ABBECEDARIO A MODO MIO

ABBECEDARIO A MODO MIO


"IL CONTRARIO DELL'AMORE NON E' L'ODIO, MA L'INDIFFERENZA. IL CONTRARIO DELLA VITA NON E' LA MORTE,MA L'INDIFFERENZA QUALSIASI COSA SCEGLIATE, MIEI GIOVANI AMICI, NON SIATE INDIFFERENTI" E.Wiesel

Sono particolarmente sensibile ai problemi sociali e a quelli delle persone più deboli: faccio del mio meglio perché si affermino i diritti di cittadinanza, di libertà, di eguaglianza, di giustizia, del lavoro, allo studio, a essere curati.
Credo in una società aperta, solidale, protesa al futuro, ma un futuro di equità e fratellanza.
Credo che ciò debba essere raggiunto assieme a tutti gli uomini di buona volontà che non hanno una visione egoistica della vita.
Alla domanda posta dai versi di una canzone "...Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità, farmi umile e accettare che sia questa la realtà?", vorrei che di me si dicesse, parafrasando ancora i versi del medesimo cantautore: "Ha avuto la forza che serve a camminare, ...e comunque la sua parte l'ha potuta garantire".
(Introduzione de "Abbedecedario a modo mio", del sottoscritto, Euzelia edizioni)

venerdì 13 gennaio 2012

GENNAIO 2005

lunedì, gennaio 31, 2005
 

C- Cornuti e mazziati.
«Oh, doveva essere il giorno glorioso. Tutti dovevano accorgersi della busta paga più pesante. Ma se non l'avessero ricordato i tg, di questo giorno glorioso non si accorgeva nessuno...».
Così Romano Prodi giovedì dalla tribuna del Lingotto ha sarcasticamente commentato il celeberrimo (epocale secondo il mago Silvio) taglio delle tasse che gli italiani avrebbero dovuto riscontrare nella busta paga di gennaio.
«Questo- ha osservato ancora Prodi- è il «glorioso giorno, nel quale per i ricchi tutto è uguale, per i poveri non è cambiato niente».
Modestamente – senza essere canditati alla Presidenza del Consiglio alle prossime elezioni – l’avevamo fatto notare per tempo: non c’è stato alcun miracolo, nessuna svolta epocale.
Il taglio delle tasse annunciato da Berlusconi si è trasformato, per la maggioranza dei casi, in pochi euro di risparmio per i lavoratori dipendenti.
Per le buste paga degli italiani non è cambiato nulla, mentre l’Europa denuncia i conti fuori controllo.

I pochi spiccioli in più lasciati dalla riforma fiscale nelle buste paga degli italiani erano già svaniti prima di arrivare: gli aumenti delle tasse abbiamo dimostrato essere complessivamente superiori (e più ingiusti: quasi tutti aumenti delle tasse indirette) a quanto restituito.

Solo cornuti?
No: anche mazziati.

Dal 1° febbraio scattano i primi rincari decisi in Finanziaria per bolli e concessioni varie.
Si tratta di una prima tranche di aumenti, dell’ordine del 30%, a cui ne seguirà un’altra a partire da giugno. Ancora una volta colpita la casa: le imposte in misura fissa sulla compravendita della prima abitazione passerà ad esempio da 387 a 504 euro. Ma Intesa consumatori ha già calcolato quanto le famiglie dovranno spendere in più quest’anno per bollette, prezzi e tariffe: ben 98 euro ogni mese a fronte di sgravi fiscali mensili calcolati sui 20 euro di media.
Già gennaio dunque, primo mese della riforma «epocale» di Berlusconi, come facilmente preconizzato, si chiude in rosso per i bilanci delle famiglie italiane.

Già esaurito dunque l’«effetto mancia» del taglio delle tasse.
L’elenco dei rincari segnalati dall’Intesa copre tutti i principali settori di spesa: dai servizi bancari che rincareranno di 25 euro (+5%) alla bolletta elettrica che ci costerà 15 euro in più, (+4,8%); dalla scuola per la quale avremo un rincaro di 29 euro (+6,8%) alle bevande ed i tabacchi che guidano la classifica dei rincari con un incremento di 76 euro (+10,3%)

Nel frattempo, ci avvisa l’Intesa, negli ultimi tre anni gli stipendi hanno perso il 24% del loro potere d'acquisto con un meccanismo perverso per il quale sono aumentati i beni di consumo giornaliero e sono diminuiti quelli di lusso.

Secondo l'Intesa poi, gli omessi controlli dei prezzi hanno determinato un trasferimento forzoso di 52 miliardi di euro dalle tasche dei consumatori e tale erosione non è destinata ad arrestarsi neppure quest’anno, quando - è stato calcolato - ci saranno rincari pari a 1.176 euro a famiglia con i consumi annui che passeranno da 27.139 euro del 2004 a 28.315 euro.

«A fronte di sgravi fiscali pari a 20 euro al mese, le famiglie italiane dovranno sopportare aumenti nel 2005 di 98 euro, con un saldo negativo, per l’80% della popolazione, di 78 euro a famiglia, dopo una stangata nel 2004 di 89 euro mensili», aggiunge l'Intesa ricordando che «le politiche economiche inserite in Finanziaria comportano aumenti (bolli, concessioni, Ici, tarsu, Irpef ed Irap regionali) per 10,2 miliardi di euro, a fronte di promesse riduzioni fiscali pari a 5,7 miliardi di euro, con un saldo negativo pari a 4,5 miliardi di euro»

E proprio dall’ultima legge di bilancio arrivano le altre cattive notizie, che toccano soprattutto la casa (sempre lei) per al quale è in arrivo una vera e propria stangata.
Dal prossimo 1° febbraio scatteranno infatti gli aumenti decisi in Finanziaria per le concessioni governative e le imposte fisse di registro, ipotecarie e catastali per le compravendite. Nel mirino della stretta fiscale anche i brevetti e gli atti societari.

I rincari saranno nell'ordine del 30% e non sono che un «antipasto».
Dal prossimo 1° giugno scatterà infatti la seconda tranche degli aumenti, che riguarderanno le marche da bollo, la concessione dei passaporti, le imposte di bollo su cambiali e titoli di credito. Dagli aumenti di febbraio e giugno il Tesoro calcola di poter mettere in cassa 1.120 milioni di euro, che saliranno a 1.320 dal 2007.
Particolarmente colpita, dicevamo, è la casa, che vede passare le imposte sulla compravendita della prima abitazione soggetta a Iva da 387,33 euro a 504 euro, l'imposta sempre sulla compravendita della prima casa non soggetta a Iva da 258,22 a 336 euro, il bollo per la registrazione telematica del rogito da 176 a 230 euro. Per i contratti di locazione, invece, l'imposta minima sarà di 67 euro, mentre chi chiederà la consultazione di mappe catastali cartacee sborserà dieci euro al giorno.
Come non aumentano le tasse:
CASA vecchi importi nuovi importi
Iva compravendite prima casa  387,33 504,00
registro compravendite prima casa 258,22 336,00
rogiti registrazione telematica 176,00 230,00
note trascrizione telematiche 0 59,00
ispezione ipotecaria per ogni nominativo 2,58 6,00
certificati ipotecari individuali 15,49 20,00
contratti preliminari 129,11 168,00
cessione contratti affitto pluriennali 51,65 67,00
contratti di comodato immobili 129,11 168,00
Per parafrasare il titolo di un noto film: sotto i tagli niente…

Nel frattempo su una autostrada del paese delle “grandi infrastrutture” (quantomeno disegnate su una lavagna), centinaia di automobilisti bloccati e abbandonati per giorni dal maltempo, hanno raccontato che nelle lunghe ore passate senza cibo e senza acqua, hanno dovuto mangiare la neve.

Quella, almeno, è gratis.


postato da carnesalli | 08:36 | commenti (9)

giovedì, gennaio 27, 2005
 
M – Memoria (giornata della)
Sessant’anni dalla liberazione di Auschwitz da parte delle truppe dell’Unione Sovietica.


Dicono che i vecchi hanno le loro fissazioni.
Ciascuno legato alla “sua” memoria, ai “suoi” ricordi.
E quindi sono noiosi.
Sarà che anch’io sono pericolosamente vicino al “mezzo del cammin” della mia vita (anzi statisticamente l’ho superato da un pezzo), ma io adoro i vecchi.
Soprattutto perché tengono viva la memoria.
E adoro la memoria, perché non invecchia.
Forse perché la lotta dell’uomo contro il potere, contro i soprusi, per la giustizia e la felicità è – in fondo, in gran parte - la lotta della memoria contro l’oblio.
Oggi è la giornata della memoria della Shoah.
E il fatto di sapere che a qualcuno ciò faccia venire il mal di pancia, o che altri considerino l’argomento attuale come uno studio sul mesozoico, mi lascia totalmente indifferente.
Anzi, mi fa salire l’adrenalina.
Anche perché – qui, in questa Europa – questi sono periodi di revisionismi e dimenticanze, strane equiparazioni e banalizzazioni, rigurgiti razzisti e antisemiti.

E’ a Parigi  che J.M.Le Pen relativizza la “disumanità” degli occupatori nazisti senza che da molti anni – da quando definì Auschwitz come “un dettaglio della seconda guerra mondiale” – gli elettori lo puniscano, anzi.
E’ a Londra che un “ignaro” (o ignorante?) principino si veste di croci uncinate.
E’ a Roma che un esaltato pallonaro comunica coi suoi tifosi con il saluto a mano tesa.
E’ a Dresda che al Parlamento di Sassonia i deputati neonazisti del Npd si rifiutano di osservare il minuto di silenzio in memoria della Shoah.
E’ ad Anversa che un partito nazista si candida  alla guida della città.
E’ nel nostro Parlamento che si propone la pensione e gli onori civici ai torturatori assassini di Salò e si negano i finanziamenti per la celebrazione del sessantesimo della Liberazione dai nazifascisti.
E’ un deputato italiano, Gramazio detto “Il pinguino”, di An, che ha dichiarato nei giorni scorsi: “la destra italiana non ha avuto responsabilità nello sterminio degli ebrei, l’Italia fascista non condivise le leggi razziali e Almirante salvava gi ebrei”.

