamo l’aurora. E’ l’unica violenza che ci è consentita”.
Ricordava un filosofo americano: ”c’è molto da fare, manca solo di cominciare. E’ una lotta di formiche contro dinosauri, però il futuro già è stato deciso in favore delle formiche. Tutto quello che facciamo per ricostruire la speranza e la vita è importante.”
Questa è la filosofia della mia vita: vale più accendere una luce che maledire le tenebre.
Una luce per ciascuno...
postato da carnesalli | 14:10 | commenti (15)
politica, democrazia

martedì, novembre 15, 2005
 
G – Goditi la vita
“I morti sono più numerosi dei vivi.
E il loro numero aumenta.
I vivi sono rari.”
(E.Ionesco)

“Goditi la vita”, mi ripete insistentemente un collega quelle rare volte che riesco a coinvolgere qualcuno in ufficio in una discussione o in un semplice ragionamento: efficace rimozione, scorciatoia esistenziale, panacea di ogni male.
Lo faccio, lo faccio. Ci provo almeno (è poi questione di punti di vista, l’ho già detto altrove).
Ma perbacco: per godersi la vita bisogna amarla.
Amare “tutta” la vita.
E quindi non solo la mia, ma anche quella degli altri.
Diffido di chi si gode la vita amando solo se stesso: specchio, specchio delle mie brame….
Per dire, dal giornale di oggi, senza menzionare problemi “globali”:
- “Salgono i prezzi, cala la produzione! – per la famiglia il conto più caro;
- “Fuori legge i tagli del governo agli enti locali” – la Corte Costizionale dichiara illegittime le riduzioni di imposte ai bilanci del 2004, e quindi anche le altre;
- “Devolution: domani il voto definitivo” (a proposito Carla, metterai a disposizione referendumanchio per la battaglia sul referendum confermativo sulla Costituzione?);
- “Dell’Utri, condannato a 9 anni nel processo di Palermo, guiderà la campagna elettorale di Forza Italia”;
- Un po’ di piacevole nostalgia, finalmente: la pubblicità di un libro sulla politica con una bella immagine di Sandro Pertini ;
- “Sicurezza, alla Dia tagliato più del 20%”: i ragazzi di Locri ringraziano;
- “Italia 2005: il fantasma analfabetismo” – allarme per il 66% della popolazione (e questo mi sembra particolarmente grave);
- “Vite flessibili”: a tre anni dall’entrata in vigore della legge 30, il 70% di chi è stato co.co.co si trova ancora in condizioni di para subordinato;
- “Francia: stato di emergenza” – per il disagio sociale? No, per la “criminalità”;
- “Scandalo torture: la casa bianca non si scusa”;
- “Fosforo bianco sui Faluja: l’Unione chiede la verità”;
- “La fine del dado – Star in vendita”: perfino i ricordi d’infanzia…
- Inserzione di “Libera”: “E’ in discussione in questi giorni alla Camera un disegno di legge in materia di sequestri e confisca dei beni profondamente sbagliato…verrebbero vanificato gli sforzi fatti in oltre vent’anni per sottrarre alle organizzazioni mafiose le ricchezze accumulate illegalmente (per saperne di più libera.it)
- “Sporco negro”: arbitro insulta giocatore di colore;
- “Il governo censura Report”.
Solo dal giornale di oggi.
Ce n’è da fare…

I care.
Prendersi a cuore questi problemi, significa non amare solo noi stessi.
Indignarsi per queste cose non vuol dire “mangiarsi il fegato”.
Cercare di porvi rimedio vuol dire, in qualche modo (il “mio” modo), godersi la vita (anche se qualche volta è faticoso e sembra, scusate la raffinatezza, di pisciare contro vento).
Ha detto di recente don Tonino dell’Olio in un convegno organizzato dalla Provincia di Roma con Massimo Cacciari e Mario Tronti su “Politica e profezia”: “C’è anche uno sguardo ampio, planetario, che significa per me, vivere con passione questo presente. A questo proposito vale la pena evidenziare e sottolineare il carattere profetico dell’indignazione. Badate, dei profeti si possono dire tante cose… ma tutti si arrabbiano, tutti si indignano, e soprattutto non si vergognano di questo sentimento. C’è una sorta di santità dell’indignazione che nasce… dall’arte del guardare profondo, intimo. L’indignazione è sentimento puro in cui, dopo essersi mosse a tenerezza, le viscere si contorcono nella rabbia; è la prima reazione per vincere la rassegnazione, è anche il primo moto per sconfiggere l’indifferenza o la superficialità. Allora anche ai nostri giorni a me sembrerebbe molto feconda una rivalutazione del sentimento dell’indignazione, perché significherebbe che in ogni caso c’è stata una capacità di lettura, che non siamo diventati ancora impermeabili, indifferenti e che abbiamo sconfitto questa banalità, superficialità, volgarità latente e molto diffusa”.
Indignarsi allora per scrollare l’albero impermeabile dell’indifferenza, per guardare “ampio”.
Partendo – come sostiene Dell’Olio – dalla tenerezza.
Che è sentimento positivo, piacevole e appagante…
Anche questo un modo di godersi la vita.
Diceva Follerau:
“Non permettere più che noi viviamo felici da soli.
Facci sentire l’angoscia della miseria universale,
e liberaci da noi stessi…”
Non sostengo né pretendo di riuscirci.
Ma se ci riesco anche solo un poco, beh: un morto in meno, direbbe Ionesco.

