ABBECEDARIO A MODO MIO

ABBECEDARIO A MODO MIO


"IL CONTRARIO DELL'AMORE NON E' L'ODIO, MA L'INDIFFERENZA. IL CONTRARIO DELLA VITA NON E' LA MORTE,MA L'INDIFFERENZA QUALSIASI COSA SCEGLIATE, MIEI GIOVANI AMICI, NON SIATE INDIFFERENTI" E.Wiesel

Sono particolarmente sensibile ai problemi sociali e a quelli delle persone più deboli: faccio del mio meglio perché si affermino i diritti di cittadinanza, di libertà, di eguaglianza, di giustizia, del lavoro, allo studio, a essere curati.
Credo in una società aperta, solidale, protesa al futuro, ma un futuro di equità e fratellanza.
Credo che ciò debba essere raggiunto assieme a tutti gli uomini di buona volontà che non hanno una visione egoistica della vita.
Alla domanda posta dai versi di una canzone "...Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità, farmi umile e accettare che sia questa la realtà?", vorrei che di me si dicesse, parafrasando ancora i versi del medesimo cantautore: "Ha avuto la forza che serve a camminare, ...e comunque la sua parte l'ha potuta garantire".
(Introduzione de "Abbedecedario a modo mio", del sottoscritto, Euzelia edizioni)

venerdì 13 gennaio 2012

GIUGNO 2005

martedì, giugno 28, 2005
 
E – Esclusi/2
“In altri termini, sotto il nome di globalizzazione
si è assistito a una nuova potente offensiva di ciò
che è più semplice e più classico chiamare capitalismo”
(A.Touraine)
Suonerà strano, detto da me, ma in un certo senso credo che la sinistra vada superata.
Ma non certo perché non sia più attuale, o per tornare indietro o per andare altrove.
Per andare “oltre”.
Mi spiego.
Sono convinto che debba restare l’opzione per i poveri e l’anelito (davvero distintivo) all’eguaglianza, ma in un certo senso che essa sia più radicalizzata.
Opzione quindi non solo per i “poveri”, ma per gli esclusi (soggetti di una alternativa di vita) e per la natura.
Opzione per i poveri, quindi, non più solo con le “classiche” categorie socioeconomiche, quanto con quelle di genere (uomo-donna), generazione (giovane-adulto), razza e cultura (bianco-nero-indigeno), includendo tra gli esclusi anche quanti sono “diversi” per identità sessuale o che il sistema considera handicappati o semplicemente “non produttivi” (pensiamo agi anziani).
Non è certo un discorso nuovo (pensiamo agli “ultimi” del Vangelo: pubblicani, prostitute…) ma credo abbia assunto una valenza particolare oggi quando efficienza, competitività, profitto, appaiono valori assoluti, senza tener conto della vita umana come fine di ogni altra attività.
Qui credo, sta la radice della crisi etica che viviamo.
Il sistema si indirizza soprattutto verso il capitale finanziario, e i Lazzaro costretti a vivere delle briciole del banchetto dei ricchi Epuloni, si vanno moltiplicando.
La logica che si è ormai imposta è “se non ce n’è per tutti, che almeno ce ne sia per me”.
L’altro – il diverso da noi o dal nostro clan, soprattutto se vive nel terzo mondo – è considerato un nemico.
Si è ormai affermata l’opinione che il sistema di mercato totale sia una società perfetta, totalizzante: che tutti i problemi economici del mercato si risolvano con più mercato.
Perciò non se ne deve ostacolare lo sviluppo, come invece fa la lotta per la vita, se considerata (come io credo debba essere) imperativo assoluto.
La solidarietà è un di più, una mancanza di fede nel potere salvifico del mercato, al più un lusso che non ci possiamo permettere perchè ci toglierebbe qualcosa.
Tutt’al più una sorta di croce rossa che passa sul campo di battaglia a raccogliere i feriti rimasti sul campo.
E infatti le due “carenze strutturali” dell’attuale sistema di mercato sono l’esclusione umana e la distruzione della natura (pensiamo all’Amazzonia).
I risultati sono lì da vedere: e questo mi spinge a riformulare e radicalizzare la mia opzione per i poveri, nei termini di escluso e soggetto capace di costruire una società in cui ci sia posto per tutti in armonia con la natura.
Il sistema di mercato non è per tutti: può garantire la vita solo di chi è insostituibile per lo sviluppo.
In qualche modo nel vecchio capitalismo si perseguiva lo sviluppo nazionale e il sistema era giudicato dalla sua capacità di soddisfare (pur se con grosse ed evidenti ingiustizie) i bisogni di tutti i cittadini.
Oggi lo sviluppo si misura sull’efficienza del mercato e la massimizzazione del profitto
Conseguenza (come notavo giorni fa) è la massima esclusione di persone.
Gli esclusi sono considerati popolazione in esubero e perciò da scartare.
Perciò non ha senso investire in sanità ed educazione con loro: sono un peso, non cittadini.
Lo Stato (quel poco che sopravvive di esso) ha obblighi solo verso i cittadini: l’escluso sta molto peggio dello sfruttato, che almeno è “dentro” al sistema,
La stessa logica il mercato globale la usa per le risorse naturali: l’ecologia non deve ostacolare l’efficienza del mercato e la conservazione della natura fa salire i prezzi e perdere competitività.
Questa è secondo me l’”emergenza morale” del mondo attuale; un’ideologia, una cultura, un’etica criminale: la salvezza viene dal compimento della legge del mercato.
Insomma in questo contesto l‘opzione per i poveri diventa un’opzione contro la logica stessa del sistema di mercato neoliberale, perché a favore di quelle persone che esso esclude: optare per i poveri significa optare per la vita di tutte/i, per l’essere umano come soggetto capace di edificare una società in cui ci sia posto per tutti/e in armonia con la natura.
Dove le differenze siano valorizzate e non sfruttare esclusivamente a fini commerciali, laddove esistano.
Certo mille cause portano a un disinteresse per la politica (non ultima la globalizzazione).
Per questo è tanto importante – secondo me – che la “liberazione” riparta dall’ambito sociale (e dapprima personale), in tutti quei movimenti che si configurano come nuovi soggetti – anche se rozzamente -: di economia solidale, di genere…
Nuovi soggetti collettivi che impongano nuovi stili di vita, in quanto diffusi per contagio.
Non per buttare la politica, anzi, ma perché ciascuno si senta protagonista.
P.S. Per i miei venticinque lettori...
Mi hanno invitato a scrivere su un blog dedicato alla tolleranza  ed ahimè - per restare in tema - "lo sventurato rispose"...
Quest'anno mi sono dedicato particolarmente al tema del multiculturalismo e della immigrazione: da oggi metterò lì qualche contributo.
postato da carnesalli | 13:30 | commenti (14)
societa, villaggioglobale, economia - articoli