La Lega  non ha firmato la risoluzione del Parlamento europeo nel sessantesimo del'Olocausto

E’ come se lentamente l’Europa perdesse le sue difese immunitarie.

Facciamo allora un po’ di memoria.

Le cifre dell’olocausto: il numero degli ebrei uccisi durante la “soluzione finale”

Stato       Pop. ebraica sett. 1939     perdite        percentuale

Polonia         3.300.000                       2.800.000                   85
Urss              2.100.000                       2.100.000                   71,4
Romania           850.000                       425.000                    50
Ungheria           404.000                       200.000                   49,5
Cecoslovacchia 315.000                       260.000                   82,5
Francia              300.000                        90.000                   30
Germania           210.000                       170.000                   81
Lituania              150.000                       135.000                   90
Olanda               150.000                        90.000                   60
Lettonia                95.000                         85.000                   89,5
Belgio                   90.000                        40.000                   44,4
Grecia                   75.000                        60.000                   80
Jugoslavia              75.000                        55.000                   73,3
Austria                   60.000                        40.000                   66,6
Italia                       57.000                        15.000                   26,3
Vari                        20.000                          6.000                   30  










                            8.301.000                 5.987.000                   72
                                              
Mi piace (si fa per dire) però oggi ricordare i bambini di Terezin
A Terezin, una piccola città di 7000 abitanti nella Boemia, la celebre cittadella fu trasformata dai nazisti in uno dei principali lager: qui vissero oltre 40.000 ebrei e transitarono innumerevoli convogli ferroviari destinati ai campi di sterminio.
A Terezin passarono anche 15.000 bambini che condivisero con gli adulti miseria e violenza, sevizie e fatiche; di loro soltanto cento sono sopravvissuti alla morte mentre di tutti gli altri conosciamo soltanto il nome, la data di nascita, di deportazione e di morte, il numero di matricola.
In queste condizioni disumane un gruppo di educatori, i cui nomi resteranno per sempre sconosciuti, per tenere accesa la speranza nel cuore dei bambini, cercarono di fare in modo che essi avessero la possibilità di esprimersi con il disegno e la poesia.
"…Siamo abituati a piantarci su lunghe file alle sette del mattino, a mezzogiorno e alle sette di sera, con la gavetta in pugno, per un po’ di acqua tiepida dal sapore di sale o di caffè o, se va bene, per qualche patata. Ci siamo abituati a dormire senza letto, a salutare ogni uniforme scendendo dal marciapiede e risalendo poi sul marciapiede. Ci siamo abituati agli schiaffi senza motivo, alle botte e alle impiccagioni: Ci siamo abituati a vedere la gente morire nei propri escrementi, a vedere salire in alto la montagna delle casse da morto, a vedere i malati giacere nella loro sporcizia e i medici impotenti. Ci siamo abituati all’arrivo periodico di un migliaio d’infelici e alla corrispondente partenza di un altro migliaio di esseri ancora più infelici …"

Così scriveva Petr Fischl, nato a Praga il 9/9/1929, deportato a Terezin l’8/12/1943, morto ad Auschwitz l’8/10/1944 (come tutti i bambini autori dei disegni riprodotti).
Egli fu uno dei 15.000 bambini e adolescenti ebrei che, strappati per lo più ai loro genitori, vissero più o meno a lungo nella città-ghetto di Terezin, prima di essere deportati nel campo di sterminio di Auschwitz.
Vorrei condividere con voi oggi una poesia, di P. Friedman:
La farfalla
L’ultima, proprio l’ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!
l’ultima,
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto:
i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere di castagno
nel cortile.
Ma qui non ho rivisto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.
 Pavel Friedman (1921 – 1944)
 E qualche disegno di quei bambini, nei quali, malgrado la cupezza, vive ancora la capacità di sognare un mondo migliore.

























Quei tratti a pastello sono oggi uno dei documenti di accusa più spietati e toccanti contro l’assurdità di tutti i fascismi e di tutte le guerre, un monito a lavorare per la pace e a diffondere i semi dell’amore e della tolleranza.
Teniamo accesa la stessa speranza suscitata da quegli educatori nei nostri cuori.










Intanto ricordando quei bambini.
+++++++++++++++
Per chi non ha voglia di dimenticare – i blog si tengono per mano



Mi piace la proposta di Betta – Flo.
E quindi vorrei portare una piccola testimonianza.
Mio padre ha fatto molti anni di prigionia, e quindi era fuori gioco.
Mio nonno e mia nonna erano cattolici antifascisti: di quelli iscritti all’Azione Cattolica perché alternativa “culturale e antropologica” ai Balilla.

Ma è di mio zio (in realtà il fratello di mia nonna, ma noi lo chiamavamo zio Mario) che vorrei parlare.

Dovete sapere che da parte di padre ho lontanissime origine nobili (a Verona esiste ancora un Palazzo Carnesalli), ma da parte di madre ho solide e meravigliose origine contadine.
Proprio quei contadini che si vedono in “Novecento” di Bertolucci.
Per riuscire a mangiare una parte dei miei “zii” si trasferirono a Milano e due di loro andarono a “servizio” da un famoso marchese che aveva la casa avita in via Pontaccio.
Brav’uomo, generoso; ma burbero e piuttosto distaccato con la servitù (che peraltro durante la guerra riuscirà a sfangarla mangiando il cibo preparato per i suoi cani; della qual cosa lui evito sempre di accorgersi).
La storia è lunga: ma insomma, durante la guerra egli aiutò e nascose partigiani ed ebrei.
Alla fine,come era inevitabile, lo individuarono e lo rinchiusero a San Vittore, insieme naturalmente al fido portinaio; ovviamente complice (per convinzione) dell’”atroce misfatto”.
Restano nella memoria familiare i racconti di questi due uomini che si cibano – per fame, il nobile e il servitore, insieme nella cella di S.Vittore - delle bucce delle patate, per poter sopravvivere.
Erano i giorni della primavera del 1945.
Entrambi erano già inseriti in una elenco di futuri deportati in Germania,
Per fortuna (ma la fortuna, ci hanno insegnato, va aiutata) arrivò l’aprile del 1945 e entrambi furono liberati.

Io ho ancora nelle orecchie il racconto che lo zio Mario ci faceva di quei giorni, la descrizione dei fascisti e dei nazisti, l’affiatamento che si creò tra di loro per il resto della loro vita (e qualcosa questo mi ha insegnato).

Non so se c’è un nesso: ma certo fin dall’infanzia, la mia verdura preferita sono le patate.


IL FILO DELLA MEMORIA
Per continuare sul sentiero della memoria
Questi sono i limk dei blogger che hanno aderito all’idea di postare qualcosa per la giornata della memoria:
Dolittle : http://aquiloneblu.splinder.com/
Stufa: http://stufa.splinder.com/
The Gatta: http//thegatta.splinder.com
Troppoditutto: http://abstractruth.splinder.com/
Stepa: http//stepa.splinder.com
Barone: http//baronerosso.splinder.com
Menelao: http//ilgiouncomormorante.splinder.com
Etty: http://viaggidaquilone.splinder.com/
Alp: http://maqrolldeibattelli.com/
Pattinando: http://virtualblog.splinder.com/
Onelonleyknight: http://supergulp.splinder.com/
Virgo960: http://virgo960.splinder.com/
Colfavoredellenebbie: http://colfavoredellenebbie.splinder.com/
Fiorile: http://nostalgiadifuturo.iobloggo.com/
Bassista: http://bassista.splinder.com/
Momi: http://quellachenonsei.splinder.com/
319: http://319.splinder.com/
Caprette tibetane: http://caprettetibetane.splinder.com/
Cicabu: http://cicabu.splinder.com/
Carnesalli: http://carnesalli.splinder.com/
Harmonia: http://ahimsa.splinder.com/
Lam: http://mutevolmente.splinder.com/
Skipper: http://schoonerblog.splinder.com/
Ariachiara : http://ariachiara.splinder.com/
La Sirenetta: http://sirenetta.splinder.com/
Cigale: http://cigale.splinder.com/
Spuma: http://spuma.splinder,com/
Aizarg: http://marinacentro.splinder.com/
Doug: http://random.iobloggo.com/
Joy_lb: http://lafabbricadelleidee.splinder.co/
Kusanagi: http://lavitaenientaltro.splinder.com/
Speedo: http://speedoblog.splinder.com/
Usermax: http://usermax.splinder.com/
Flor: http://maqrollilgabbiere.splinder.com/