postato da carnesalli | 13:30 | commenti (7)
omelie

lunedì, novembre 14, 2005
 
M - Miccia Sociale
Le parole degli altri

Oggi voglio solo proporre le riflessioni di Marco Lodoli (da La Repubblica) e di Walter Veltroni (da l'Unità).
Le ho trovate delle riflessioni non intellettualistiche, ma nate entrambe dall'esperienza quotidiana.
Dal "vissuto" di un insegnante e di un sindaco.
Per questo utili e vere.
Almeno, a me sono piaciute.

"I senza futuro di casa nostra" di Marco Lodoli;
"..Se il governo accende la miccia sociale"
intervista a Walter Veltroni

A un certo punto il sindaco di Roma dice: «Molti ministri non hanno mai visto un povero in vita loro, non sanno come sono fatti, non conoscono le loro ansie, i loro dolori, non sanno cos’è la sofferenza di dover pagare l’affitto di casa. Stando chiusi a Palazzo Chigi non ci si rende conto della dimensione sociale dei problemi e si tagliano le spese per i poveri senza pensarci troppo». Con Walter Veltroni parliamo delle banlieue francesi e delle periferie italiane, del prezzo che anche il nostro paese potrebbe pagare al degrado e alla emarginazione. Parliamo del male che farà ai più deboli la Finanziaria di Tremonti, approvata dal Senato mentre il ministro degli interni Pisanu lanciava l’allarme sulle periferie «che ci faranno piangere».



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postato da carnesalli | 08:49 | commenti (1)

venerdì, novembre 11, 2005
 
P – pm10

Tanto per cambiare quello di ottobre è stato per Milano – dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico – un mese terribile.
In 31 giorni per ben 21 volte il pm10 (le polveri sottili) è stato al di sopra della soglia di attenzione, superandola in nove casi del triplo.
Ha affermato il direttore dell’unità di epidemiologia ambientale dell’Istituto dei Tumori che con questi dati si può calcolare un 15% di morti in più alla fine dell’anno.
In compenso il commissario all’ambiente della Commissione europea non ha ritenuto di dove multare Milano per quest’anno, come previsto dalle leggi vigenti, malgrado i 100 giorni di sforamento della soglia di attenzione per il pm10 contro i 35 massimi previsti dalla Ue.
Peggio ancora: la Regione Lombardia ha ufficializzato un progetto di acquisto di quote di emissioni di anidride carbonica da parte della Banca mondiale per poi rivenderle alle aziende lombarde.
E questa è davvero grossa. Ma grossa.
Ne abbiamo già parlato diffusamente qui, tempo fa.
Cosa aggiungere?
Che questa è una città (e una regione) avanspettacolo, dove c’è chi ha la faccia tosta di dichiarare che siccome ci sono città più inquinate della nostra, vuol dire che qualcuno dell’opposizione pesca nel torbido (battuta cretina, visto il colore dell’acqua piovana, anelata quale unico antidoto all’inquinamento) per screditare l’amministrazione comunale.
Città irresponsabile, dove da anni si sa perfettamente che l’inquinamento è un problema enorme e che per contrastarlo con un minimo di efficacia bisogna progettare e prevenire, e non correre goffamente ai ripari (?) quando la situazione si fa ingestibile (o peggio affidarsi ad uno sciamano perché propizi le piogge).
Città umiliata dalla mancanza di collettività, dove conta soltanto la prima persona singolare, con tanto di aggettivo possessivo incorporato: la “mia” macchina, la “mia” libertà, il “mio” diritto.
E la nostra città?
E la nostra salute?
E il nostro futuro?
P.S,. quella macchiolina rossa sull’Italia è… il luogo più inquinato della terra…
postato da carnesalli | 08:41 | commenti (4)
societa, sfoghi, omelie

martedì, novembre 08, 2005
 
A – Argenteria
“E’ un mondo difficile: vita intensa, felicità a momenti e futuro incerto”, così sosteneva tempo fa Tonino Carotone.
Aveva ragione, in fondo.                                                            
Ma se il futuro è incerto, il presente qualche volta è anche peggio.
Non parlo solo di ciò che accade nel mondo, per quanto anche li…