giovedì, giugno 23, 2005
 
R – Rifiuti umani / Esclusi -1

“E se facessimo la pipì
sul muro dell’indifferenza?”
(S.J.Lec)
Due parole chiave: solidarietà e giustizia.
Meglio: solidarietà come percorso e metodo per raggiungere la giustizia, che è il vero obiettivo.
Solidarietà che ormai (anche se ci deve tenere all’erta su chi ci vive accanto) non può non avere gli stessi orizzonti del mondo: perchè fin tanto che ci sarà una gran parte della popolazione del mondo condannata  alla fame, alla miseria, allo sfruttamento, a condizioni di vita subumane, fin tanto che non si riuscirà a realizzare una maggiore giustizia tra i popoli non ci sarà nemmeno una sicura prospettiva di pace (già Paolo VI sosteneva che “lo sviluppo e la giustizia sono il nuovo nome della pace”).
I grandi movimenti (ma non solo) hanno capito che ormai prima di ogni altra viene la grande sfida della pace nella giustizia.
Sembra banale, ma non se ne parla tanto: credo occorra invece che si faccia strada la consapevolezza delle connessioni esistenti tra sfruttamento, violazione dei diritti umani, negazione dei diritti del lavoro, dei diritti democratici  e minacce alla pace; e che quest’ultima sarà costantemente a rischio (a prescindere dalle farneticanti teorie “neocon”) se non verrà realizzato un nuovo ordine internazionale fondato su una maggiore equità e giustizia, se non si correggerà, rivoltandola come un calzino, una globalizzazione senza regole, se non si metterà in moto una pregnante “revisione” culturale e politica sul destino dell’umanità.
E innanzitutto, credo, si deve partire da una presa di coscienza di ciò che stiamo diventando: produttori di rifiuti.
Non solo rifiuti materiali (e già qui si aprirebbe un discorso infinito sul nostro modello di sviluppo), ma, peggio, rifiuti “umani”.
Cioè di persone spinte ai margini, “rifiutate”; la modernità (e il corollario di concetti che la segue e la sostanzia: competizione, flessibilità…) sembra trasformarsi nella più prolifica linea di produzione di rifiuti, cioè di esseri umani di scarto, della storia: rifugiati, immigrati, richiedenti asilo, lavoratori in esubero (già i termini!), pensionati…
Insomma i nuovi perdenti, coloro che non “servono” a produrre e consumare.
Mi vengono i brividi quando qualcuno teorizza la società dei due terzi: questi ce la fanno, gli altri, darwinianamente, si arrangino..

La mia visione, culturale e etica prima che politica, è far si che nessuno resti indietro, e anzi, se a qualcuno accade, che ci si attardi ad attenderlo. E’ garantire a tutti sicurezza e una speranza per il futuro.
Non, come sostiene A.Sen, una vita vissuta come una lotteria: appesa a dove sei nato o a circostanze fortuite.