Oltre naturalmente al nostro blogperlalibertà

postato da carnesalli | 09:04 | commenti (12)

martedì, gennaio 25, 2005
 
Avviso (ultimo?) ai naviganti
(ancora a proposito di blobperlelibertà)
 La parte “seriosa” la lascio al mio post precedente.
Chi desidera lo rilegga.
Oggi voglio giocare un po’.
Da sempre mi piacciono gli aforismi: adoro chi ti fulmina con poche parole, che tu magari cerchi da una vita, senza trovare, o ameno non così efficaci. Mi sono divertito a frugare nella memoria per vedere cosa saltava fuori, e credo che in quelli che ho trovato ciascuno di noi ci si possa ritrovare senza difficoltà.
Chi nell’uno, chi nell’altro…
Credo anche che, letti uno dopo l’altro, forse ci aiutino a rendere più chiara (e meno seriosa) la vicenda vagamente kafkiana che ci è accaduta (“una mattina Gregorio Samsa, destandosi da sogni inquieti, si trovò mutato in un insetto mostruoso… “Che mi è accaduto?” pensò”). Già: che ci è accaduto?
“Siamo un paese di poche idee e molte opinioni, dove il pensiero è debole e l’opinione è forte, un paese di opinionisti violenti. Ognuno ci ammannisce la sua opinione come una verità rivelata, dai giornali, dalla televisione, dalla radio. Ognuno difende a spada tratta la propria opinione come se fosse un’idea” (R.La Capria)
“Anche la natura umana mi deluse; la lasciai perdere in quanto la trovavo molto, troppo simile alla mia” (J.P.Donleavy)
“L’uomo che resta fuori da tutto non ha mai torto perché non ha mai avuto ragione” (Cioran)
“Nessun vento è favorevole per chi non sa dove andare, ma per noi che lo sappiamo anche la brezza sarà preziosa” (Rilke)
“Molti sono i colori e le opinioni, e il mondo sarà allegro se tutti i colori e tutte le opinioni avranno il loro spazio” (Subcomandante Marcos)
“Due topolini erano caduti in una tazza di crema. Il primo si arrese e affondò. L’altro non voleva cedere. Lottò così tanto che alla fine trasformò la crema in burro e riuscì a tirarsi fuori” (Spielberg)
“Ognuno prende i limiti del proprio campo visivo per i confini del mondo” (Schopenhauer)
“Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo” (Neruda)
“Sai dobbiamo andare e non fermarci mai finchè non arriviamo”. “Per andare dove amico?”. “Non lo so, ma dobbiamo andare” (Kerouac)
“E se facessimo la pipì sul muro dell’indifferenza?” (Lec)
“Ho provato, ho fallito. Non importa. Riproverò. Fallirò meglio” (Beckett)
Mi spiacerebbe davvero che tutto possa finire in niente o si riducesse a una vetrina per pochi.
Allora: - siccome l’idea originaria era stata a lungo da me corteggiata (scusate le autocitazioni dei mesi scorsi): “La polemica costringe a mettersi in relazione. Ma come dice Kierkegaard, nella perfetta distinzione della loro singolarità. La polis, plurale per definizione, ha bisogno comunque di un orizzonte comune, condiviso. Senza il quale gli uomini non potrebbero convivere. Un orizzonte che porti ad una convergenza, ad una coabitazione di "distinti", ad una tendenza a valori comuni. Ma non banali, che diano speranza. Noi siamo fatti di relazioni: diamoci traguardi, orizzonti, speranze” “mi vengono in mente le parole di un filosofo-teologo medioevale, Giovanni Scoto Eugenia, che di fronte all’esigenza di tener ferma la differenza nella relazione e la relazione nella differenza, fece l’esempio di una sfera d’oro issata sul più alto campanile del paese. Essa rilucerà maestosa e attrarrà a se’ tutti gli sguardi degli abitanti che ne saranno come invasi. Saranno sguardi pieni di venerazione sebbene nessuno tra questi possa mai pretendere di essere lo sguardo definitivo. Non è solo questione di diversi punti di vista, ma di riconoscere la propria limitatezza e l’uguale diritto dell’altri prospettiva. Il tema di fondo è: il male è pensare la differenza senza relazione e la relazione senza differenza. Lo stesso capita con queste "relazioni informatiche". Non è relativismo: ma condivisione della ricerca, dei risultati raggiunti, dei dubbi e delle domande, delle esperienze e delle difficoltà. Una sorta di "fraternità intellettuale". Bella. E stimolante. Anche se non la pensiamo nello stesso modo. Forse proprio perchè non la pensiamo nello stesso modo. Ma siamo disposti a mettere in comune la nostra parte di verità. E ciascuno di noi se lo vuole può diventare "link", o per dirla in italiano, "anello mancante".” “Ma come diceva Tonino Bello: “Non scoraggiatevi. Anche se è buio intorno, anche se avete la percezione di camminare nelle tenebre. Rostand cantava: “è di notte che è più bello attendere l’aurora”: bisogna forzare l’aurora a nascere, credendoci. Amici, forziamo l’aurora. E’ l’unica violenza che ci è consentita”. Ricordava un filosofo americano: ”c’è molto da fare, manca solo di cominciare. E’ una lotta di formiche contro dinosauri, però il futuro già è stato deciso in favore delle formiche. Tutto quello che facciamo per ricostruire la speranza e la vita è importante.” Questa è la filosofia della mia vita: vale più accendere una luce che maledire le tenebre. Allora la domanda è: noi cosa aspettiamo per far sentire la nostra voce, a provare a far circolare informazione vera? A smettere di lamentarci perché c’è chi non fa abbastanza, mettendoci noi in gioco in prima persona?” ”Da Presidente del Consiglio del governo ombra – scherzo, è per continuare il gioco di Luca – propongo: tutti noi – per scelta, per piacere o per entrambe le cose – usiamo lo strumento blog. Proviamo a “spenderci”: per “espanderci” (almeno per espandere spirito critico, voglia di libertà, buona informazione e perché no, buona politica – che poi è lo stesso). Ciascuno di noi ha le sue sensibilità e capacità ed ha persone con le quali è in contatto (non solo telematico). Credo sarebbe bello e utile organizzare una “rete” di scambi: chi se la sente approfondendo un tema, un filone, mettendolo a disposizione degli altri che a loro volta utilizzerebbero quel materiale mettendolo anch’essi a disposizione. E così via. Perché da me passano amici che altrove non passano e viceversa. Niente di maniacale, ma qualcosa di un po’ più “organizzato”. Far circolare idee, contestare bugie, stimolare il confronto, fornire informazioni altrimenti inaccessibili. Penso ad Anna per la scuola, Luca per il mezzogiorno, Flor per la giustizia e così via… Spendersi” per questo. Gratis! Con passione, ma non inquadrati, ciascuno con le sue idee e sensibilità. Per riconquistarci un pezzo di libertà.”
- siccome credo fermamente a questa “cosa”;
- siccome – malgrado tutto – credo nell’uomo e nella sua intelligenza;
- siccome credo fortemente nella responsabilità che ciascuno ha di fronte al mondo e agli altri, prima di buttare via tutto faccio un altro tentativo: ripropongo l’idea originaria.
La creazione di questa rete di scambi, dibattito e di informazioni. Che ci trovi, liberi, attorno a un “grumo di valori” condivisi che chiedo siano quelli già proposti, che vengano resi pubblici e accettati da chi vuole partecipare (la “cultura dell’appartenenza … la fedeltà a valori fondamentali… a punti di riferimento” di Falcone) Chiedo che chi si ritrova attorno a questo progetto dia la propria adesione.
Chiedo che questo spazio sia aperto a chiunque – a questa condizione – voglia partecipare.
Chiedo che i “ministeri” vengano convertiti in “collaboratori”.
Chiedo a tutti gli amici di dimenticare le incomprensioni.
Chiedo che – come nei matrimoni dei migliori film americani – chi ha qualcosa da dire lo dica ora (compresa la sua disponibilità) o taccia per sempre.
Alla fine del “sondaggio” tireremo le somme.
Come diceva Gandhi, cerchiamo di essere noi il cambiamento che vogliamo vedere nella società.
Dixi et animam salvavi.
p.s. questo post è stato messo anche qui per "intercettare" tutti gli amici.
postato da carnesalli | 22:01 | commenti (10)

lunedì, gennaio 24, 2005
 

T- Torre di Babele (anche a proposito del blogperlalibertà)
“La condizione umana è questa e solo questa: ogni generazione troverà il mondo in disordine e dovrà cercare di metterlo in ordine. Tu mi obbietterai che se ogni generazione lascia il mondo nel caos, tanto vale non metterci mano e lasciarlo com’è…tutti i medici sanno che le malattie esisteranno sempre, che la morte non sarà mai vinta, eppure ogni generazione di medici sa che la sua ragion d’essere è combattere le malattie. Proprio nello sforzo di riordinare il mondo, di “riconciliarlo”, noi compiamo la nostra liberazione.
Ci sono infatti due scelte possibili: o vivere per riconciliare gli uomini e cambiare il mondo, o vivere per sé, egoisticamente, con lo scopo di migliorare economicamente la propria condizione. Quest’ultima scelta – ricordalo – sarebbe la morte in vita. I ricchi potranno avere l’illusione di essere i proprietari del mondo, ma non potranno colmare il vuoto del loro cuore.
Tu Gaudy, accetteresti di essere proprietaria del mondo intero avendo come contropartita l’incapacità di mare e essere amata?. L’egoismo si paga troppo caro. Certo noi non vediamo chiaramente come per tanto sforzo gli uomini si amino di più…Lo vediamo a sprazzi, a tratti” (A.Paoli).
Mi sono tornate in mente queste parole – di una delle persone che è alla base del mio “essere”, che mi hanno dato l’imprinting, come per le oche di Lorenz – ripensando alle vicende di “Blogperlalibertà” (chiedo scusa a chi non lo conosce, ma lo trova tra i link).
Vicenda che ha rappresentato una lezione esemplare per ciascuno di noi.