 No, parlo proprio di me.
Ci sono giorni amari.
Ci sono periodi complicati, difficili.
Che talora si allungano a dismisura e paiono non finire mai.

Capita di sentirsi sulle spalle un peso che non sai se  riuscirai a sostenere, che hai paura ti schiacci da un momento all’altro.
E qualche volta ti schiaccia, infatti.

Mi aiuta – non risolve, naturalmente, ma mi aiuta - in questi momenti, recuperare ossigeno, dare un respiro profondo, alzare lo sguardo.
Sopra le nuvole c’è sempre il sole, anche se non lo vediamo, mi dico.

Come dire: togliere l’argenteria (quella vecchia cornice del nonno, che ti ha lasciato tua madre e che tu cercherai di lasciare ai tuoi figli…), quella “cosa preziosa” che sai di avere chiusa in cassetto e lucidarla.

Oggi la mia “argenteria” è rileggere le parole di questa bellissima canzone di Luigi Tenco.
 
Ragazzo mio, un giorno ti diranno che tuo padre
aveva per la testa grandi idee, ma in fondo, poi....
non ha concluso niente
non devi credere, no, vogliono far di te
un uomo piccolo, una barca senza vela
Ma tu non credere,no, che appena s'alza il mare
gli uomini senza idee, per primi vanno a fondo
Ragazzo mio...un giorno i tuoi amici ti diranno
che basterà trovare un grande amore
e poi voltar le spalle a tutto il mondo
no, no, non credere,no, non metterti a sognare
lontane isole che non esistono
non devi credere,ma se vuoi amare l'amore
tu,...non gli chiedere quello che non può dare
Ragazzo mio, un giorno sentirai dir dalla gente
che al mondo stanno bene solo quelli che passano la vita a non far niente
no,no,non credere no,
non essere anche tu un acchiappanuvole che sogna di arrivare
non devi credere, no, no, no non invidiare
chi vive lottando invano col mondo di domani