Invece si sta creando una “società senza società”, una società dove la fiducia lascia il posto al sospetto reciproco.
E’ qui che entra in gioco ciascuno di noi.
L’individualizzazione e precarizzazione dei rapporti umani e sociali fanno venire in mente le parole della Thatcher che sosteneva che “la società non esiste”.
Soli di fronte alla vita.
No, io non ci sto.
Credo che ci debba battere per legami sociali rinsaldati, per una visione solidale della vita, anche per non passare (ma sta già accadendo) da  uno stato ‘sociale’  a uno stato ‘penale’, laddove gli altri non sono fratelli o compagni, ma competitori  e nemici, laddove la priorità è sempre meno quella del lavoro e dei diritti e sempre più quella della sorveglianza, della polizia, della “sicurezza”.
Chilometri di filo spinato e nessuna politica sociale: l’egoismo è il nuovo “protagonista” sociale.
E allora l’immigrato viene percepito come possibile terrorista o almeno come un pericolo, il pensionato o il povero come un problema, un peso.
Ho orrore dei media e dei politici che sostengono (o rappresentano essi stessi con la loro vita o le loro TV) che nessuno, tranne un limitato numero di “vincitori” è davvero indispensabile.
Anche se vinci per lotteria.
E gli altri sono un peso.
Che le persone utili sono solo quelle che servono, e quindi i vecchi, i malati, i poveri…
Che la pattumiera, destinazione ultima degli esclusi, è la prospettiva ultima per chi non si sottomette o non si adegua.
O per chi è andata male nella “roulette” della vita”.

E’ a nome di questa umanità di scarto della società dei consumi che vorrei chiedere al nostro premier (e a tutti gli altri) se davvero è convinto che la politica delle grandi opere pubbliche, della sanità aziendale, della scuola privata, del licenziamento facile, della giustizia dell’immunità parlamentare, della controriforma del commercio delle armi, della guerra…promuova la dignità di coloro che a stento sopravvivono.

Loro sono per la pattumiera di tutti gli scarti della vita…
Io sono per la raccolta differenziata dei “rifiuti” e il loro “riciclaggio”.

Postilla:
Non sarà un caso che mentre scrivevo queste righe leggevo sul giornale di oggi gli ultimi dati Istat.
Sulla carta i tributi diretti e indiretti dovrebbero aumentare del 2%: eppure gli incassi dello Stato diminuiscono, cioè aumenta l’evasione. E dove finiscono quei soldi sottratti alle casse pubbliche? Alimentano le rendite che creano nuove povertà, perché tutto il sistema ridistribuisce in alto a scapito delle fasce più basse di reddito.
E così i “rifiuti” aumentano: - 3,9% calo delle vendite al dettaglio; - 3,6% calo delle vendite di alimentari; - 8,2% flessione dei consumi nelle regioni del sud; calo del 4,3% nel settore abbigliamento, del 5,7% nel settore elettrodomestici, del 4% nel settore libri e giornali, del 6,3% nella musica, del 5,5% dei giocattoli…

postato da carnesalli | 13:28 | commenti (15)
societa, idee, mondialita

lunedì, giugno 20, 2005
 
S - Stella polare
“L’uomo è uscito da sé.
Aspetto il suo ritorno”
(S.J.Lec)
Non ho mai visto una gara di formula uno in tutta la mia vita (per intero almeno).
Ieri sera casualmente all’ora di cena ho assistito sgomento a un barbaro balletto intorno alla gara di Indianapolis.
Dopo settimane che ci interroghiamo sul senso della vita, ho visto decine di persone tutte lì a chiedersi se la vita di un pilota potesse valere più della della mescola di un pneumatico, se e in che modo gli interessi economici in gioco potessero essere salvaguardati.
Lo chiamano circo, e adesso capisco perché.
Recentemente Giorgio Ruffolo ha scritto: “il compito di reggere questa tremenda tensione è stato affidato finora alle istituzioni: regole e autorità di governo, al cocchiere del carro….Prendete la più potente: il denaro. Nato come regolatore di scambi (un mezzo) è diventato sempre più la fonte di una cieca accumulazione (un fine). Non di ricchezza reale, ma di rendite sterili e scandalose….
Che cosa sono Enron, Parmalat,… se non un segno fra i tanti, che la corsa non ha scopo? E che chi dovrebbe reggere le briglie non sa assolutamente dove andare?”.
O forse lo sa benissimo, ma ha solo perso il controllo.
Ma sono frustate che fanno bene, in fondo, danno energia, voglia di reagire.
Abbiamo perso la rotta , o forse abbiamo semplicemente preso quella sbagliata.
Del resto da uno studio recente (pubblicato sull’Espresso) risulta che due ricercatori della Yale University hanno insegnato a un gruppo di scimmie a usare denaro per comperare uva, mele e dolci. I primati hanno imparato senza difficoltà il valore della valuta… Ma rapidamente hanno cominciato a manifestare comportamenti simili a quelli umani: hanno usato il denaro non solo per acquistare cibo, ma anche per elevare il loro status sociale e ottenere favori sessuali. Non di rado sono ricorsi al furto per aumentare la loro ricchezza.
Prima dell’introduzione della moneta di scambio i primati manifestavano una predisposizione naturale a alla cooperazione e all’altruismo nei confronti dei propri simili. Ma quando imparano a usare il dentato tutto cambia. Rapidamente all’interno del branco emergono gli avari e gli egoisti..
E poi dicono di Darwin…
Un appello allora: non sarebbe il caso di provare a ridare il giusto valore alle cose, stabilire assieme dov’è il nord, decidere quale è la stella polare da seguire?
Quanta strada da fare…
Un’utopia?
Come sempre nei momenti difficili mi rivolgo alle parole di qualcun altro che scrive meglio di me....
Ecco di fronte a queste cose vorrei avere la bravura di Roberto Vecchioni per insegnare ai miei figli (con le parole di una sua bellissima canzone): “non è vero ragazzo che la ragione sta sempre col più forte, io conosco poeti che spostano fiumi con il pensiero…chiudi gli occhi ragazzo, e credi solo a quel che vedi dentro, stringi i pugni ragazzo non lasciagliela vinta neanche un momento, copri l’amore ragazzo ma non nasconderlo sotto il mantello, a volte passa qualcuno a volte c’è qualcuno che deve vederlo.. sogna ragazzo sogna quando sale il vento nelle vie del cuore, quando un uomo vive per le sue parole… quando un uomo muore per la stessa vita che sognavi tu… sogna ragazzo sogna, non cambiare un verso alla tua canzone, non lasciare un treno fermo alla stazione non fermarti tu… lasciali dire che al mondo quelli come te perderanno sempre perché hai già vinto e non ti possono fare più niente… sogna ragazzo sogna.. manca solo un vero a quella poesia puoi finirla tu.”
Sogna, ragazzo, sogna…
E scruta il cielo…
postato da carnesalli | 13:40 | commenti (11)
sfoghi, omelie