Esso era nato sull’entusiasmo di tante persone che avevano intuito di avere molte cose in comune, e pochi spazi per dirle,  sull’utopia di creare uno spazio di formazione, informazione, controinformazione. Di condivisione.
E invece, come ho scritto, esso a tratti è diventato “coacervo di posizioni scombicchierate, luogo di battibecchi, spazio di polemica permanente e contrapposizioni inconcludenti”.
Qualche “sprazzo”, come dice Paoli, c’è stato: tuttavia è risultato difficile persino raccoglierci attorno ad un grumo di valori condivisi.
Eppure il primo lavoro che fanno le maestre all’asilo (e non sto scherzando) è insegnare a stabilire e osservare regole condivise che rendano possibile la convivenza.
Questione di civiltà.
Nessuno ha l’obbligo di andare all’asilo. Se ci va però, osserva certe regole.
Che valgono finchè non vengono cambiate tutti assieme.
Diceva Giovanni Falcone: “Il mafioso conserva qualcosa di cui gli altri membri della collettività sono privi: la cultura dell’appartenenza e la fedeltà a valori fondamentali. In un mondo privo di punti di riferimento, i mafiosi tendono a conservare la loro identità. La vita degli uomini d’onore è condizionata da tali valori”.
Connotazione negativa quella che Falcone dava  di quella “cultura dell’appartenenza” e di “valori di riferimento”.
Ma è chiaro che Falcone contrapponeva identità a identità, lamentando la mancanza di una cultura e di valori alternativi, non mescolando tutto in una melassa indistinta.
I paletti che ha messo gli sono costati la vita: non tutto è uguale, la tolleranza non è sterile irenismo, non tutto è accettabile, se abbiamo liberamente deciso, o la storia ci ha insegnato, che non lo sia.
Vale per la mafia, vale per qualunque altra cosa.
Questione annosa: rispetto per tutti i morti (pietas); ma chi fucilava a Salò per deportare ebrei nei campi di sterminio non sarà mai equiparabile a chi veniva fucilato per impedirlo.
E se oggi siamo qui a dircelo (nostalgici di Salò compresi) è perché hanno “vinto” i secondi e i loro “valori di riferimento”.

Al di là della vicenda del blog, è ovvio – secondo me – che ciascuno di noi debba darsi   
una “cultura dell’appartenenza … fedeltà a valori fondamentali… punti di riferimento”.
Ed essere coerenti.
Come all’asilo.
Riportavo in un commento una famosa poesia di Montale: “Non chiederci la parola che squadri da ogni lato…ah, l’uomo che se ne va sicuro agli altri e a se stesso amico…non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo, codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siano, ciò che non vogliamo”.
E invece nemmeno questo!
La torre è crollata in  una Babele dove ciascuno parlava la sua lingua e non ci si capiva più (e poi ci lamentiamo del centrosinistra…)

Eppure quella “piccola cosa” poteva essere – è? – un microscopico tentativo di “riordinare il mondo”.
Ma anche il mare è fatto di piccole gocce.
Forse prima di riordinare il mondo, dobbiamo riordinare il nostro cuore.
Io diffido molto di coloro i quali puntano il dito minacciando l’inferno.
Ma una domanda – che va a fondamento della società – ci deve risuonare nelle orecchie, ed è la stessa, l’unica, che ci verrà fatta – per chi crede – l’ultimo giorno e per tutti gli altri deve risuonare nella propria coscienza: “dov’è Abele, tuo fratello?”.
E non ci saranno scuse che tengano.
A quella domanda Caino risponde: “sono forse io il custode di mio fratello?”.
Ecco, io credo di sì. Anzi ne sono proprio sicuro.
I care, dicevo nel post di auguri per il nuovo anno.
Mi faccio carico di cambiare il mondo.
So già che molti penseranno: ovvio.

Però non siamo stati capaci di cambiare un blog….

Credo sia troppo facile fare bei discorsi.
Abbiamo un “dovere” io credo (“causa” l’ha chiamata Luca): e attorno a quello riunirsi.
Certo a chi di Abele non importa nulla non è obbligato…
Scrivevo in quel post: “ Ricordo di avere letto su una vecchia meridiana – nel mio vagabondare per cose antiche che hanno dentro di sé il lavoro e la vita di un uomo (o di una donna…) e ce la raccontano – questa frase: “Non amare soltanto quello che è perfetto, ma rendi perfetto ciò che ami”. I care: mi interessa, mi riguarda, me ne faccio carico (il contrario del fascista “me ne frego”, sosteneva Don Milani).
Non storcere il naso perché le cose non sono come vorremmo, non aspettare che lo siano, né che sia qualcun altro a pensarci; ma se c’è amore, nelle nostre azioni, se c’è passione, se c’è un progetto, un sogno, un’idea-le, se crediamo – o almeno ci proviamo - di non far parte dei “quelli che”, prendiamocene cura, spendiamoci per renderlo perfetto.
Tutti assieme, forse, ce la possiamo fare, a rendere perfetto ciò che amiamo.”
Credo che sia ancora una “ricetta” valida.
Credo che qualche volta dobbiamo mettere nel cassetto i nostri ego giganteschi.
Credo che vada fatto uno sforzo di chiarezza su chi siamo e dove vogliamo andare. Non necessariamente tutti assieme.
Credo che ciascuno debba darsi, come diceva Falcone, una “cultura dell’appartenenza … fedeltà a valori fondamentali… punti di riferimento”.
Credo che si debba – magari rallentando il passo e guardando meglio la mappa – riprendere il cammino.
Credo anche che sia un discorso che ha valenza generale e non sia limitato all’episodio, seppur istruttivo – del blog.
Che però credo conservi una sua validità formidabile (straordinaria, direbbe Fo).
Sennò, come dicevo, ciascuno tornerà a coltivare il suo orticello.
Terra da zappare ce n’è tanta.
Ma assieme è più bello.
Certe volte non importa quanta strada è stata fatta, ma come la si è percorsa.
Lo vogliamo cambiare questo mondo o no?
postato da carnesalli | 08:40 | commenti (17)

mercoledì, gennaio 19, 2005
 
 Q – Quiz (o dell’omino di burro)
ovvero “C’è chi nasce per dire qualcosa e chi per impedirglielo” S.Lec
“L’episodio dell’antitrust (sono stati nominati controllori del potere due sodali e amici del potere ndr) leva molti argomenti a chi, come il sottoscritto, esitava a usare con troppa disinvoltura la parola regime. Nel 2005 comincerò a usarla senza problemi, e non per colpa mia. Buon anno a tutti” (M.Serra, 31 dicembre 2004)
C’è un vocabolo che, secondo me,  può rappresentare il filo rosso che unisce questi nomi.
Vediamo chi indovina?
Baudo Pippo; Beha Oliviero; Biagi Enzo;  Chiambretti  Piero; Cugia Diego; Deaglio Enrico; De Bortoli Ferruccio; Fini Massimo; Freccero Carlo; (i) Guzzanti; Hendel Paolo; Luttazzi Daniele; Mentana Enrico; Mieli Paolo; Montanelli Indro; Rossi Paolo; Santoro Michele (continua);
Battista Pierluigi; Belpietro Maurizio; Del Noce Fabrizio; Giorgino Francesco; La Rosa Anna; Mensurati Stefano; Max e Tux; Marano Marano Antonio; Mimun Clemente; Moncalvo Gigi; Pionati Francesco; Socci Antonio; Socillo Bruno; Vespa Bruno (continua… eccome se continua…)

Beh, non era difficile…anche dopo il recente episodio di Paolo Rossi e del suo Moliere.

La parola magica è REGIME.
(Sento già le vestali dell’Accademia della crusca delle coscienze mormorare…no…regime…no…)

Il buon Montanelli (che se ne intendeva) ha detto una volta: “oggi per instaurare un regime, non c’è più bisogno di una marcia su Roma né di un incendio del Reichstag, né di un golpe sul Palazzo d’inverno. Bastano i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa: e fra essi, sovrana e irresistibile, la televisione”.
Il vero manganello ormai è il tubo catodico…
 
Ma se vi vengono in mente altre parole magiche…

Trovando ispirazione, per esempio:
- nella sequenza di leggi su misura fatte con abilità sartoriale dal nostro governo e votate plebiscitariamente dalla maggioranza attuale (qualche volta con l’uso di Alka Selzer, ma è stato un attimo…) e che val la pena di mettere in fila, sfidando la ripetitività, per non dimenticare come opera un potere attento soprattutto a risolvere i propri casi personali, incurante di ogni indecenza, nel disprezzo dittatoriale della minoranza  (per favorire capi e vassalli) e che violano la struttura di uno Stato di diritto: la legge Gasparri sulla rai-tv, non firmata dal presidente Ciampi a norma dell’articolo 74 della Costituzione, ritoccata dal Parlamento in modo non sostanziale, rimandata al Quirinale e obbligatoriamente promulgata; il falso in bilancio (si attende una pronuncia della Corte europea che deve giudicare sulla sua legittimità); le rogatorie internazionali (inapplicate nella pratica giudiziaria perché è prevalente il diritto internazionale); il lodo Schifani (respinto dalla Corte Costituzionale); la legge Cirami sul legittimo sospetto (ritenuta senza effetti dalla Corte di Cassazione); la legge sull’ordinamento giudiziario (non firmata da Ciampi per motivi di palese incostituzionalità e rimandata il 16 dicembre al Parlamento). E poi, l’ultima vergogna, la legge salva-Previti, condannato a undici anni per la vicenda Imi-Sir e a cinque anni per la Sme (corruzione), approvata il 16 dicembre dalla Camera. Mentre si sta preparando una legge salva-Dell’Utri, condannato l’11 dicembre a nove anni per concorso in associazione mafiosa dal Tribunale di Palermo (Tucidide nelle Supplici a proposito della figura del tiranno scriveva: “Leggi uguali per tutti non ci sono se egli governa; egli provvede a tutto, quando emana le leggi pensa solo al suo vantaggio; non vi è neppure l’ombra dell’eguaglianza”),
o ancora:
- nella violazione dell’articolo 11 della Costituzione;
- nell’incrinamento di diritti consolidati con l’avvio il cammino per cancellare 43 articoli della Costituzione della Repubblica;
- nel tentativo di ridimensionamento dell’autonomia della Magistratura;
- nell’insulto insistente all’avversario. Dopo aver preso di mira, anni fa, Biagi, Santoro e Luttazzi («autori di azioni criminose»), sono poi arrivate le invettive contro quelli che Berlusconi considera i suoi nemici, i magistrati di Milano, Borrelli, Di Pietro, Colombo, la Boccassini definiti «figure da ricordare con orrore». E come ha definito l’«Unità», la sua eminenza grigia per le azioni speciali Giuliano Ferrara? «Un giornale tendenzialmente omicida»;
- nelle bugie raccontate con naturalezza con la certezza che nessuno mai si alzerà per dire “il re è nudo”.
Come ha scritto Claudio Magris sul Corriere della Sera: “qui non si tratta più di destra o di sinistra, di statalismo o liberismo, di consenso o dissenso sulla guerra in Iraq. Qui si tratta di una degradazione civile che declassa a manfrina di interessi personali la legge che è uguale per tutti ed è fondamento dello Stato”.
Ecco che cos’è il regime berlusconiano, che non ha alcun riscontro con quanto accade in quelle che si chiamano democrazie occidentali (e ne approfitto oggi per dire queste cose prima che passi l’ennesima legge a misura “di cavalletto” già presentata in Parlamento che punisce “l’offesa al premier” con una pena da 1 a 5 anni – e nel caso conto sulla visita di voi amici…)
Ma per tornare al “regime mediatico” – pilastro di tutto - esso produce non solo censura, ma soprattutto autocensura, conformismo, servilismo: se il regime impiega così poco a silurare un grande come Enzo Biagi, i tanti piccoli (magari con contratti precari) sono avvisati di come devono comportarsi per mantenere il loro posto.
In questo clima trionfa la mediocrità e il conformismo.
In altri tempi (lottizzazione) si erano viste spartizioni (anche sbagliate) ma che garantivano in qualche modo una pluralità di voci: oggi un sistema scientifico di epurazione e censura è elevato a regola. E non si era mai visto prima. Non si è sostituito informazione di destra a informazione di sinistra: si sono eliminati l’informazione, il talento, la fantasia.
Oggi regna l’occupazione di uno solo al servizio di uno solo: il quale ha prima usato la politica per fare le televisioni ed ora usa le televisione per fare politica.

