ABBECEDARIO A MODO MIO

ABBECEDARIO A MODO MIO


"IL CONTRARIO DELL'AMORE NON E' L'ODIO, MA L'INDIFFERENZA. IL CONTRARIO DELLA VITA NON E' LA MORTE,MA L'INDIFFERENZA QUALSIASI COSA SCEGLIATE, MIEI GIOVANI AMICI, NON SIATE INDIFFERENTI" E.Wiesel

Sono particolarmente sensibile ai problemi sociali e a quelli delle persone più deboli: faccio del mio meglio perché si affermino i diritti di cittadinanza, di libertà, di eguaglianza, di giustizia, del lavoro, allo studio, a essere curati.
Credo in una società aperta, solidale, protesa al futuro, ma un futuro di equità e fratellanza.
Credo che ciò debba essere raggiunto assieme a tutti gli uomini di buona volontà che non hanno una visione egoistica della vita.
Alla domanda posta dai versi di una canzone "...Dovrei anche rinunciare ad un po' di dignità, farmi umile e accettare che sia questa la realtà?", vorrei che di me si dicesse, parafrasando ancora i versi del medesimo cantautore: "Ha avuto la forza che serve a camminare, ...e comunque la sua parte l'ha potuta garantire".
(Introduzione de "Abbedecedario a modo mio", del sottoscritto, Euzelia edizioni)

martedì 17 gennaio 2012

LUGLIO 2009

lunedì, luglio 20, 2009
 
“Chi rapisce la gente viene punito.
E chi rapisce le masse?”
(S.J.Lec)
Ogni tanto inciampo in qualcuno (ne ho già parlato da qualche parte) che mi dà dell’esagerato.
Mi capita di discutere con un collega che chiamo “Facta” (primo ministro all’epoca di Mussolini: passato alla storia per la frase “nutro fiducia”; e si è visto come è andata a finire).
Benaltrista allo stato puro: il problema è sempre un altro; più spesso, non c’è problema.
Oh, può essere che per me ci sia sempre, ma mi pare che non sia facile vivere nell’Italia di oggi.
La crisi culturale e politica (che mi pare evidente) credo produca negli italiani che non hanno ceduto la propria coscienza all’ammasso di qualche sogno più o meno improbabile uno stato d’animo di incertezza, di timore, inquietudine di fronte ad una paese che sembra aver smarrito il senso del suo percorso verso il futuro (in me lo produce senz’altro).
E anche un’informazione che fornisce (quando le fornisce) tessere che non vengono collegate mai al mosaico di cui fanno parte non aiuta.
Mi chiedo fino a che punto tutto questo non dipenda dal particolare momento politico che attraversa il paese dopo l’avvento al potere di un leader, più o meno carismatico, che porta nel suo governo un pesante conflitto di interessi e una concezione aziendalistica delle istituzioni che si basa sul denaro, sul successo immediato, sui clan di amici e amici degli amici.
Non dipenda dalla degenerazione della vita politica e sociale che si collegano al passato e che premono sul presente, ed accanto ad esse le conseguenze di quella svolta che è avvenuta tre anni fa e che ostacola l’uscita dal passato meno accettabile, e che sembra ogni momento riemergere.
Non dipenda da una società dei consumi giunta all’esasperazione per cui siamo il terzo paese al mondo nella diffusione dei telefoni cellulari ma uno degli ultimi nella spesa per la ricerca scientifica.
E ancora la distruzione di qualsiasi forma di morale ed etica collettiva in nome del dio televisivo, del consumo effimero, del successo individuale perseguito con ogni mezzo, lecito o no.
Nuovo protagonista sociale mi pare diventare sempre più l’egoismo, anche nelle forme più morbide di disinteresse.
Una perdita progressiva di senso da parte degli individui come dei gruppi sociali, insomma una crisi morale e culturale di un paese che pure ha conosciuto momenti di mobilitazione delle coscienze, ma che ultimamente sembra a me più incline al sentimentalismo che ai sentimenti.
Queste cose le diceva Pasolini trent’anni fa. E aveva ragione.
Si chiedeva Bobbio “se il berlusconismo non sia una sorta di autobiografia della nazione,dell’Italia di oggi”.
E più ironicamente Gaber sosteneva di temere di più “il Berlusconi in me che il Berlusconi in sé”.
Ecco mi pare che sia un virus che gira nell’aria e che sia molto contagioso.
Ha scritto Beha nel suo ultimo libro “che altro era il berlusconismo se non un’abitudine comprata al mercato solo con discorsi o similia, e una rinuncia alla dialettica comunque dolorosa o dolorante tra ciò che si mantiene e ciò che si cambia al mondo, per l’individuo e la collettività?”
Insomma una sorta si eterno e immobile presente televisivo, un tentativo di fermare il tempo.
E col tempo i cervelli.
Faccio male a tenere sempre in ordine il mio orologio?
(e con questo auguro buone vacanze a tutti... sono stanchissimo
Come canta la Mannoia "saluto tutti senza inchino e vado via sfumando"
A presto)