mercoledì, giugno 15, 2005
 
C - Confusione
Capisco che il fatto di vivere in Italia certo non aiuta.
Ma:
- la Lega Lombarda (chiedo scusa per il termine) si considera un partito moderato e cattolico (e il grave è che qualcuno ci crede).
Ovviamente era per l’astensione al referendum.
Il Ministro Castelli si è sposato con rito celtico davanti a un druido (meglio, era Formentini vestito da druido, che è ancora peggio) e il noto odontoiatra di Bergamo Calderoni, pro tempore ministro delle riforme, già zelante sostenitore delle cannonate agli immigrati e altr amenità consimili, ha caldeggiato la scomunica per coloro che si fossero recati alle urne a votare al referendum.
Ieri l’odontoiatra ha difeso la caccia all’uomo con relativo pestaggio avvenuta a Varese ai danni di un extracomunitario, pronunciando tra l’altro le parole: “in casi come questo l’idea di sistemare le cose da solo ti viene”.
- Il vescovo emerito di Ivrea Mons. Bettazzi, a lungo direttore di Pax christi, impegnato sul fronte della solidarietà, da sempre una delle figure più luminose del cattolicesimo italiano e non solo, ha dichiarato ai giornali di avere votato ai referendum “ritenendola la testimonianza civica più efficace” in quanto “l’astensione, astuto espediente, accomuna allo spirito anticivile”.
Ha rilevato altresì come in “un’atmosfera di testimonianza aperta e di confronto fraterno” sarebbe stato “più sereno mantenere il dialogo e spiegare le ragioni della chiesa”.
E ha concluso dicendo: “mi sembra doveroso…tranquillizzare la coscienza di quanto hanno ritenuto che partecipare al voto fosse moralmente legittimo, quale testimonianza civica più efficace”.
Non so voi.
Io tra monsignor Calderoli e il signor Bettazzi, scelgo quest’ultimo.
Ma quanta confusione sotto il cielo…
postato da carnesalli | 09:31 | commenti (15)
sfoghi, controcanto

lunedì, giugno 13, 2005
 
Quelli che/2
Quelli che non si vota sulla vita (e su cosa sennò? E non è la famiglia la prima agenzia educativa?)
Quelli che non sono cose che ci riguardano
Quelli che non io sono in grado di capire
Quelli che tu sei un nazista, un Mendele..
Quelli che il far west, la razza ariana, gli occhi azzurri e via mentendo
Quelli che fanno (non) votare anche inesistenti italiani all’estero
Quelli che la sera prima del referendum trasmettono su Rai due in prima serata un telefilm il cui protagonista criminale omicida è un ginecologo pazzo sì, ma esperto di fecondazione artificiale
Quelli che per la prima volta non aprono la sala stampa del Viminale per fare conoscere i dati di affluenza
Quelli che dovendo scegliere la data avessero potuto avrebbero scelto ferragosto
Quelli che non politicizziamo la cosa…
Quelli che “la tolleranza…è sempre più respinta” (Sen. Marcello Pera)
Quelli che gli sms no, però per un convegno a Montecatini sulla biodiversità, sì
Quelli che tanto non cambia niente
Quelli che tanto decidono sempre loro
Quelli che tanto i cittadini non li ascolta nessuno
Quelli che mai allo stato etico
Quelli che si alla vita (chi era contro poi?), e i 150.000 morti iracheni?
Quelli che Thelethon
Quelli che le arance per la ricerca
Quelli che la furtiva lacrima televisiva
Quelli che tanto io figli li ho già
Quelli che le granitiche certezze
Quelli che granito contro granito sai che cozzi
Quelli che ognuno ha le sue opinioni e io le rispetto (purchè prevalgano le mie)
Quelli che il 40% già non vota mai, basta poco ed è fatta
Quelli che importante è portare a casa il risultato
Quelli che invece del granello di senape vogliono tanto fare la teglia
Quelli che credevano alle streghe
Quelli che il sole gira attorno alla terra
Quelli che hanno blindato una legge cattiva, lacerante e non condivisa, che gli stessi estensori hanno ritenuto non adeguata, alla quale auguro di non dover mai ricorrere.
O forse – perdonatemi un momento di cattiveria – come direbbe Jannacci, sì, per vedere l’effetto che fa.