Come ha scritto di recente ancora Travaglio: “Ogni giorno che Dio manda in terra, il Vicedio che ne fa le veci a Palazzo Chigi sguinzaglia una lepre. La lepre comincia a correre a reti ed edicole unificate, e tutti, servitù al seguito, presunti oppositori, commentatori un tanto al chilo, abbandonano quello che stavano facendo per lanciarsi all’inseguimento della lepre…Intanto il Regime manomette la Costituzione, occupa la Rai e le Autorithy, decreta chi non deve fare il procuratore antimafia…”
“La sinistra vi darà solo miseria, terrore e morte”: al di là della gravità delle espressioni, via tutti dietro alla lepre…

Recentemente il Wall Street Journal – Heritage Foundation ha pubblicato questo poco lusinghiero giudizio, a seguito di una ricerca effettuata: “negli anni del governo Berlusconi l’economia è cresciuta meno rispetto agli altri paesi europei, le promesse non sono state mantenute, il debito è superiore al Pil, sono ripresi gli scandali finanziari”.
Quanti possono dire di averlo letto o sentito nei telegiornali?

Siccome però per taluni il mondo è infestato di pericolosi eversori, fissati demonizzatori, riporterei a questo punto il pensiero su questo argomento di Dionigi Tettamanzi (arcivescovo di Milano), noto sovversivo, espresso  l’ottobre scorso e che naturalmente gran parte dei media ha ignorato: “Le istituzioni democratiche, per essere vitali, devono essere sganciate da un controllo che non sia, appunto, democratico. Non devono essere oppresse da poteri estranei, come quello delle concentrazioni mediatiche o finanziarie. Telecrazia e plutocrazia non hanno nulla a che vedere con la democrazia, la soffocano inesorabilmente e rovinosamente. Di più, soffocano inesorabilmente e rovinosamente l’uomo stesso. Questi, infatti, esce a pezzi da un’informazione monodiretta e martellante, da chiunque essa venga promossa e attuata, e da una dinamica economica che impone un mercato senza regole o con regole destinate a far crescere un potere concentrato nelle mani di pochi. Una simile concentrazione del potere si presenta, seppure in forme nuove, come un oligopolio, il quale, oggi come ieri, non è alleato, ma nemico della democrazia.
La democrazia partecipativa ha assoluto bisogno di tre fondamentali valori: la solidarietà, la sussidiarietà e la legalità. In concreto, nessuna istituzione democratica può essere modificata, piegata, asservita per interessi di parte, al di fuori di una prospettiva solidaristica; al di fuori di una prospettiva rispettosa delle capacità e delle possibilità di intervento di cittadini e soggetti che si integrano fra loro e si completano per conseguire l’obiettivo del bene comune; al di fuori di una prospettiva di legalità limpida e forte.
Senza legalità non c’è Stato e senza Stato non c’è democrazia!
…concorrere alla rinascita della coscienza morale e civile del nostro Paese. Che la democrazia viva o muoia, illanguidisca o si irrobustisca dipende da questo preciso impegno etico, dipende dal fatto che ci prendiamo convintamene e seriamente a cuore una responsabilità che è decisiva per il presente e il futuro del Paese.”
Concorda Franco Cordero, che ha definito su Repubblica quello vigente un “regime plutomediatico”.

Del resto non è un caso se per la prima volta un paese del nucleo storico dell’Europa viene sottoposto a un’indagine dalla Commissione per la democrazia del Consiglio d’Europa per verificare se la situazione dei media e dell’informazione rispondono agli standard di pluralismo riconosciuti dall’UE (stiamo parlando dell’Italia, naturalmente e l’indagine è del 13 gennaio).
Scrive Travaglio, nel libro “Il regime” (da leggere): “è venuto il momento di lasciar parlare i fatti degli ultimi tre anni. Alla fine ciascuno potrà decidere con più cognizione di causa se questo è un regime oppure no. Basterà rispondere a due semplici domande. In quale democrazia accadono queste cose? E come si chiamano i posti dove queste cose accadono?”
Non demonizzate, dicono (perché la critica ormai è demonizzazione, e “il nostro piangere fa male al re”), e via come entomologi a vivisezionare gli oppositori: “certa sinistra”, “i riformisti”, “i girotondini”, i “massimalisti”.
Berlusconi non è il diavolo, no.
E’ l’Omino di burro: ricordate Pinocchio?

Il capitolo nel quale Pinocchio  (noi) viene portato nel Paese dei Balocchi dove, dopo un paio di mesi beati, si sente spuntare  un bel paio di orecchie d’asino, e diventa ciuchino, con la coda e tutto.
Guardiamolo questo pifferaio di Hammelin, questo omino di burro che conduce tutti nel Luminoso Futuro nel quale i giovani vanno tutti a lavorare in televisione (un recente sondaggio ha rilevato che alla domanda “cosa conta nella vita?”, la maggioranza – il 32% - non ha risposto “realizzare i miei sogni” o “andare bene in famiglia” ma: “avere notorietà”), si pagano poche tasse, si ride, ci si diverte a vedere partite di calcio…c’è sempre una luce dorata e calda, i gesti sono misurati e un Grande Capo Buono veglia su di noi (nessuno ha mai visto Studio aperto?).
”Finalmente il carro arrivò” dice Collodi “ e arrivò senza fare il minimo rumore”.

Il Nuovo Omino di Burro è l’uomo delle televisioni e delle partite di calcio: era già tra noi, abitava già stabilmente nell’inconscio degli italiani, modellati così nel corso degli anni ottanta, durante i quali venne dato uno stile alla volgarità, così che nessuno si sarebbe accorto quando qualcuno avrebbe alzato il coperchio per far uscire tutto ciò che nessuno avrebbe mai osato dire o pensare prima (e da allora è stata una gara).
Del resto Norberto Bobbio (ma prima di lui Pasolini), anni fa ci aveva già avvisato: “Perché è accaduto tutto questo? Io credo che determinante sia stata la televisione, ma non nel senso che Berlusconi sia apparso in video molto più di altri, bensì perché la società creata dalla televisione è una società naturaliter di destra…Non ha vinto Berlusconi in quanto tale, ha vinto la società che i suoi mass media, la sua pubblicità hanno creato. E’ la società che gode nel vedere insulse famigliole riunite intorno a un tavolo che glorificano questo o quel prodotto…”.
Eliminazione di ogni “diversità culturale”: non si potrebbe capire quell’emulazione sociale, che è complicità, che prende il posto del classico consenso, se non si spiega il bombardamento più o meno subliminale che ha esercitato e continua a esercitare con le sue televisioni.
Così quando il carro dell’Omino di burro è arrivato erano già pronte “dodici pariglie di chiuchini, tutti della medesima grandezza, ma di diverso pelame”.