postato da carnesalli | 14:49 | commenti (16)
sfoghi, idee, resto, omelie

venerdì, novembre 04, 2005
 
F.W. – Far West
Me ne accorgo ogni volta che accade qualche episodio di criminalità “singola” (aggressioni in ville, infanticidi, rapine, stupri…) soprattutto se coinvolti sono extracomunitari; perché è quella che interessa oggi: dà il destro a chi è al potere di non far sentire la presenza di una criminalità (cioè un disagio sociale) diffusa o sfuggita di mano, ci fa sentire meno colpevoli perchè in fondo rappresentano una “eccezione”, i coinvolti sono altri, e non mettono in discussione il nostro modello di vita e la nostra concezione di legalità, come nel caso della criminalità organizzata.
Al massimo ci si imbastiscono cinici talk show.
La leggi negli occhi della gente, di coloro che non hanno il coraggio di dirlo.
La ascolti da chi urla a gran voce nei microfoni della televisione cinica e opportunista che abbiamo.
La sbirci nei titoloni dei "soliti" giornali.
Purtroppo la senti ripetere da forze politiche che demagogicamente ci speculano per un pugno di voti ("i serbi sono geneticamente criminali", "ci vorrebbe la pena di morte": ma chi sono i veri mostri?) o addirittura organizzano fiaccolate contro gli immigrati (e contro chi sennò?).
Angoscia e odio, ecco cosa leggo.
Durante la peste di Londra nella prima metà del seicento si sparse la voce che erano responsabili dell'epidemia streghe e untori. Si diede loro la caccia, li si acchiappò, si fecero processi pubblici e li si giustiziò pubblicamente. E ogni volta che si tenevano queste adunanze a base di decapitazioni, migliaia di persone accorrevano e le pulci dei topi, responsabili della diffusione del virus, ne approfittavano per saltare su persone sane e infettarle.
Anche oggi davanti alla criminalità vera o presunta si invoca la giustizia sommaria, soprattutto verso gli immigrati. Così facendo si ignorano le vere cause della delinquenza e si aumenta il pericolo invece di contrastarlo.
Non per fare sociologia: ma è da aspettarsi che una società che lascia dormire per strada migliaia di esseri umani non può pretendere di dormire sonni tranquilli. Questi esclusi sanno che nessuno gli dà una mano. E ovvio che tra questi qualcuno scelga di aprirsi un varco con la forza, nella società dei consumi. Come li fermi?
Angoscia: quella che leggi negli occhi degli intervistati, che trapela dalle grida della gente, dai titoli dei giornali, magari fatti ad arte per aumentarla e non per capire.
E la mancata individuazione delle cause rende illeggibile il fenomeno e non credibile il rimedio (la pena di morte, le ronde, 500 chilometri di filo spinato).
Ciò non aumenta la paura, ma l'angoscia che è un'ansia che investe chi si sente in pericolo (vero o falso) ma non sapendolo individuare non è in grado di organizzare una difesa.
È un'ansia da insicurezza, che intuisce che là dove vige la legge del denaro e del consumo, il territorio - depositario del tessuto sociale che solo può far fronte a questi episodi, che rende fiduciario il rapporto tra gli uomini - si sfalda. E non perché sono arrivati curdi o albanesi, ma perché un risvolto della globalizzazione è la deterritorializzazione che concepisce le città come semplici luoghi di scambio e non di abitazione e radicamento: agglomerati di sconosciuti consumatori.
Pensiamo a quel che sta accadendo a Parigi in questi giorni.
E quando poi il denaro legale o illegale diventa l'unico vincolo di convivenza di quegli agglomerati di varia umanità chiamati città, senza usi, tradizioni, costumi, allora l'azione criminale diventa frequente. E il territorio non lo si garantisce con il controllo delle forze dell'ordine, ma rinsaldando il tessuto sociale (specie nelle periferie).
L'insicurezza è un luogo comune che serve a ridefinire i confini della. propria identità. Fa paura il diverso da noi e noi reagiamo creandoci nemici immaginari, puntando il dito senza capire le cause, indicando come capri espiatori intere categorie di persone, invocando un ordine astratto che non ci riguarda in qualche modo anche da vicino, ma che ci può rassicurare delle nostre incertezze.
Chiedendo o avendo reazioni violente.
Come società, per esempio con la pena di morte.
Oltre a essere immorale è inutile: studi hanno dimostrato che in America gli errori sono frequenti e che il tasso medio di omicidi è più basso proprio negli stati che non prevedono la pena di morte (le cause dei quali semmai vanno ricercati nella diffusione delle armi: la Finlandia che ha il maggior numero di proprietari di armi ha il doppio di omicidi che l'Italia).
E poi chi è contro la condanna a morte non lo fa per salvare gli innocenti, lo fa per salvare i colpevoli: questa è una battaglia che va combattuta.
Come singoli, anche con l'autodifesa: sparando se occorre (ma allora chi aggredisce e chi è aggredito hanno in comune la convinzione che la borsa vale più della vita). E del resto noi siamo aggrediti da una cultura soprattutto televisiva aggressiva, veloce e ricca (conta l'auditel) che non abitua a riflettere e che trasforma la "società" in una "folla solitaria" e irresponsabile.
E allora il gesto di estrarre la pistola viene naturale (senza tenere conto che probabilmente chi è di fronte a noi è più veloce… ).
E il rimedio non è nei dispositivi di sicurezza delle pistole che si tengono in casa, ma in una cultura che deve chiedersi perché in ogni casa si devono o vogliono tenere pistole.
Due sono gli aspetti del problema: le cause e le complicità della società nella violenza.
Come sempre i due piani (quello generale e quello personale) si intrecciano, e la risposta al problema non può essere il semplice ed emotivo "impicchiamoli tutti".
Piuttosto dobbiamo chiederci quanta responsabilità è in ciascuno di noi, farci domande sulle responsabilità della società in questa drammatica situazione sociale.
Responsabilità grandi: globalizzazione, povertà diffusa.
Responsabilità piccole, di ciascuno di noi: siamo irosi, ingiusti, chiusi verso i bisogni degli altri, indifferenti alle disgrazie altrui, chiusi nell'accoglienza, offensivi nel parlare: sono tutti semi di violenza gettati nel terreno sociale delle nostre città.
Soprattutto nel caso (frequente) in cui siano coinvolti giovani.
Questi ragazzi soli, affidati alla TV, figli del benessere, privi di attenzioni che spesso non arrivano neanche da fuori; allora la noia, lo sballo per fare gruppo, qualche volta l'esplosione, il corto circuito tra la ragione e il sentimento, compressi nella razionalità (perché sennò tanto successo per i programmi della De Filippi?).
Gli assassini insomma siamo noi.
Il peggiore errore dei vari comitati, delle varie ronde, di chi vorrebbe risolvere il problema con chilometri di filo spinato, è credere che il male sia fuori, sia uno straniero da cacciare, un ebreo da isolare, un omosessuale da accoltellare.
Si sputa contro il nemico (o chi ci fanno credere che lo sia) fino a quando, (con sgomento, chiedendoci perché quei bravi ragazzi...), fino a quando questo nemico non lo si incontra guardandosi allo specchio.
Riflessione a proposito della legge sulla legittima difesa voluta dalla Lega e approvata in commissione: si potrà sparare e uccidere chiunque minacci la propria persona o i propri beni senza il rischio di incappare nella giustizia.
Non esisterà più l’eccesso di legittima difesa, norma per la quale si veniva condannati.
Conterà solo chi estrarrà più velocemente la pistola dalla fondina.
Come nel far west.
A PROPOSITO DEI FATTI DI PARIGI ALCUNI CONTRIBUTI:
Le Goff
F. Colombo e L.Manconi