PS Al 60% di indifferenti lascio la mia indifferenza;
P.P.S. al 20% di cattolici che in buona fede e perfetta legittimità si sono astenuti lascio:
- una breve riflessione di Carlo Carretto di molti anni fa:
“Diciamolo chiaro: la capacità di vivere le beatitudini è dovuta alla resurrezione di Cristo. Ed è perché siamo gia risorti in lui che lo possiamo fare.
..tale seguito – la gioia di essere poveri, la gioia di essere perseguitati, la gioia di essere casti –è di una tale altezza e circondato da una tale delicatezza che solo un amore non comune può esser vissuto.
E più ancora in una libertà assoluta.
Non può essere imposto.
Come tutti gli assoluti non possono essere imposti ma accettati liberamente nell’amore
Io posso essere entusiasta di una Chiesa dove ogni uomo ha la sua moglie e solo quella, dove non esistono divorzi e tutto fila liscio nell’ordine..ma non posso imporlo con una legge civile su un piano religioso.
…è solo nella libertà che lo posso realizzare
Senza libertà l’uomo è ucciso nella sue più profonde essenze.
Il che non vuol dire che non possiamo fare il discorso della castità, dell’unità matrimoniale, del rispetto della vita agli uomini di oggi.
Lo posso e lo devo fare. Ma nella sede conveniente.
E se mi appello alla legge lo faccio da cittadino che rispetta la molteplicità delle culture e la difficoltà delle autentiche difficoltà della storia del vivere umano non ancora permeato di vangelo.
E soprattutto per lasciare liberi tutti non cerco di imporre le mie idee religiose con la forza del numero a chi si appella ad altre culture o chi ha la sventura di non avere la fede.
Allora cambio tono e dico:
se gli altri divorziano noi non divorziamo
se per debolezza o ignoranza e povertà ci sono delle donne che abortiscono, le nostre donne non abortiranno perché crediamo alla vita
Per noi l’amore non è abbracciare un corpo ma un dono totale di noi stessi…”
- una riflessione, più politica, dei cristiano sociali:
Perché andiamo a votare
La vita non si mette ai voti. Si promuove, si accoglie, si difende. Ne siamo convinti anche noi: alla promozione umana abbiamo dedicato e dedichiamo – nella società e nella politica, da cristiani e da cittadini – tutta la nostra vita. Non sono dunque i valori a dividerci da chi tra due giorni non andrà a votare; quel che ci distingue è la valutazione su come tali valori si promuovono in una società libera, plurale, democratica.
Dalla nostra fede, che ci chiede una conversione continua ma è essenzialmente dono e grazia, sappiamo che i valori che discendono dall’annuncio cristiano si testimoniano nell’amore, non si impongono per legge. Dalla nostra esperienza sociale e politica sappiamo che ogni forzatura unilaterale ne genera fatalmente un’altra di segno contrario: tanto più quando sono in gioco valori così decisivi come quelli legati alla bioetica.
Rinunciare alle forzature non vuol dire credere meno nelle verità della nostra fede e nei valori che possono incarnarle; né vuol dire rinunciare a promuovere una bussola etica in politica: vuol dire, al contrario, riconoscere che il valore e il metodo della laicità democratica, e dunque il dialogo paziente e perseverante, sono la via che meglio consente l’affermazione condivisa di valori nella cultura, nella legislazione, nelle politiche.
 Le forzature di parte rassicurano la propria identità ma non servono al meglio i valori della vita e della sua procreazione, non sanno accogliere le ansie e la sofferenza di chi si sente costretto a ricorrere alle tecnologie mediche per generare un figlio, non aiutano una politica della ricerca scientifica orientata allo sviluppo umano e al bene comune. Noi veniamo da una tradizione, quella del cattolicesimo sociale e democratico, che ha sempre difeso la persona e i mondi vitali dall’ingerenza invasiva della legge. Perché, allora, in una materia così delicata sul piano umano e morale e così in fase evolutiva sul piano medico e scientifico, si sono voluti stabilire in una legge nazionale dello Stato dettagliati divieti e prescrizioni di tecnologia e di procedura legati alla sfera più intima della vita personale e di coppia? Non sarebbe stata preferibile e più prudente una legge di principi e di indirizzi, continuamente e seriamente monitorata e verificata nella sua concreta attuazione?
 Non si dice il vero, d’altra parte, quando si afferma che la forzatura sarebbe quella prodotta dai referendum e da chi li ha promossi. I Cristiano Sociali, come si sa, non sono tra questi. Noi sappiamo che a lungo il cammino della legge è stato ostacolato dalle forzature di altri: che anche nel campo di chi oggi sostiene la partecipazione al voto ed il sì, ci sono state e ci sono forzature di segno uguale e contrario a quelle presenti sull’altro versante. Rispetto a tali posizioni, del resto, abbiamo fin dall’inizio chiaramente manifestato la nostra contrarietà e praticato la nostra libertà di coscienza. I Cristiano Sociali sono tra quanti hanno cercato fino all’ultimo di giungere ad una legge meno unilaterale, più equilibrata e più giusta. E tuttavia la forzatura che ha messo ai voti la vita non l’hanno compiuta i referendari. L’ha voluta, con una brusca accelerazione, chi ha scelto di affermare a colpi di maggioranza una posizione sulle altre, proprio quando si stavano creando le condizioni per una diversa sintesi legislativa.