E lui, l’omino, colui che ci  condurrà nel Paese dei Balocchi?
Secondo Collodi è “tenero e untuoso…con un visino di melarosa, una bocchina che rideva sempre e una voce sottile e carezzevole…”: un gran seduttore.
“Stavano male – dice Collodi – stavano pigiati, non potevano quasi respirare; ma nessuno diceva hoi, si lamentava”.
In quel carro l’illusione (nomen omen dicevano i latini: Berlusconi è nato dal francese eberluer - sbalordire, meravigliare - e non come qualche malizioso potrebbe insinuare dal diavolo berloc. Cosi "avoir la berlue" - avere visioni o farsi illusioni, è quello che si dice - appunto - un nome un destino), l’illusione, dicevamo, funziona da anestesia; l’attesa di arrivare nel paradiso dove non si studia e non si lavora era tale che “li rendeva così contenti e rassegnati, che non sentivano i disagi…”.
Il problema è che l’Omino di Burro non è sempre così tenero come appare.
Se succede che ci sia un asinello ribelle o poco disciplinato, succedono delle cose poco belle: niente caos sul carro di Berlusconi, non ci si illuda di fare a modo proprio (e le persone elencate sopra l‘hanno sperimentato di persona).
Così dice Collodi “ …l’Omino non rise. Si accostò pieno di amorevolezza al ciuchino ribelle  facendo finta di dargli un bacio, gli staccò con un morso la metà dell’orecchio destro”.
Attenti ciuchini che salite sul carro… 
Come ha scritto di recente Furio Colombo: “Quanto al rispondere liberamente con mezzi equivalenti, ad accuse e sentenze unilaterali, del potere non se ne parla neanche….il sistema funziona in modo perfetto. Lui è buono. E la banda che continua ad attaccarlo prima o poi la metteremo a tacere. E’ un progetto che conta su una sottomissione compatta. Non resta che una domanda (e una speranza): continuerà a essere compatta?”
Io da parte mia consiglio di fare come lo scrivano Bartebly (meravigliosamente raccontato da Melville);  alle lusinghe dell’omino di burro rispondiamo, con moderata intransigenza (anche se per qualcuno demoniaca), come faceva lo scrivano alle insistenze del suo datore di lavoro: 
“grazie, preferirei di no”.


(Per chi fosse interessato ad approfondire rimando al post del mese di maggio 2004 su “della politica e dell’utilità della stessa”)


P.S. Altri argomenti non mancherebbero, ma non si può arrivare dovunque.
Sottopongo alla vostra riflessione solo:

- “Le donne per le materie scientifiche non sono tagliate di natura. Proprio non ci arrivano col cervello”. L.Summers, Presidente della Università di Harvard;

- Si è aperta a Kobe la conferenza organizzata dall’Onu per fare il punto sugli interventi contro i disastri naturali.
La prima domanda che risono fatti è stata: “quante persone si sarebbero potute salvare dallo tsunami con un sistema di allerta efficiente?
La seconda considerazione è stata: non è un caso se in dieci anni il 95 per cento delle vittime delle catastrofi si registra fra i paesi poveri.
Eggià.
- Sheila Sisulu, vicepresidente del Programma alimentare mondiale ci ricorda che muoiono ogni giorno per fame 25.000 persone. In una settimana ci sono più morti per fame che vittime dello tsunami (e il nostro governo, unico, ha dirottato i fondi per la cooperazione alle popolazioni colpite dallo tsunami….)

postato da carnesalli | 08:32 | commenti (27)

domenica, gennaio 16, 2005
 
R - Rewind
Oggi giornata di (finto) blocco del traffico causa inquinamento soffocante.
Non sempre è possibile trovare parole nuove per raccontare quel che ci sta attorno.
Del resto il problema dell'aria a Milano (e non solo) è, ahimè, sempre lo stesso. Infatti siamo ancora qui a combattere contro polveri e smog (mentre ci avvisano che - dopo aver vietato il fumo - la vita degli italiani che vive nelle zone inquinate è diminuita, a causa di ciò, di nove mesi).
E anche Formigoni è - riahimè - sempre lo stesso (lo ricordate giurare che nel 2005 sarebbero circolate in Lombardia solo auto a idrogeno?).
Non solo è sempre lo stesso, ma si presenta anche per la terza volta per la carica di Presidente della Regione (è proprio vero che all'inquinamento non c'è limite...)
Chi deve votare faccia un nodo al fazzoletto, per non dimenticarsi di fargli prendere un pò di vacanza...
Allora torno indietro col tasto rewind e ripropongo quel che ho scritto qualche mese fa.
Purtroppo è ancora attuale...
O – Ossigeno
Quella passata è stata una settimana fatta da molte giornate di sole consecutive.
Per chi è riuscito a intravederlo, attraverso la melassa appiccicosa e grigia che sta sopra le nostre teste (e dentro le nostre ossa).
Talmente opprimente che viene in mente Obelix e il suo terrore che il cielo gli cada da sopra la testa.
Bene, allora, si direbbe.
No, male.
Perché, al solito, i livelli di inquinamento sono stati per giorni sopra la soglia di allarme (cosa deve succedere perché qualcuno provveda?)
Di inquinamento si muore: a Milano si contano 1600 decessi l'anno - pari a oltre 4 morti al giorno, contro 1 di Roma o Parigi - correlati alla pessima qualità dell'aria che respiriamo. Dodicimila in Italia.
E secondo i medici pneumologi, riuniti in questi giorni a congresso a Milano basterebbe diminuire i livelli di PM10 nell’aria di soli 5 microgrammi a metro cubo per risparmiare 5.000 vite all’anno.
E si tratta di evidenze scientifiche: è l'Istituto dei Tumori di Milano che attribuisce all'inquinamento atmosferico il 12% di tutti i decessi per cancro che si verificano nel capoluogo lombardo nonchè dal 5 al 20% delle leucemie.
Un milione di auto entrano e escono ogni giorno dalla città (che ha una struttura medievale ma ha 750 auto per mille abitanti) che si riempie di ozono, benzene, Pm10. E ogni volta che c'e' un incremento di 10 microgrammi al metro cubo di inquinamento urbano si registra un aumento dei decessi intorno al 4-6%: lo sostiene il responsabile del Servizio epidemiologico di Milano.
Ogni anno nelle città italiane muoiono oltre 2600 persone a causa di un indicente stradale (nel mondo sono 300.000, ciascun automobilista di Bangkok perde 44 giorni di vita della sua vita fermo nel traffico, 3000 miliardi sono i danni sanitari causati dal traffico ogni anno a Città del Messico): e malgrado tutto il numero dei passeggeri delle auto è aumentato tra l'85 e il '95 del 57%.
Certo vengono colpiti soprattutto i soggetti più esposti come i vecchi o i malati: ma perchè, loro non contano?
Perchè un bambino di Milano deve soffrire il 40% in più di patologie respiratorie o deve avere un rischio doppio di contrarre la leucemia (non il raffreddore) di un coetaneo che vive in Brianza?
Non è gusto per le limitazioni o volontà liberticida, come qualcuno sostiene (del resto l'ingorgo quotidiano che già paralizzava Roma spinse Giulio Cesare a proibire l'uso dei carri durante il giorno - suscitando le proteste dei romani -, alcuni anni dopo l'imperatore Claudio estese il blocco alle altre municipalità e Marco Aurelio a tutte le città dell'impero): è che le regole aiutano i più deboli.
E' insomma, come sempre, attenzione agli ultimi: a chi non vive in quartieri residenziali, a bambini, anziani, malati, a chi non può (o non vuole) permettersi di ossigenarsi in montagna.
E' vero "il carro conferisce al suo possessore una piacevole sensazione di libertà" sosteneva già l'imperatore Adriano, anticipando qualche pubblicità dei giorni nostri, che però aggiungeva - constatando l'aumento dei veicoli: "questo piacere distrugge il suo stesso scopo; un pedone può avanzare più facilmente di cento veicoli bloccati".
Ma queste per qualcuno sono preoccupazioni da anime belle, al massimo si può limitare qualche ora il traffico, ma alla domenica.
O andare di tanto in tanto a targhe alterne, o mettere supertasse sulle auto.
O sperare che piova (pare che Formigoni sia in contatto con uno sciamano): e per fortuna ieri ha piovuto.
Qui a Milano, qualcuno sostiene, si lavora (e si consuma: oggi il blocco è dalla 9 alle 12 e dalle 15 alle 18: giusto per la spesa!).
A vivere, penseremo un’altra volta.
postato da carnesalli | 17:38 | commenti (9)

giovedì, gennaio 13, 2005
 

E’ normale piangere per le umiliazioni subite?
Può un uomo adulto subire continue umiliazioni?
Può una persona vivere in continuo stato di guerra e di stress?
Fino a quando può reggere un sistema nervoso?



Quando si può avere il diritto di dire: non ce la faccio proprio più?
E quando te le sei detto ma non hai sbocchi?
postato da carnesalli | 15:29 | commenti (20)
 
Non è un buon periodo, purtroppo.
Ma ho ricevuto questa lettera da una mia carissima amica e ho pensato di condividerla con voi:
"Lunedi’, 10 gennaio 2005
Sono arrivata a Vijayawada (Andhra Pradesh, India) venerdi' sera e ieri sono andata con lo staff a Manginapudi e Peddapatnam (Liste 1 e 2).  Prima della distribuzione di quanto portato con due camions ho voluto rendermi conto della situazione in generale della zona dopo lo tsunami.


Gia’ subito dopo lo tsunami abbiamo dato da mangiare a 1000 persone per tre giorni a Manginapudi e nei giorni seguenti abbiamo dato 25 kg. di riso a 450 famiglie di villaggi vicini.


 Sulla nostra bella e amata spiaggia di Manginapudi, dove abbiamo iniziato quest’avventura Care & Share nel 1991,  non c’e’ praticamente piu’ nulla : detriti e reti arrotolati ed impigliati.  I nuovi piccoli edifici “balneari” sono tutti distrutti.  In quel preciso punto sono morte 50 persone travolte dalle onde.  A Manginapudi c’e’ il faro costruito dai brittanici gia’ piu’ di un secolo fa.  E’ significativo perche’ il faro e’ stato costruito nel punto piu’ ALTO della costa. Gia’ il 19 novembre 1977 c’era stato un maremoto locale di cui non abbiamo mai saputo niente in Italia : in quell’occasione erano morte circa 50,000 persone, motivo in piu’ per cui ancora oggi la popolazione locale e’ ancora cosi’ povera.  Il villaggio vero e proprio di Manginapudi si trova all’altezza del faro alla fine di una spiaggia di sabbia di un paio di chilometri.  L’acqua delle onde e’ arrivata quasi sino al villaggio, travolgendo e distruggendo per 2 chilometri le capanne dei pescatori “vagabondi”. Quindi nel villaggio ufficiale di Manginpudi i danni sono inferiori che altrove. I padri di famiglia sono quasi tutti pescatori di mestiere, oppure lavorano nei campi di sale subito dietro al villaggio. Le onde hanno spinto le barche sino al villaggio.  Ieri c’erano dei carri con dei buoi che portavano piano piano nella sabbia le barche per 2 chilometri sino alle rive del mare......o i resti di barche per eventuali possibili riparazioni. Pare che le onde non siano arrivate dappertutto con la stessa violenza : cio’ dipende dal fondale e dalla profondita’ delle rive.  Quindi sono molti i villaggi piu’ colpiti di Manginapudi.  Pertanto abbiamo deciso di dare soccorso prima ai villaggi piu’ bassi ed esposti. A Manginpudi ci chiedono barche, reti e soprattutto la riparazione di una diga danneggiata nella laguna (costo circa 4.000 euro) che prima riparava sette villaggi dal mare ed i preziosi campi di sale, fonte di lavoro per centinaia di famiglia, ora sotto l’acqua del mare.