postato da carnesalli | 08:58 | commenti (6)

venerdì, luglio 17, 2009
 
Vorrei rassicurare la mia unica ma fedele lettrice.

Ieri il governo delle magnifiche sorti e progressive (“stiamo facendo miracoli” Silvio Berlusconi, 16 luglio 2009), dopo avere saccheggiato sanità, scuola, sicurezza…oltre che la democrazia..., ha depredato il fondo unico dello spettacolo e della cultura del 40% delle risorse (con quel che costano le escort…)

Ecco, io ho semplicemente anticipato lo spirito che guida questo governo e ho ridotto i miei interventi del 40%

Forse perché ormai anche le parole stanno finendo…


postato da carnesalli | 09:21 | commenti (4)

martedì, luglio 14, 2009
 
oggi sciopero


postato da carnesalli | 09:10 | commenti (1)

lunedì, luglio 13, 2009
 
Il nemico della stampa
di Umberto Eco
Il premier vuole imbavagliare l'informazione. E nella nostra società malata la maggioranza degli italiani sembra pronta ad accettare anche questo strappo. Ma il famoso intellettuale dice: 'Io non ci sto'.  Umberto EcoSarà il pessimismo della tarda età, sarà la lucidità che l'età porta con sé, ma provo una certa esitazione, frammista a scetticismo, a intervenire, su invito della redazione, in difesa della libertà di stampa. Voglio dire: quando qualcuno deve intervenire a difesa della libertà di stampa vuole dire che la società, e con essa gran parte della stampa, è già malata. Nelle democrazie che definiremo 'robuste' non c'è bisogno di difendere la libertà di stampa, perché a nessuno viene in mente di limitarla.
Questa la prima ragione del mio scetticismo, da cui discende un corollario. Il problema italiano non è Silvio Berlusconi. La storia (vorrei dire da Catilina in avanti) è stata ricca di uomini avventurosi, non privi di carisma, con scarso senso dello Stato ma senso altissimo dei propri interessi, che hanno desiderato instaurare un potere personale, scavalcando parlamenti, magistrature e costituzioni, distribuendo favori ai propri cortigiani e (talora) alle proprie cortigiane, identificando il proprio piacere con l'interesse della comunità. È che non sempre questi uomini hanno conquistato il potere a cui aspiravano, perché la società non glielo ha permesso. Quando la società glielo ha permesso, perché prendersela con questi uomini e non con la società che li ha lasciati fare?
Ricorderò sempre una storia che raccontava mia mamma che, ventenne, aveva trovato un bell'impiego come segretaria e dattilografa di un onorevole liberale - e dico liberale. Il giorno dopo la salita di Mussolini al potere quest'uomo aveva detto: "Ma in fondo, con la situazione in cui si trovava l'Italia, forse quest'Uomo troverà il modo di rimettere un po' d'ordine". Ecco, a instaurare il fascismo non è stata l'energia di Mussolini (occasione e pretesto) ma l'indulgenza e la rilassatezza di quell'onorevole liberale (rappresentante esemplare di un Paese in crisi).