 Non è un dissenso sui valori che ci fa ribadire oggi l’opportunità di andare a votare e di non vanificare i referendum. E’ invece la valutazione che essi sono uno strumento per rimuovere almeno gli aspetti più discutibili della legge 40 e per tenere aperta la possibilità di una sua ulteriore revisione.
 Altri hanno valutazioni diverse, ed è normale nella dinamica democratica. Quel che non troviamo normale – in un paese già frammentato e diviso su tante cose – sono i toni esasperati, gli slogan gridati, la semplificazione e la falsificazione ideologica, da qualunque parte provengano. A noi tutti la convivenza democratica (bene prezioso ed oggi continuamente insidiato) richiede avvedutezza e senso del limite, disponibilità a riconoscere e valutare con serietà le ragioni dell’altro. In questo senso, alzare il tono della polemica su questo o quel contenuto sottoposto a referendum, accanirsi sulle dispute etiche, scientifiche e tecnologiche, ridurre tutto ad una scelta ideologica tra schieramenti contrapposti può servire il calcolo del risultato a breve, ma non aiuta il futuro. 
 Per questo, pur non condividendola, non abbiamo espresso giudizi trancianti sulla scelta dell’astensione attiva; per questo il documento dei Cristiano Sociali sui referendum ha espresso un indirizzo che impegna ad una scelta di partecipazione responsabile ed informata. Per questo chiediamo rispetto per la nostra posizione.
 Non l’imprudenza, dunque, ma una diversa valutazione culturale e politica non ci ha fatto e non ci fa accogliere l’invito ad astenersi dal voto che proviene da tanti e tante che ci sono fratelli nella fede ed anche da amici con i quali abbiamo condiviso e condividiamo l’impegno e la vita.
 Allo stesso modo non è per scelta di dissidenza preconcetta o di non riconoscimento dell’alta funzione dei nostri vescovi, che esprimiamo pubblicamente ed eserciteremo nel voto un orientamento ed una scelta diversi da quelli indicati dalla Conferenza episcopale italiana. E’ invece per un esercizio consapevole della nostra responsabilità e dignità di laici cristiani.
 Siamo e resteremo fortemente ancorati al valore della comunione ecclesiale; siamo e resteremo attenti e sensibili ad ogni orientamento e ad ogni richiamo che riguardi la fede e i valori che la possono testimoniare e incarnare. Speriamo, anzi, che si faccia più intensa ed accogliente per tutti la disponibilità della Chiesa ad alimentarci e a sostenerci in un impegno che si fa ogni giorno più difficile e rischioso.
 E tuttavia sentiamo anzitutto nostra la competenza, nostra la responsabilità di cittadini e di cristiani nel valutare e scegliere come fare una legge, come votare, come fare politica. Non è forse anche grazie a questa assunzione di responsabilità di tanti laici cristiani – sempre difficile, a volte rischiosa e onerosa – che la chiesa si è potuta aprire, nella storia anche recente, ad una migliore comprensione del mondo ed ha potuto aggiornare i propri orientamenti pastorali? Non è forse questo il ruolo assegnato ai laici dall’ecclesiologia del Concilio Vaticano II?
 Noi non sappiamo quale sarà l’esito dei referendum. Sappiamo, però, che il sommarsi di astensione attiva e astensione abituale può rendere decisivo il formarsi di una maggioranza per gran parte passiva e inconsapevole di esercitare un ruolo politico così rilevante. Ci colpisce che personalità politiche, in altri tempi e su materie non meno delicate accanitamente referendarie, difendano oggi le prerogative del Parlamento insidiate, secondo loro, dai referendum. Come se il referendum non fosse uno strumento costituzionale di democrazia diretta.
 Ci orienta, in ogni caso, una convinzione: quale che sia l’esito del voto ci sarà più che mai bisogno di ristabilire comunicazione e dialogo tra le diverse posizioni. Solo un atteggiamento laicamente democratico consentirà infatti di affrontare in positivo i due scenari prevedibili: se i quesiti referendari riceveranno, in tutto o in parte, la risposta positiva della maggioranza degli elettori, ce ne sarà bisogno per rivedere la legge senza ricadere nelle forzature di parte; se il referendum fallirà per mancanza di quorum, agli astensionisti resterà il problema di chiedersi quale sarà il destino di una legge che la maggioranza della cittadinanza attiva ritiene sbagliata e ingiusta in molte sue parti. Senza dimenticare che il prossimo anno si vota per il quadro politico nazionale.
 Mimmo Lucà, Pierre Carniti, Tarcisio Barbo, Massimo Campedelli, Stefano Ceccanti, Franco Chiusoli, Riccardo Della Rocca, Lauredana Ercolani, Emilio Gabaglio, Dino Gasparri, Luciano Guerzoni, Marcella Lucidi, Franco Passuello, Aldo Preda, Fabio Protasoni, Giorgio Tonini, Luigi Viviani.