Come prima destinazione di soccorso vero e proprio abbiamo scelto l’isola di Peddapatnam.  Fino a pochi anni fa l’isola non era nemmeno collegata alla terraferma e non esisteva un scuola : motivo per cui abbiamo iniziato ad aiutare questi bambini.  Praticamente tutta l’isola e’ stata invasa dall’acqua da tutti i lati, rovinando i raccolti.  E’ un’isola grande circa 2 chilometri per 3 ed il villaggio si trova al centro.  Qui per fortuna non e’ morto nessuno, ma a parte i raccolti andati perduti, sono molte le barche sparite e danneggiate e quasi tutte le reti inservibili.  L’aiuto e’ stato dato ai piu’ poveri del villaggio, gli Harijans (termine che significa “Bambini di Dio” coniato dal Mahatma Gandhi per descrivere gli intoccabili).....i quali in questa situazione sono i piu’ indifesi e vivono tutti in capanne di paglia.


Quindi abbiamo distribuito un po' di tutto a 257 famiglie harijans (916 persone) dell'isola di Peddapatnam : 10 kg di riso, 1 litro di olio, un secchio grande di alluminio, piatti di alluminio, stuoie, 4 saponi, 1 shampoo, sapone per piatti, lenzuola, tre pentole, 10 litri di acqua in una tanica, 1 secchiello per lavarsi, banane, portati da due camions. Allego la lista dei beneficiari. Inoltre abbiamo dato fuori sei reti da pesca e quattro barche. Oltre alla distribuzione c’e’ stato anche un intrattenimento dei nostri bravi clowns dentisti italiani : Evaristo, Lorenzo ed Alessandro.  Hanno fatto un divertentissimo show di clowns di un’ora e mezzo e nel pomeriggio hanno curato una ventina di persone nel nostro nuovo pullmino medico offertoci dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, tramite l’Associazione medica Padova Ospitale. Nel frattempo dell’altro nostro personale medico vaccinava contro il tifo 250 bambini e 75 adulti.  C’era ovviamente una grande ressa di persone, pero’ molto educate che aspettavano tranquillamente il loro turno : gli abitanti di Peddapatnam conoscono bene Care & Share.  Quando siamo ripartiti il loro saluto e’ stato commovente : “Vi ringraziamo tanto non solo per quello che avete fatto oggi per noi, ma per aver fatto educare quasi tutti i nostri figli con le adozioni a distanza.  Solo grazie a voi, molti di loro sono addirittura all’universita’.”


Adesso ci hanno chiesto di riparare un ponte che collega l'isola alla terraferma e che permetterebbe a loro di andare in terra ferma a lavorare nei campi salvati. Vorrebbero anche rifare una piattoforma andata distrutta dove suddividere il pesce pescato. Questo progetto costerebbe circa 2500 euro (ponte e piattaforma di Peddapatnam). Ci chiedono altre barche, ma qui non esistono cantieri, locali quindi ci vorra’ del tempo per esaudire queste necessita’. Esistono solo artigiani singoli che ricevono circa due/tre ordini all'anno!


Un caro saluto!


Carol Faison"

COME CONCRETAMENTE AIUTARCI

Interventi di primo soccorso: 500 Euro al giorno per cibo per 1000 persone
Fornitura di barche da pesca per le compagnie di pescatori: 200 Euro mezzo
Fornitura di reti da pesca per le compagnie di pescatori (10 famiglie circa): 80 Euro l’una
Scavo dei pozzi artesiani: 100 Euro per ognuno   
Utensili (pentole) per famiglia : 100 Euro
Bonifica terreno : 100 Euro per un acro di terreno      
Riparazione capanne : 40 Euro


Per quanto concerne gli altri interventi strutturali, non sono ancora quantificabili le richieste. Per tutto questo Vi chiediamo un aiuto urgente mediante:


Versamento sul c/c postale 47086731 con causale MAREMOTO  oppure


Bonifico bancario presso Banco San Marco (ex Popolare di Verona) C/C: 000000021740 – CAB: 02001 -  ABI: 05188 -  CIN: K    con causale MAREMOTO…….


Entrambi i conti intestati a: Care & Share Italia Onlus – San Marco 552 – 30124 Venezia


 Feeding 10 - 29 dic.jpg (81.2 KB)

 Disaster - 28 dic.jpg (186.3 KB)

http://www.careshare.org/



postato da carnesalli | 08:32 | commenti (4)

martedì, gennaio 11, 2005
 
L – (due) libri

Ho fatto in modo che Babbo Natale mi facesse trovare sotto l’albero due libri (da molti anni ormai ho abbandonato l’aspetto onanistico del Natale con annessa ansia – da prestazione - da regalo).
Due libri assai diversi tra loro, ma che in fondo hanno molto in comune.
Il primo, “Senza Patricio” di Valter Veltroni; cinque racconti nati dalla curiosità di capire che storia si celasse dietro una frase letta su un muro di Buenos Aires: “Patricio, te amo. Papà”.
Sono racconti che parlano dell’Argentina, ma anche delle angosce, delle paure, delle aspirazioni degli uomini e delle donne del nostro tempo.
Sono storie che raccontano dell’amore tra padri e figli. 
Certo Veltroni non è Calvino.
Ma sono cinque storie molto belle; struggenti, a tratti.
In epigrafe è riportata una poesia di Borges, che mi sono ricordato di aver letto un milione di anni fa, e che trovo molto bella:
“I giusti.
Un uomo che coltiva il suo giardino, come vuole Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Queste persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.”

L’altro, “Il tempo di cambiare” di Paul Ginsborg: un saggio sulla politica e potere nella vita quotidiana (introdotto tra l’altro da una gustosa striscia di Mafalda…),  del come cercare di uscire dalla sensazione, comune a molti, di sentirsi come stretti nel morso di una tenaglia, tra l’urgenza di fare qualcosa e l’impotenza di fare qualcosa.
Una percorso che dipanandosi conduce – direi inevitabilmente - alla necessità di riprendere il controllo della qualità delle nostre vite e del contesto  in cui le viviamo.
E soprattutto ci dice l’importanza che ciascuno compia delle scelte consapevoli, all’interno di una riflessione – a me particolarmente cara – sulla vita quotidiana in questo modello di globalizzazione.
Libro intelligente, che chiama in causa la vita di ciascuno in prima persona.
Questo l’indice: Non si può andare avanti così – Scelte individuali e capitalismo consumista – Famiglie – Le possibilità della società civile – Fare funzionare la democrazia.

Due libri diversi quindi (che intrigherebbero molto Floreana): ma in entrambi privato e pubblico si mescolano, vita e sogni fanno tutt’uno con la realtà.
Nel primo si raccontano vicende in cui le fantasie, i desideri, i sogni dei protagonisti si innestano nella realtà della cronaca e della storia., dalle quali traspare l’ansia di trovare un senso all’esistenza; nel secondo si coglie l’intreccio tra individuale, locale e globale, si stabiliscono connessioni tra le nostre vite e i poteri più estesi che le configurano,  alla ricerca di una politica del futuro: che reinventi ideali (una “politica”) riconoscendo i legami che intercorrono tra i valori universali e la vita delle persone, i loro comportamenti quotidiani.
In uno sforzo – per me indispensabile – di recupero di consapevolezza dei nostri gesti, delle nostre scelte e comportamenti (per esempio nei consumi).
Perché un altro mondo è davvero possibile.
Qui ed ora.

Per quel che vale il mio parere, ne consiglio la lettura.
postato da carnesalli | 08:33 | commenti (12)

mercoledì, gennaio 05, 2005
 
Q – Quelli che
(Ripensando in questo inizio d’anno a Don Milani e al suo “I care”)

Quelli che: tanto non cambia mai niente,
quelli che: tanto una volta al potere pensano solo a se stessi,
quelli che: cosa c’entro io, deve pensarci lo Stato,
quelli che: cosa c’entra lo Stato, ci penso io,
quelli che: il mondo è sempre andato così,
quelli che: il mondo è dei furbi,
quelli che: io non voto, tanto sono tutti uguali,
quelli che: la politica è una cosa sporca,
quelli che: non credo più a nessuno, tanto rubano tutti,
quelli che: primo prossimo me stesso,
quelli che: fatti furbo, tanto non cambia niente,
quelli che: i poveri ci sono sempre stati,
quelli che: se la sono voluta, avessero pensato ai fatti loro,
quelli che: non ti impicciare, non ti riguarda,
quelli che: no guardi, non mi intendo di politica,
quelli che: non è che non c’è lavoro, è che non hanno voglia di lavorare,
quelli che: io ai miei tempi…,
quelli che: una volta qui era tutta campagna,
quelli che: la mafia non esiste,
quelli che: almeno ci danno lavoro,
quelli che: ma chi te lo fa fare, goditela,
quelli che: cosa vengono a fare, a portarci via il lavoro?
quelli che: Padania libera,
quelli che: l’importante è essere liberi dentro,
quelli che: in fondo c’è sempre il telecomando,
quelli che: si è arricchito lui, arricchirà anche noi,
quelli che: tanto poi chiediamo il condono,
quelli che: io faccio quello che mi pare,
quelli che: ma a lei cosa interessa cosa faccio io?
quelli che: io non ho visto niente,
quelli che: forza Milan,
quelli che: ma che cosa vuoi che sia,
quelli che: ah, i miei quindici giorni di vacanza…
quelli che: non ci sono più valori,
quelli che: io omosessuale proprio no,
quelli che: certo io ce la faccio ancora, ma gli altri come fanno?
quelli che: così la prossima volta imparano,
quelli che: l’ha detto la TV,
quelli che: se non lo faccio io, lo fa un altro,
quelli che: il problema è un altro,
quelli che: è un illuso, vuol cambiare il mondo...