E quindi è inutile prendersela con Berlusconi che fa, per così dire, il proprio mestiere. È la maggioranza degli italiani che ha accettato il conflitto di interessi, che accetta le ronde, che accetta il lodo Alfano, e che ora avrebbe accettato abbastanza tranquillamente - se il presidente della Repubblica non avesse alzato un sopracciglio - la mordacchia messa (per ora sperimentalmente) alla stampa. La stessa nazione accetterebbe senza esitazione, e anzi con una certa maliziosa complicità, che Berlusconi andasse a veline, se ora non intervenisse a turbare la pubblica coscienza una cauta censura della Chiesa - che sarà però ben presto superata perché è da quel dì che gli italiani, e i buoni cristiani in genere, vanno a mignotte anche se il parroco dice che non si dovrebbe.
Allora perché dedicare a questi allarmi un numero de 'L'espresso' se sappiamo che esso arriverà a chi di questi rischi della democrazia è già convinto, ma non sarà letto da chi è disposto ad accettarli purché non gli manchi la sua quota di Grande Fratello - e di molte vicende politico-sessuali sa in fondo pochissimo, perché una informazione in gran parte sotto controllo non gliene parla neppure?
Già, perché farlo? Il perché è molto semplice. Nel 1931 il fascismo aveva imposto ai professori universitari, che erano allora 1.200, un giuramento di fedeltà al regime. Solo 12 (1 per cento) rifiutarono e persero il posto. Alcuni dicono 14, ma questo ci conferma quanto il fenomeno sia all'epoca passato inosservato lasciando memorie vaghe. Tanti altri, che poi sarebbero stati personaggi eminenti dell'antifascismo postbellico, consigliati persino da Palmiro Togliatti o da Benedetto Croce, giurarono, per poter continuare a diffondere il loro insegnamento. Forse i 1.188 che sono rimasti avevano ragione loro, per ragioni diverse e tutte onorevoli. Però quei 12 che hanno detto di no hanno salvato l'onore dell'Università e in definitiva l'onore del Paese.
Ecco perché bisogna talora dire di no anche se, pessimisticamente, si sa che non servirà a niente.
Almeno che un giorno si possa dire che lo si è detto
postato da carnesalli | 08:58 | commenti (1)

lunedì, luglio 06, 2009
 
Meglio tardi che mai...
Duro attacco di monsignor Mariano Crociata, segretario generale dei vescovi, durante l'omelia a Latina in ricordo di Maria Goretti. "Si assiste allo sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile. Si agisce e si parla con sfrontatezza di cose di cui si dovrebbe arrossire e vergognare".
Una presa di posizione alta, politica non "partitica" 
«Il libertinaggio non è un affare privato" ha detto mons. Crociata. "Assistiamo allo sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile . Assistiamo ad un disprezzo esibito nei confronti di tutto ciò che dice pudore, sobrietà, autocontrollo  che invera la parola lussuria, con cui fin dall'antichità si è voluto stigmatizzare la fatua esibizione di una eleganza che in realtà mette in mostra uno sfarzo narcisista; salvo poi, alla prima occasione, servirsi del richiamo alla moralità, prima tanto dileggiata a parole e con i fatti, per altri scopi, di tipo politico, economico o di altro genere».
 
Da qui il monito dei vescovi: «Nessuno deve pensare che in questo campo non ci sia gravità di comportamenti o che si tratti di affari privati - ha aggiunto il segretario della Cei - soprattutto quando sono implicati minori, cosa la cui gravità grida vendetta al cospetto di Dio».
Secondo Crociata, si è di fronte a un paradosso, essendo oggi arrivati «ad agire e a parlare con sfrontatezza senza limiti di cui si dovrebbe veramente arrossire e vergognare», mentre si arrossisce - aggiunge citando San Paolo - per tutto quello che «è vero, nobile e giusto».
«Qui non è in gioco - conclude - un moralismo d'altri tempi, superato» ma «è in pericolo il bene stesso dell'uomo». «Dobbiamo interrogarci tutti - ha detto ancora - sul danno causato e sulle conseguenze prodotte dall'aver tolto l'innocenza a intere nuove generazioni».

postato da carnesalli | 15:12 | commenti (1)

giovedì, luglio 02, 2009
 
Approvato (con fiducia) il ddl sicurezza
Un senso di schifo mi travolge...
postato da carnesalli | 12:39 | commenti (4)


 

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