Scusate lo sfogo.

postato da carnesalli | 09:24 | commenti (19)
sfoghi, controcanto

lunedì, giugno 06, 2005
 
R- Referendum
Andrò a votare, pur ritenendo legittima la posizione di chi invece ha deciso di non farlo.
Mille sarebbero le ragioni nel merito della legge e dei problemi che solleva (una per tutte per dirla con Fabio Fazio: non è solo una cattiva legge, è una legge cattiva).
La legge 40 può essere migliorata in molti punti, ma occorre disponibilità in tal senso.
Intanto:
1) speravo che il referendum si potesse evitare, perché i temi sono davvero complessi, e si arrivasse ad una soluzione legislativa nella quale potesse riconoscersi la grande maggioranza del paese.
Non si dovrebbero approvare leggi su argomenti di questa portata a colpi di maggioranza.
Ma tenendo conto di tutte le opinioni, delle varie posizioni, morali, e religiose e no, del pluralismo culturale e scientifico, con l’intento di approvare norme destinate a durare nel tempo, sulla base di una condivisione ampia e diffusa nella società.
Ma nel momento in cui questa legge è stata approvata, in questo modo e con questi contenuti, è un dovere andare a votare.
2) è legittima naturalmente una indicazione del Magistero della chiesa, ma qui ci siamo trovati di fronte a una esplicita indicazione di voto che ha superato il confine che distingue il ruolo del clero da quello dei laici.
La Gaudium et spes attribuisce a questi ultimi la responsabilità di fare sintesi tra l’essere persone di fede e cittadini, compiendo la fatica di elaborare e promuovere le forme meno contraddittore di traduzione storica dei valori che discendono dalla fede cristiana, nelle dimensioni civili, legislative e istituzionali della democrazia
La responsabilità e l’autonomia dei laici sono dunque nette e irrinunciabili e credo che anche in questa circostanza si debba essere conseguenti.
3) l’astensione è legittima, ma è altrettanto legittimo sostenere che si tratta di una rinuncia, di una scelta che riduce la responsabilità di chi sarebbe chiamato a realizzare dialogo e confronto coi cittadini, fondato sulla partecipazione informata e consapevole.
Certo il referendum non è lo strumento più adatto per affrontare questi problemi, ma la strada non può essere neppure quella di abbandonare il campo.
Soprattutto di fronte a una legge come questa.
Oltretutto dire agli elettori di restare a casa comporta il rischio di aumentare indifferenza e qualunquismo, di fornire alibi per non informarsi, di fare la fatica di esprimere una propria opinione; l’astensionismo aggiunge furbizia a pigrizia.
Il rischio esiste.
E anche per questo invito tutti ad andare a votare: partecipare per decidere.
Io personalmente lo farò e saranno quattro sì.
Se non altro per rimettere in discussione seriamente alcuni punti nevralgici della legge.
Nel rispetto delle reciproche posizioni e nella ricerca di una soluzione condivisa.