Quelli che: ma io cosa ci posso fare?

A tutti “quelli” dedico per il nuovo anno,

La storia
(F. De Gregori)

La storia siamo noi, nessuno si sente offeso;
siamo noi questo prato di foglie sotto il cielo.
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si sente
escluso.
La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare,
questo rumore che rompe il silenzio,
questo silenzio così duro da masticare.
E poi ti dicono: "Tutti sono uguali,
tutti rubano alla stessa maniera"
ma è solo un modo per convincerti
a restare chiuso dentro casa quando viene la sera;
Però la storia non si ferma davvero davanti a un
portone
la storia entra dentro le stanze, le brucia,
la storia dà torto e dà ragione.
La storia siamo noi siamo noi
che scriviamo le lettere
siamo noi che abbiamo tutto da vincere
o tutto da perdere.
E poi la gente (perché è la gente che fa la storia)
quando si tratta di scegliere e di andare
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti
che sanno benissimo cosa fare:
quelli che hanno letto un milione di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare;
ed è per questo che la storia dà i brividi,
perché nessuno la può fermare.
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
siamo noi, bella ciao, che partiamo
la storia non ha nascondigli, la storia non passa la
mano,
la storia siamo noi,
siamo noi questo piatto di grano.

***

Ricordo di avere letto su una vecchia meridiana – nel mio vagabondare per cose antiche che hanno dentro di sé il lavoro e la vita di un uomo (o di una donna…) e ce la raccontano – questa frase: “Non amare soltanto quello che è perfetto, ma rendi perfetto ciò che ami”.

Ecco, questo è l’augurio che faccio a ciascuno di noi per il nuovo anno.

I care: mi interessa, mi riguarda, me ne faccio carico (il contrario del fascista “me ne frego”, sosteneva Don Milani).

Non storcere il naso perché le cose non sono come vorremmo, non aspettare che lo siano, né che sia qualcun altro a pensarci; ma se c’è amore, nelle nostre azioni, se c’è passione, se c’è un progetto, un sogno, un’idea-le, se crediamo – o almeno ci proviamo - di non far parte dei “quelli che”, prendiamocene cura, spendiamoci per renderlo perfetto.

Tutti assieme, forse, ce la possiamo fare, a rendere perfetto ciò che amiamo.

Perché la storia siamo noi.

“Ho sempre pensato e lo penso tuttora – ha sostenuto Vittorio Foa per la politica, ma credo che valga anche per la vita - che la forza politica non sta nell’impazienza. Sta nella continuità dell’impegno. Nella capacità di non perdere mai di vista ciò che sta succedendo. Nel tenere gli occhi aperti e saper rispondere a tutto ciò che accade”.
postato da carnesalli | 17:41 | commenti (22)

lunedì, gennaio 03, 2005
 
B – Bellezza (della guerra e della pace)
Le parole degli altri

Alessandro Baricco, “Iliade”, Feltrinelli.

“Quel che forse suggerisce l’Iliade è che nessun pacifismo, oggi, deve dimenticare, o negare quella bellezza: come se non fosse mai esistita. Dire che la guerra è un inferno e basta è una dannosa menzogna. Per quanto suoni atroce, è necessario ricordarsi che la guerra è un inferno: ma bello. Da sempre gli uomini si buttano come falene attratte dalla luce mortale del fuoco. Non c’è paura, o orrore di sé che sia riuscito a tenerli lontani dalle fiamme: perché in esse sempre hanno trovato l’unico riscatto possibile dalla penombra della vita. Per questo oggi il compito di un vero pacifismo dovrebbe essere non tanto demonizzare all’eccesso la guerra, quanto capire che solo quando saremo capaci di un’altra bellezza potremo fare a meno di quella che la guerra da sempre ci offre.

Costruire un’altra bellezza è forse l’unica strada verso  una pace vera. Dimostrare di essere capaci di rischiarare la penombra dell’esistenza, senza ricorre al fuoco della guerra. Dare un senso forte alle cose senza doverle portare sotto la luce accecante della morte. Poter cambiare il proprio destino senza doversi impossessare di quello di un altro; riuscire a mettere in movimento il denaro e la ricchezza senza dover ricorrere alla violenza; trovare una dimensione etica anche altissima, senza doverla cercare ai margini della morte; incontrare se stessi nell’intensità di luoghi e momenti che non siano una trincea; conoscere l’emozione anche la più vertiginosa, senza dover ricorrere al doping della guerra o al metadone delle piccole violenze quotidiane. Un’altra bellezza, se capite cosa voglio dire.
Oggi la pace è poco più che una convenienza politica: non è certo un sistema di pensiero e un modo di sentire veramente diffusi. Si considera la guerra un male da evitare, certo, ma si è ben lontani dal considerarla un male assoluto; alla prima occasione, foderata da degli ideali, scendere in battaglia ridiventa velocemente un’opzione realizzabile. La si sceglie a volte, perfino con un certa fierezza. Continuano a schiantarsi, le falene, nella luce del fuoco.

Una reale, profetica e coraggiosa ambizione alla pace io la vedo soltanto nel lavoro paziente e nascosto di milioni di artigiani che ogni giorno lavorano per suscitare un’altra bellezza, e il chiarore di luci, limpide che non uccidono. E’ un’impresa utopica, che presuppone una vertiginosa fiducia nell’uomo. Ma mi chiedo se mai ci siamo spinti così avanti, come oggi, su un simile sentiero.
E per questo credo che nessuno, ormai, riuscirà più a fermare quel cammino, o a invertirne la direzione.
Riusciremo, prima o poi, a portar via Achille da quella micidiale guerra.
E non saranno la paura né l’orrore a riportarlo a casa.
Sarà una qualche, diversa, bellezza, più accecante della sua, e infinitamente più mite”

 **********

P.S. Solo due parole sul discorso di Ciampi a fine anno, che il TGU ha liquidato in modo volutamente superficiale e buonista.
Solo quattro punti:
- il richiamo a Mazzini e al suo “La patria è prima di tutto la coscienza della patria”.
E poi “la dialettica e i confronti sono essenziali alla democrazia. Ma la ricerca di convergenze e soluzioni concordate è utile a tutti, è necessaria, specie quando si tratta delle regole fondamentali che guidano la nostra vita democratica”;
- “Mai come ora sentiamo che il mondo è uno, che distanze che un tempo ci rendevano quasi indifferenti sono quasi cancellate; e che il nostro benessere ci impone la solidarietà”;
- l’Italia è in una fase di “crescita stentata;
- infine la sottolineatura del binomio Resistenza-Costituzione, che rappresentano - secondo me - il buon motivo del nostro stare assieme: “Triste era il ricordo dei caduti; triste il pensiero delle sofferenze di chi viveva ancora nell’Italia occupata; di coloro che combattevano per restituirci la libertà; delle centinaia di morti deportati, e di chi, perseguitato, affidava la propria salvezza alla solidarietà di tanti uomini giusti…Ma ci animava anche la speranza. Ci eravamo già posti all’opera per fare risorgere l’Italia dalle sue rovine. Nell’aspirazione alla libertà l’Italia si ritrovava  più unita di quanto avessimo osato sperare…” stava per arrivare “la primavera esaltante del ’45, la primavera della Liberazione che annunciava il ritorno alla democrazia.”

In particolare quest’ultimo punto mi sembra importate in questi tempi agri, di smemoratezze più o meno volute e di disinvoltura istituzionale.

Perché sono esattamente sessant’anni da quella primavera del ’45, e il governo che ha trovato fondi per sovvenzionare Radio Maria e Radio Padania (e solo loro) non ha trovato un euro per  ricordare quella data, che pure mi sembra non secondaria (cattiva coscienza?).

E poi perché sono ottant’anni proprio oggi da quel 3 gennaio 1925 nel quale col suo famoso discorso alla Camera, nel quale si assumeva finalmente la responsabilità di tutte le violenze, Mussolini  faceva nascere ufficialmente la dittatura. Durata vent’anni.
Quel discorso terminava con queste parole “L’italia vuole la pace, vuole la tranquillità, vuole la calma laboriosa…Noi questa tranquillità, questa calma laboriosa gliela daremo con l’amore, se possibile e con la forza, se sarà necessario”.

Vengono alla mente le campagne contro l’odio, i giudici assassini e l’impunità per tanti, gli avversari politici definiti “anticristo” e “amanti della dittatura”, le regole fondamentali cambiate a colpi di maggioranza, e il partito dell'amore. 
Nessuna identificazione per carità.
La storia non si ripete mai uguale a se stessa.

All’epoca primo ministro era Facta, passato alla storia per il suo celebre: “nutro fiducia”.

Io non sono primo ministro (se non virtuale…), ma fiducia ne ho meno.

Fidarsi è bene, dicono.
Ma restiamo all’erta.


postato da carnesalli | 08:58 | commenti (14)

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