postato da carnesalli | 14:33 | commenti (11)
politica, societa, idee, omelie, democrazia

giovedì, novembre 03, 2005
 
T – Tutti per uno
Scusatemi.
Ma questa gente mi procura, come dire, forti disturbi intestinali.
Le ho provate tutte:
citrosodina, limonate, qualche puntata dell’Isola dei famosi, perfino le primarie…

Oggi, per dire, la maggioranza – non avendo niente di più urgente di cui trattare e non avendo l'Italia problemi di rilievo da risolvere - chiederà l’inversione dell’ordine dei lavori del Parlamento per discutere (subito e in fretta) della cosiddetta “Salvapreviti”.
Berlusconi presidierà naturalmente l’aula, a controllare i suoi, pronti, come un uomo solo, a votare compatti per l’eroico perseguitato dalla giustizia, compresi gli intrepidi “alfieri della libertà” dell’Udc.
Con la ex Cirielli (perfino il relatore l’ha rinnegata ed ora è orfana) andrà al macero tra il 42 e il 49% dei circa 28.000 processi pendenti in Cassazione.
Corruzione in atti d’ufficio tra l’81 e l’89%, maltrattamenti in famiglia (ah, la famiglia…) tra il 35 e il 67%, calunnia 67%, omicidio colposo tra il 37 e il 57%, truffa tra il 53 e il 65 %, truffa aggravata 73%, usura 64% (Fonte: Centro elaborazione dati della Corte di Cassazione).
Tutti per uno.
Uno per uno…
Scusate… devo assentarmi un attimo…

°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Presto vieni qui, ma su non fare così
ma non li vedi quanti altri bambini
che sono tutti come te
che stanno in fila per tre
che sono bravi e che non piangono
mai!...
E' il primo giorno però domani ti abituerai
e ti sembrerà una cosa normale
fare la fila per tre, risponder sempre di si
e comportarti da persona civile!...
E questa stufa che c'è basta appena per me
perciò smettetela di protestare
e non fate rumore, e quando arriva il direttore
tutti in piedi e battete le mani...
Ora sei un uomo e devi cooperare
mettiti in fila senza protestare
e sei fai il bravo ti faremo avere
un posto fisso e la promozione...
E poi ricordati che devi conservare
l'integrità del nucleo familiare
firma il contratto, non farti pregare
se vuoi far parte delle persone serie...
Ora che sei padrone delle tue azioni
ora che sai prendere le decisione
ora che sei in grado di fare le tue scelte
ed hai davanti a te tutte le strade aperte...
Prendi la strada giusta e non sgarrare
se no poi te ne facciamo pentire
mettiti in fila e non ti allarmare
perchè ognuno avrà la sua giusta razione...
A qualche cosa devi pur rinunciare
in cambio di tutta la libertà che ti abbiamo fatto avere
perciò adesso non recriminare
mettiti in fila e torna a lavorare...
e se proprio non trovi niente da fare
non fare la vittima se ti devi sacrificare
perchè in nome del progresso della nazione
in fondo, in fondo puoi sempre emigrare..
(E.Bennato)

postato da carnesalli | 08:45 | commenti (6)
politica, democrazia, controcanto

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