postato da carnesalli | 08:19 | commenti (32)
idee

venerdì, giugno 03, 2005
 
D – Duracell
“Di colpo egli capì il significato del mondo visibile allorchè esso ci fa restare stupefatti e diciamo “che bello” e qualcosa di grande entra nell’animo nostro.
Tante volte era rimasto in ammirazione dinanzi ad un paesaggio, a un monumento, a una piazza, a uno scorcio di strada, a un giardino, a un interno di chiesa, a una rupe, a un viottolo, a un deserto.
Solo adesso, finalmente, si rendeva conto del segreto.
Un segreto molto semplice: l’amore.
Tutto ciò che ci affascina nel mondo inanimato, i boschi, le pianure, i fiumi…di più, le città, i palazzi, le pietre… di più, il cielo, i tramonti, le tempeste, di più, la neve, di più, la notte, le stelle… tutte queste cose di per sé vuote e indifferenti, si caricano di un significato umano perché… contengono un presentimento d’amore”
(Buzzati, Un amore)
Ieri giornata solitaria tra i boschi della Val Malenco.
Ne avevo bisogno: i problemi ci sono (e chi non ne ha?).
E avevo bisogno di fare una pausa, trovare un “percorso” che mi aiutasse; proprio come in montagna, quando si salta di sasso in sasso per superare un acquitrino.
Visto così sembra impossibile, vorresti tornare indietro, pensi di non farcela.
Poi la volontà vince lo scoramento (almeno per un momento) e fai il primo passo. E poi un altro, e un altro ancora...
E ti trovi a saltellare di sasso in sasso, perchè ti si è chiarita la meta.
E poi – come ho già scritto altrove - amo il silenzio.
Il silenzio che è fare spazio all’altro o “ad altro da sé” (dolore rabbia rimpianto emozioni...).
Qualche volta per guardare meglio in se stessi: non per perdersi, ma per ritrovarsi.
Ci serve per fare decantare l’insieme frenetico dei sentimenti, delle voci, delle sensazioni che ci occupano ogni giorno.
E non mi basta un momento: è necessario uno spazio che mi permetta di scendere nel profondo.
Per questo amo la montagna e il suo conquistato “assordante” silenzio.
Bisogna scendere nel profondo di sé, là dove i rumori giungono attutiti e perdono di spessore.
Bisogna costruirlo, il silenzio: spenti tutti i rumori e fatte tacere tutte le voci (se ci riesci), c’è poi da aprire porte e finestre e affacciarsi finalmente non su orizzonti di scene fittizie ma sulla realtà più vera di noi stessi.
Ci rende trasparenti a noi stessi: e diventa difficile mentirci.
Ho bisogno – almeno di tanto in tanto - di sgombrare macerie e relitti che ingombrano il campo quotidiano e mi impediscono di vedere nel profondo, di abbandonare la zavorra, il ciarpame che appesantisce il passo, per dare “fiato” alla mia esistenza.
Ritrovare le linee semplici e pure della verità, chiamare le cose col loro vero nome, interrompere il commercio che facciamo della vita fino a farne, come dice Kavafis in una bella poesia che ho già riportato, una “stucchevole estranea”.
Arrivare alle cose che contano, “elaborare lutti”, ridare senso e valore alle parole.
Niente di più tonificante allora dello stare soli con se stessi (e quindi in compagnia di tutto il mondo) nel silenzio, possibilmente in un luogo bello, lasciando che tutta la tua vita, le tue letture, i tuoi incontri si facciano largo casualmente, ti “titillino” dentro in libertà.
Che bello scoprire per la miliardesima volta che il segreto di tutto è l’amore.
Ama il prossimo tuo come te stesso.
E’ vero: per stare bene con gli altri devi prima stare bene con te stesso.
Per fare bene agli altri devi prima stare bene tu.
Poche semplici cose: la natura, il silenzio, un pranzo semplice condiviso con gli amici.
Non la decadenza gozzaniana, la rassicurazione delle piccole cose, anche se di cattivo gusto, la rassicurante monotonia dello sferragliare della locomotiva della tua vita sui soliti binari ben tracciati, tanto meno la retorica del “poveri ma belli”.
Ma la ricca e feconda semplicità delle cose vere.
Per un giorno il mondo ha fatto a meno di me e non se ne è accorto nessuno: salubre bagno di umiltà.
Oh, ma nessuno nutra illusioni, sono già in pista pronto a vendere cara la pelle.
Come dicevo in altra occasione: silenzio e non fuga o chiusura; questo “silenzio”, questa “solitudine” è sempre ai confini della terra abitata da tutti e conduce sempre all’incontro.
Fermarsi alla stazione di servizio a fare il pieno.
Ma per poi riprendere il viaggio.
Non so quanto durerà la carica, ma il pieno l’ho fatto.
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Per un sorriso...
postato da carnesalli | 08:30 | commenti (6)
resto, omelie

mercoledì, giugno 01, 2005
 
M – Marche e marchette
(ovvero spennati come bolli)
Qualche tempo fa, dopo che da mesi qualcuno lo andava sostenendo, si è cominciato timidamente a parlare di crisi economica. Poi di stagnazione. Infine di recessione (per colpa nostra, è stato autorevolmente sostenuto da Bellicapelli, ma intanto…).
Sono intervenuti economisti, poi la U.E., l’Ocse, l’Istat, il Censis e non so chi altri.
Ma anche noi qualche sospetto lo nutrivamo…
Hanno fatto un po’ di fumo riducendo le tasse ai più ricchi e strangolando gli enti locali, propagandando la cosa (potenza del TGU) come evento “epocale” (e in un certo senso lo era “tipico” di quest’epoca).
E infatti, conseguentemente, qualche giorno fa ci hanno informato (?) che le imposte locali (ICI, Tarsu ecc.) sono aumentate nei primi mesi di quest’anno di oltre il 30%.
Ieri Fazio (Fazio!) ha alzato un grido di allarme (oddio, un gorgoglio in una lingua incomprensibile) sostenendo che il PIL 205 sarà zero, l’indebitamento netto sarà del 4% e che insomma troppo bene non va…
Oggi leggiamo (?) sui giornali che tutti i bolli e concessioni governative aumentano (ma erano aumentati già il primo marzo) mediamente del 30%.
Per esempio il bollo del passaporto passa da 30,98 a 40,29 euro, quello sui certificati di qualunque genere da 11 a 14,62 euro.
Ci spiegano - ? – che l’obiettivo del ministero dell’economia (quale? Quello finto o il ritrovato genio?) è reperire un maggiore gettito (pregasi notare: equivale ad aumento di tasse) di 1.120 milioni di euro.
Ci tranquillizzano - ? – sostenendo che in fondo sono solo marche da bollo, pochi euro di aumento (ma ancora una volta uguali per tutti: dal disoccupato a Montezemolo…).
Già solo marche.
Quando ero giovane io, le chiamavano marchette…
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Per Clementina 

Per il referendum  
postato da carnesalli | 09:19 | commenti (9)
politica, fessono, economia - articoli

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